Si è appena conclusa l’edizione 2025 degli Etna Days, l’evento internazionale promosso dal Consorzio di Tutela Vini Etna DOC, che conferma ancora una volta il ruolo centrale del vulcano nel panorama enologico siciliano e nazionale.
Alla manifestazione hanno partecipato oltre 90 cantine, con 500 etichette di Etna Doc tra spumanti, bianchi, rossi e rosati. Un mosaico di interpretazioni che attraversa versanti e contrade, tra vigne centenarie a piede franco, terrazzamenti in pietra lavica, altitudini estreme ed escursioni termiche che rendono i vini etnei unici nel loro genere.
«Gli Etna Days sono la sintesi del nostro lavoro collettivo: in questi tre giorni di degustazioni e visite alle cantine vogliamo mostrare non solo i nostri vini, ma un patrimonio culturale e identitario che appartiene alle comunità del vulcano», afferma il presidente del Consorzio, Francesco Cambria.

Il presidente del Consorzio di Tutela Vini Etna Doc, Francesco Cambria
Le degustazioni tecniche guidate dai sommelier siciliani hanno permesso di assaggiare in anteprima i nuovi millesimi. È emersa una tendenza che premia le uve a bacca bianca: vini già pronti, bilanciati, con una verticalità in evoluzione che lascia presagire un futuro luminoso. La viticoltura etnea, praticata sulle scoscese pendici del vulcano, ha costretto nei secoli i vignaioli a modellare il paesaggio con terrazze e muretti a secco. Un lavoro “eroico” che oggi si riflette in vini di altissima qualità, profondamente influenzati dal posizionamento dei vigneti.
La superficie vitata rivendicata come Etna Doc (dati vendemmia 2024) conta circa 1.347 ettari distribuiti su tutti i versanti, dal Nord al Sud-Ovest. Un vero laboratorio a cielo aperto, reso dinamico dall’attività vulcanica, dai microclimi e dalla varietà dei suoli. Le contrade registrate all’interno del disciplinare della DOC offrono un modello simile a quello della Borgogna.
Cambria sottolinea i mercati più promettenti per l’Etna Doc: «I mercati esteri più promettenti sono Stati Uniti, Asia e poi Europa e Italia. Non possiamo dimenticare i paesi emergenti dove c’è una ricchezza economica e una volontà di avere vini di qualità elevata come i nostri. Noi dobbiamo promuovere il prodotto e di conseguenza comunicarlo attraverso eventi mirati, come questi Etna Days, facendo assaggiare i vini che presentano caratteristiche uniche».
Riguardo al bilanciamento tra grandi e piccoli produttori, Cambria aggiunge: «In realtà è bilanciato da un sistema di partecipazione e di voto democratico ed omogeneo. Raggiunta la soglia dei dieci ettari e capacità produttiva nascente da questa proprietà viticola, a crescere non c’è differenza. Così si può ragionare ad armi pari all’interno di un’assemblea. Questo elemento è davvero importante e mi rende orgoglioso, in primis da produttore, quindi da Presidente del Consorzio».
Le sfide dei prossimi anni sono legate soprattutto al cambiamento climatico: «La sfida più grande per noi produttori è mantenere ed elevare la qualità dei nostri vini. Per fortuna – chiosa Francesco Cambria - il cambiamento climatico, per ora, lo subiamo solo parzialmente. La nostra viticoltura di montagna, che parte dai 400 metri sul livello del mare e arriva fino a mille, è meno impattata rispetto ad altre zone regionali o italiane. L’Etna deve migliorare anno dopo anno tutte le tipologie prodotte: rossi, rosati, bianchi e bollicine».

Da nove anni Fabrizio Carrera coordina una guida bilingue dedicata all’Etna, oggi punto di riferimento per conoscere le migliori cantine della zona. «L’Etna è ancora molto attrattivo. Con questo progetto riusciamo a comunicare l’unicità di questa porzione di Sicilia. I bianchi sono in grande crescita e si prevede che tra qualche anno possano superare i rossi. I produttori si stanno concentrando su vini da Contrada o singola vigna. Il primo anno abbiamo recensito 51 aziende, oggi siamo arrivati a 130», spiega Carrera.
A testimonianza del legame profondo tra territorio e società, Carrera ricorda una riflessione di Leonardo Sciascia: «In questa parte della Sicilia la lava è stato un imponente livellatore sociale. Non ha creato grandi latifondi ma piccole porzioni di terra, con la nascita di una microagricoltura. Ecco perché ci sono tanti palmenti sull’Etna, dove un tempo si produceva vino per uso familiare. Oggi questo è un chiaro punto di forza, con un lavoro continuativo verso la qualità assoluta che tutti i produttori portano avanti ogni giorno».