Non mi sono mai chiesto seriamente quale sia la stagione più bella, lo sono in fondo tutte e quattro, bella ognuna a modo suo. Però, a pensarci bene, in tanti si scappa dall’inverno perché buio e freddo, con giornate troppo corte. Si parte facilmente per cercare sole e caldo lontano dall’Europa, anche se le emozioni che arrivano dallo sci sono sempre vive e vere.
L’estate è sinonimo di vacanze e di sole che sembra non tramontare mai, soprattutto a luglio; la primavera ci riporta alla vita e l’autunno a tavola. La considero la stagione golosa per eccellenza e, proprio per questo Raffaele Foglia ha coordinato un agguerrito numero di esperti perché abbinassero bottiglie e piatti.
Mi sono appuntato il consiglio di Nereo Pederzolli, bravo a lanciare il Novello di Teroldego dei fratelli Neri a Grumo di San Michele in Trentino. Speriamo sia la volta buona perché il novello si affermi nelle nostre regioni e realtà del vino.
Paolo Marchi
Autunno e vino: l’associazione di pensiero viene quasi naturale. Per diversi motivi. Prima di tutto si abbina a quel “ribollir nei tini” evocato da Giosuè Carducci nella poesia San Martino, che richiama le fermentazioni dei vini attorno alla festa del Santo che ricorre l’11 novembre.
E ricorda anche il “via libera” al commercio dei vini Novelli, che un tempo andavano tanto di moda e che ora stanno vivendo una piccola ripartenza, come citato nelle prossime righe anche da Nereo Pederzolli.
Poi ci sono i sapori, i colori con le viti che diventano rosse per il foliage, le temperature più fredde ma non troppo pungenti, i primi caminetti accesi o, ovviamente, almeno una buona bottiglia di vino.
Per questo ci sediamo (virtualmente) attorno a una tavola imbandita, insieme ai nostri cari, a chi vogliamo bene, e condividiamo non solo una buona bottiglia, ma anche qualche ottimo piatto, passando da frittate, primi piatti, carni arrosto, fino ad arrivare a delle semplici e gustose caldarroste.
Noi vi diamo qualche suggerimento, con gli abbinamenti pensati dalla redazione vino. Ma ognuno è libero di pensare e di scegliere. Basta che nel calice entri sempre vino di qualità.
Raffaele Foglia
Stupitevi con Grignolino Vinchio Vaglio e caldarroste
Vinchio Vaglio è una cooperativa con una piccola ma importante regola nello statuto: presidente e vice devono essere uno del Comune di Vinchio e l’altro di Vaglio Serra. Il motivo? Oltre a rappresentare il fatto che i campanilismi e le rivalità dei due Comuni sono decisamente acqua passata (o forse vino), ma si vuole sottolineare anche la volontà di rappresentare a pieno il territorio.
Sarebbe stato facile, anzi scontato, scegliere per un abbinamento autunnale, una Barbera realizzata dall’azienda, il vino sicuramente più rappresentativo per questo angolo di Piemonte (tanto che l’azienda stessa si definisce il “nido della Barbera”). E ancora più facile sarebbe stato parlare della Barbera Vigne Vecchie, un vino profondo e longevo. Invece, pensando di assaggiarlo con delle semplici ma gustosissime caldarroste, la scelta è caduta sul Grignolino Le Nocche, annata 2024. Un vino che può sembrare semplice, ma che in realtà non lo è affatto: certamente profumato, fruttato, leggermente tannico (ma non troppo), e un finale appena amarognolo che, a dire il vero, gioca con l’affumicato delle caldarroste per un abbinamento che vi stupirà. Attenzione a non sottovalutare il Grignolino, troppo spesso dimenticato, ma che sulla tavola può trovare grandi spunti di abbinamento: non solo servito fresco, d’estate, ma anche in questo autunno. Provare per credere.
RF

Grignolino Le Nocche di Vinchio Vaglio, San Barnaba Langhe Nebbiolo e Riesling Renano Il Bandito di Giorgi Wines
San Barnaba Langhe Nebbiolo e maialino alla brace
Con l’autunno che veste la tavola di profumi intensi e colori dorati, torna il piacere di abbinamenti che scaldano i sensi e raccontano la terra. Nel calice un profumo che ricorda la rosa. Sul piatto, il maialino che sprigiona la dolcezza della brace. Insieme, creano un dialogo sottile di aromi e consistenze: è l’incontro tra il San Barnaba Langhe Nebbiolo e il fuoco della cucina.
Il Nebbiolo di San Barnaba si rivela con un profumo ampio e penetrante, che sfiora la rosa appassita e lascia intravedere cenni di frutti rossi maturi, spezie dolci e una traccia terrosa di sottobosco. È un vino che respira il ritmo delle colline piemontesi, portando nel calice l’essenza delle nebbie e dei venti che accarezzano i vigneti delle Langhe. Al sorso, è armonioso e avvolgente, con un tannino fine che accarezza il palato e un finale nitido, di elegante persistenza. La sua struttura, solida ma mai prepotente, trova un equilibrio naturale nella carne succosa e croccante del maialino, esaltandone la dolcezza grigliata e la lieve nota affumicata.
In questo incontro, il vino non sovrasta il piatto né si lascia oscurare: lo accompagna, lo avvolge, lo nobilita. Ogni boccone si trasforma in un racconto di terra e fuoco, di profumo e memoria, di piaceri semplici che sanno diventare straordinari. Un abbinamento che non è soltanto gastronomico, ma quasi poetico, dove la rosa del Nebbiolo sembra sbocciare tra le braci.
Stefania Oggioni
Riesling Il Bandito di Giorgi con tajarin e tartufo
Se l’origine delle uve Riesling Renano appartiene alla Germania, in Oltrepò Pavese c’è il carismatico visionario produttore che risponde al nome di Fabiano Giorgi, ideatore fin dal 2007 di una versione molto interessante a Canneto Pavese. Vinificato in acciaio, breve macerazione a freddo sulle bucce, un colore tenue e bouquet aromatico. Passaggio in botte grande per alcuni mesi ed è nascere Il Bandito. Un nome evocativo di una persona realmente esistita, un grande lavoratore e proprietario della vigna Costamaria da cui proviene questo vino. Un uomo che vendeva le uve di questo vigneto a prezzi esorbitanti sostenendone l’unicità e il prestigio. Oggi il vino rappresenta un pilastro bianchista molto versatile per Giorgi Wines.
Note citrine in primis di limone sfusato di Amalfi poi la frutta gialla e sentori tropicali di ananas creano un sorso complesso e al contempo ad alto tasso di convivialità. Giorgi è noto per la produzione di grandi bollicine della zona e per firmare con Gerry Scotti una linea di vini pavesi eleganti e territoriale. Questo Riesling Renano è un vino versatile che ci piace accostare ad un piatto di tajarin all’uovo conditi con burro d’ alpeggio e una pioggia di lamelle di tartufo bianco.
Cinzia Benzi
Il novello di Zeni e tortelloni con castagne e casolet
È il vino della bramosia, fresco, beverino, che rievoca la vendemmia, quella appena conclusa. Vino gioviale per antonomasia, come da qualche secolo sono i cosiddetti ‘nouveau’ elaborati in Francia con consulenze scientifiche basate sulle geniali intuizioni di Louis Pasteur, microbiologo con una sterminata azione nella salvaguardia di alimenti e salute umana. Compresi gli studi sulla fermentazione alcolica, per far mantenere al vino tutta la sua intrinseca fragranza e un sapore che rammenti il succo d’uva.
Dopo un drastico calo produttivo negli ultimi decenni i Vino Novello italiano registra timidi segnali di ripresa. Lo ribadisce anche l’azienda dei Zeni - i fratelli Roberto e Andrea, con rispettivi figli - che in riva all’Adige, a Grumo di San Michele, propongono da tanti anni questa mirabile vinificazione di Teroldego Rotaliano.
Degustato in anteprima - come tutti i Novello sarà sugli scaffali solo dai primi di novembre - ha nella sua versatilità il pregio principale, sorso gentile, ma con una persistenza che rievoca piccoli frutti di bosco, more in primis. Pronto per accompagnare pasti decisamente autunnali o del prossimo inverno, comunque da stappare entro primavera, nonostante la sua struttura organolettica, degna della possente forza del vitigno d’origine.
Nereo Pederzolli

Vino Novello di Zeni, Amarone di Costa Arènte e Massifitti di Suavia
Amarone Costa Arente con tournedos Rossini
Sulle colline della Valpolicella, tra vigneti che si arrampicano fino a seicento metri d’altitudine, nascono le uve destinate a questo vino. I suoli, composti da marne calcaree e argille leggere, custodiscono fossili antichi e minerali preziosi che donano alle viti equilibrio e longevità. Qui, la tenuta Costa Arènte, appartenente al gruppo Genagricola, coltiva con cura e rispetto un territorio che parla di tradizione e misura.
La raccolta è manuale e segue un’accurata selezione dei grappoli migliori, destinati a un appassimento naturale nei fruttai per diversi mesi. Durante questo periodo le uve perdono parte del loro peso, concentrando aromi e zuccheri. La vinificazione procede lenta, con rimontaggi delicati e affinamento in legno di rovere di diversa capacità, prima di un ulteriore riposo in bottiglia. Il risultato è un vino dal colore rubino profondo, dal profilo complesso, dove si intrecciano frutti maturi, spezie dolci e leggere note balsamiche. In bocca è caldo, strutturato e armonico, con una chiusura persistente e asciutta.
In tavola si esprime al meglio accanto ai Tournedos Rossini, un piatto raffinato composto da filetto di manzo e foie gras, servito con salsa al Madeira e scaglie di tartufo. La ricchezza della carne e la morbidezza del fegato trovano nel calice un equilibrio ideale, in un dialogo di intensità e finezza.
Leonardo Romanelli
Massifitti di Suavia con Frittatina al tartufo: quanti profumi
Meri, Alessandra e Valentina Tessari rappresentano la quarta generazione che ha deciso di raccogliere l’eredità di famiglia e di rilanciare il Trebbiano di Soave, una varietà storica che grazie al lavoro pionieristico di Suavia e delle tre sorelle è tornata a vivere, affermandosi come simbolo identitario del territorio veneto.
Con queste idee nasce Massifitti, il primo vino in purezza da Trebbiano di Soave, nato su suoli ricchi di rocce basaltiche compatte, che ne hanno ispirato il nome. A testimoniare questo legame, il Massifitti è stato il primo vino della cantina a presentarsi nella tipica bottiglia a fiaschetta veneta (ma con il tappo a vite), un omaggio alla tradizione e, al contempo, un simbolo distintivo di identità.
Questo vino consigliato per l'autunno si sposa splendidamente con una frittatina al tartufo. La sua freschezza e la sapidità tipica dei suoli basaltici esaltano il profumo intenso e terroso del tartufo, mentre la struttura armoniosa del vino bilancia la morbidezza dell’uovo. Il risultato è un abbinamento raffinato, dove territorio e tradizione si incontrano in un equilibrio perfetto di aromi e consistenze.
Salvo Ognibene
Prugneto di Poderi dal Nespoli e formaggi stagionati
La stagione autunnale non manda certo in vacanza il desiderio di convivialità: ci vuole soltanto il bicchiere (con il piatto) che lo alimenti nel modo migliore. Abbiamo così pensato al Prugneto Romagna Doc Sangiovese Superiore di una cantina romagnola, Poderi dal Nespoli, nella Valle del Bidente e nel primo Distretto Bio-Simbiotico in Italia (con le simbiosi tra funghi e radici delle piante, le cosiddette micorrize). Questa realtà, entrata nel gruppo Argea, si trova sulle colline forlivesi con lo sguardo rivolto alla Toscana, in una zona caratterizzata da favorevoli escursioni termiche tra giorno e notte, nonché terreno argilloso.
Un abbraccio tra regioni che si sente tutto in questo vino, capace in particolare di dialogare graziosamente con un ricco piatto di formaggi: testimonial di compagnia e giovialità fin dal rosso brillante. Al palato le note di prugna si completano con viola e ciliegia, ma si fa sentire con garbo anche la spezia.
Il nome stesso – Prugneto - evoca le note fruttate e introduce il primo vigneto della famiglia fondatrice, Ravaioli, negli anni Sessanta. La raccolta dell’uva viene svolta a mano, tra la fine di settembre e l’avvio di ottobre. Vinificazione e maturazione avvengono poi in acciaio e il 30% del blend affina pochi mesi in botti e barriques.
Marilena Lualdi

Prugneto di Poderi dal Nespoli, Brunello di Montalcino di Carpineto e Fiano di Avellino Riserva “Sequoia” di Fonzone
Brunello di Montalcino Carpineto con agnello bbq
Finisce l’estate, arriva l’autunno e il mondo attenua i colori. Una coccola per l’anima e per il palato è l’Agnello al barbecue con zabaione e dragoncello, proposto da Giuseppe Torrisi, bravo executive chef di Cortile Spirito Santo a Siracusa, abbinato al Brunello di Montalcino 2020 di Carpineto.
Fondata in Chianti Classico nel 1967, l’azienda con sede a Greve in Chianti (Fi) è oggi tra le firme più note del vino italiano; gestita dalle due famiglie amiche e socie Sacchet e Zaccheo, coltiva in modo sostenibile 500 ettari di terreni distribuiti nelle cinque tenute delle zone storiche del vino toscano: Chianti Classico, Vino Nobile di Montepulciano, Brunello di Montalcino, Alto Valdarno e Maremma.
Il Brunello, ideato dall’enologa e produttrice Caterina Sacchet, nasce da Sangiovese Grosso allevato oltre i 500 metri di altitudine, una delle quote più elevate della denominazione. Dopo la macerazione in rosso a temperatura controllata, il vino matura per tre anni in grandi botti di rovere e affina per oltre sei mesi in bottiglia.
Rubino con lampi granato, al naso sprigiona note di ciliegia e visciola, accenti di liquirizia e tratti di vaniglia. In bocca è elegante e ben teso, con una freschezza viva, tannini in evoluzione e un equilibrio perfetto con la componente polialcolica. Finale lungo, profondo, appagante. Nell’abbraccio tra l’agnello e il Brunello, il gusto si affina, la vita rallenta, la rinascita inizia.
Davide Visiello
Fiano Riserva di Fonzone con la pasta e patate
A Paternopoli, nel cuore dell’Irpinia, sorge Fonzone, cantina campana fondata nel 2005 da Lorenzo Fonzone Caccese con l’obiettivo di valorizzare le denominazioni più tipiche del territorio. La moderna struttura, quasi interamente sotterranea, riduce l’impatto paesaggistico e favorisce condizioni ideali per vinificazione e affinamento.
Su circa 23 ettari di vigneti situati fino a 650 metri di altitudine e influenzati dai torrenti Fredane e Ifalco, si coltivano solo vitigni autoctoni: Aglianico, Fiano, Greco e Falanghina. I terreni, di composizione mista con presenza di tufo nelle zone del Greco, sono gestiti con pratiche sostenibili. Seguita tecnicamente dall’enologo Luca d’Attoma, la cantina utilizza contenitori in cemento, cocciopesto e terracotta, oltre ai tradizionali in legno.
Il Fiano di Avellino Riserva “Sequoia” affina per un quarto della massa in botte grande di rovere francese a tostatura molto leggera per circa 12 mesi. Si caratterizza per le note di zagara, fiori di tiglio e scorza di cedro, con soffuse nuances di nocciola e mandorla e accenni minerali di sottofondo. Il sorso è fresco, pieno e dinamico, con piacevoli ritorni di agrumi e frutta in guscio. Un vino che ha la giusta complessità per accompagnare la pasta e patate alla napoletana, arricchita dalla crosta di Parmigiano Reggiano e la provola affumicata.
Adele Granieri
Costa delle Viole Barbera di Iannucci e faraona
Tra le colline del Sannio, terra dei Sanniti, antico popolo che abitava qui in epoca pre-romana, tra il Massiccio del Matese e il Taburno, si estende un territorio dalla storica vocazione vitivinicola, dove convivono grandi cantine e piccole realtà artigianali. Tra queste, a Guardia Sanframondi, Giovanni Iannucci nel 2012 ha creato la sua Azienda Agricola Giovanni Iannucci, frutto della passione per la vigna e per la sua terra, ereditata dal padre che conferiva le uve alla cantina sociale.
Qui nasce Il Barbera del Sannio Costa delle Viole, un vino che racconta la vitalità di una terra antica con la spontaneità di chi la vive ogni giorno. Giovanni lavora scarsi 4 ettari di vigna come si accudisce un giardino, con mani che conoscono la misura, l’attesa e il silenzio delle stagioni.
La sua Barbera del Sannio fermenta libera, senza artifici, e nel calice sprigiona energia. Di colore rubino luminoso, ha profumi floreali e fruttati di ciliegia e ribes. Al palato il frutto è croccante e vivo, il sorso goloso e scattante unisce freschezza e profondità, gioia e autenticità.
Perfetto con la faraona, verza e castagne, dove la dolcezza del piatto incontra la sua anima vibrante, il Beneventano IGT Barbera Costa delle Viole 2023 è un inno all’autunno, un vino sincero, fatto di terra e di mani, che porta nel bicchiere la gioia semplice delle stagioni che tornano.
Fosca Tortorelli

Costa delle Viole Barbera di Giovanni Iannucci, Primitivo Mirea di Masseria Borgo dei Trulli e Savagnin di Berthet-Bondet
Primitivo di Borgo dei Trulli e braciole al sugo
Cosa ci fa un trentino in provincia di Taranto? La risposta: vini eccellenti. Alessandro Michelon, enologo e profondo conoscitore dei mercati internazionali, dal profondo nord è arrivato nel “tacco” della penisola alla ricerca della sua terra promessa. L’ha trovata in una delle migliori zone viticole del Salento, nei comuni di Sava, Manduria e a Maruggio. Qui le varietà autoctone primitivo, negroamaro, vermentino, malvasia bianca trovano condizioni perfette per esaltarsi in produzione.
Nasce così, dieci anni fa Masseria Borgo dei Trulli, una cantina realizzata a partire da un’antica masseria in contrada Roselle, a soli 5 km dal mar Ionio, nel cuore della DOP Primitivo di Manduria. Insieme a Elena Ciurletti, che si occupa della parte commerciale, questa realtà è cresciuta molto velocemente, forte della qualità di vini che hanno conquistato critica e appassionati. Su tutti il Primitivo Mirea colpisce per complessità, eleganza ed equilibrio. La produzione parte da vitigni di 60 anni coltivati ad alberello come si usa da queste parti. La resa bassa, il terreno sabbioso, la vendemmia tardiva, a fine settembre, con l’uva ormai surmatura, la fermentazione spontanea e l’affinamento di 10 mesi in piccole botti, donano un vino possente e allo stesso tempo elegante che quasi nasconde i 17,5 gradi alcolici per sprigionare aromi e sentori di fichi, frutta secca, mora, cioccolato, spezie, in una piacevole complessità. Da abbinare con uno dei piccoli/grandi piatti della cucina locale: le braciole, o meglio brasciole, al sugo. Un piatto della tradizione contadina, preparato, a seconda delle zone, con carne di cavallo, vitello o manzo. Involtini cotti lentamente in un sugo di pomodoro ricco e saporito, da finire con la classica “scarpetta” con una fetta di pane di Altamura.
Maurizio Trezzi
Savagnin di Berthet-Bondet (Jura) e risotto alla milanese
Nel bicchiere, in queste serate autunnali, vi proponiamo il Savagnin 2019 ossidativo di Berthet-Bondet, storica cantina di Château-Chalon, nel cuore della Côte du Jura, da sempre attenta a pratiche di sostenibilità. Siamo in una delle zone più identitarie di Francia: piccole parcelle, clima fresco, marne giurassiche che regalano vini salini, longevi, con un profilo aromatico inconfondibile.
Il Savagnin è il vitigno simbolo della regione: lento a maturare, ricco di acidità e naturalmente predisposto all’affinamento ossidativo. In questo vino i tre anni sotto voile – un sottile velo di lieviti - in piccoli fusti non colmati portano delle bellissime note di noce, agrumi canditi e una vena salina che rende il sorso goloso. Un vino che può evolvere per decenni, ma che potete iniziare a bere intorno ai 5 anni.
E qui arriva il piatto: un risotto alla milanese, cremoso, caldo, iconico, impreziosito dallo zafferano. L’abbinamento è un gioco davvero divertente fra diversi aromi e persistenze, con la punta di acidità che alleggerisce, le spezie che dialogano. Nel piatto e nel bicchiere… l’oro e il calore di questa stagione in Jura!
Amelia De Francesco

Torna a Milano il Whisky Festival
Per finire un whisky. O meglio, il suo festival
L’autunno chiama atmosfere nebbiose da scaldare con un ottimo whisky, a partire dalla Scozia ma non solo. Per orientarsi tra brand e luoghi giusti, torna con un’importante edizione il Milano Whisky Festival & Rum Show: è infatti la numero venti.
L’appuntamento sarà dal 29 novembre al primo dicembre al Base, in via Bergognone 34. Cambio di location, dunque, nel cuore del design milanese, ma la cornice reale è l’intero pianeta per scoprire i più rilevanti distributori, imbottigliatori indipendenti e distillerie di Scotch Whisky, Irish Whiskey, Bourbon, Whisky dall’Estremo Oriente, Rum e Rhum. Senza scordare di guardare in casa nostra: cresce il drappello di produttori italiani.
Il menù è quello collaudato: degustazioni guidate, masterclass, workshop e presentazioni. Il lunedì è stato ideato in particolare per gli operatori del settore food & beverage, poiché si è stimato che il 25% dei visitatori proviene da questa categoria. L’anno scorso furono 4.450 i visitatori. Il biglietto reperibile su www.whiskyfestival.it comprende anche il kit degustazione (bicchiere, porta bicchiere e la Scotch Whisky Guide 2026): è giornaliero (10 o 12 euro, a seconda del giorno) o si può prendere valido per i tre giorni (18 euro).
Orari: Sabato 29 novembre e domenica 30 novembre: 13 – 21; lunedì 01 dicembre: 11 – 19.
ML