26-10-2025

Nelle valli abruzzesi, dove la viticoltura reagisce al cambiamento climatico

Se il climate change chiama, le aree interne d'Abruzzo rispondono. Come accade in Valle Subequana e Valle di Ofena particolarmente benedette dall'altitudine e dalle escursioni termiche. Il Cerasuolo? Un vitigno alla conquista di nuove fasce di mercato

Il Cerasuolo

Il Cerasuolo

La vendemmia 2025 in Abruzzo si profila come un momento di svolta: non solo un’annata da registrare per la sua qualità, ma un segnale di come il cambiamento climatico stia ridefinendo le vocazioni territoriali. 

La produttività è in ripresa, le rese regolari, le uve in ottimo stato di salute, specie nelle aree collinari e interne, segno che territori prima considerati marginali rispetto alla costa, stanno tornando al centro della scena vitivinicola e non solo. Ma dietro questo panorama ottimistico si muove una trama lunga, fatta di storia, geografie difficili, memoria agricola e varietà peculiari.

 

LA VALLE SUBEQUANA E LA VALLE DI OFENA: RADICI PROFONDE 

La Valle Subequana, nell’aquilano, è un’area ricca di biodiversità e memoria storica, come testimoniano i numerosi castelli che costeggiano la Statale 261. Secondo fonti storiografiche e archeologiche, i primissimi insediamenti risalgono al Paleolitico superiore; in età italica, invece, la valle apparteneva al territorio dei Peligni, con una posizione strategica rispetto al traffico del Tirreno e dell’Adriatico. 

Con la romanizzazione, la vite trova terreno fertile: si sviluppano colture che già in epoca imperiale danno vita a vini destinati al consumo locale e forse ai mercati provinciali. Durante il Medioevo, i monasteri presenti in zona mantengono in custodia la viticoltura; la produzione diventa attività economica contadina, integrata ai sistemi di sussistenza, all’allevamento, alla transumanza del vicino Tratturo Magno.

Nel Novecento la valle viene, però abbandonata, si spopola, perdendo molti vigneti che cadono in disuso. Negli ultimi vent’anni, fortunatamente, iniziative pubbliche e piccoli produttori (ancora sparuti) stanno cercando di recuperare e promuovere la viticoltura eroica, attivando percorsi di valorizzazione del paesaggio e dei prodotti tipici. Oggi, nei vigneti della valle Subequana posti a quote tra i 600 e gli 800 metri s.l.m., si ottengono uve con una buona acidità e aromi netti grazie alle fresche notti estive. Sono queste altitudini interne a costituire la riserva di integrità aromatica che molte aziende cercano per resistere al caldo stagionale crescente.

Uno scorcio della Valle di Ofena

Uno scorcio della Valle di Ofena

Ofena, invece, è uno dei borghi storici dell’Aquilano che conserva la sua memoria agricola. Fin dall’inizio del Novecento esistono aree vitate, ma è negli anni ’70 che alcuni piccoli produttori avviano un vero e proprio ridisegno: i terreni preesistenti alla vite vengono bonificati, nuovi vigneti vengono impiantati con vitigni a bacca rossa (Montepulciano) e bianca (Trebbiano). Altitudine media sui 450 metri s.l.m., suoli ben esposti, con ventilazione ed escursioni termiche che mitigano il calore diurno. Non a caso Ofena viene definita forno d’Abruzzo proprio per la sua capacità di accumulare calore durante il giorno e restituire freschezza durante le ore notturne: fattore che, combinato con il terreno argilloso calcareo di natura alluvionale e la morfologia ad anfiteatro, dona vini sorprendenti anche a distanza di anni dall’imbottigliamento.

Queste due aree oggi risultano essere fra le più promettenti per il futuro della viticoltura abruzzese, soprattutto per l’immensa capacità di raccontare il territorio.

 

CERASUOLO D'ABRUZZO: NON UN ROSATO (QUALUNQUE) 

In questo contesto, il Cerasuolo d’Abruzzo è effettivamente tra i vini particolarmente abili nel lasciare emergere le differenze territoriali, merito non solo della tonicità fruttata, né del solo colore ceraso: è un equilibrio che dipende dal luogo di produzione, dalle pratiche vinicole, dalla disponibilità di freschezza al momento della vendemmia.

Non un “rosato” nel senso comune, ma un vino dalle radici profonde, nato come espressione della tradizione contadina di svinatura rapida del Montepulciano per un pronto utilizzo, oggi in grado di affrontare lunghe fasi di affinamento impreziosendone la struttura aromatica. La sua tonalità, il profilo fruttato che vira su note sapide e gastronomiche e la versatilità di consumo lo rendono unico nel panorama italiano. È proprio questa capacità storica di racconto che permette al Cerasuolo di conquistare nuove fasce di mercato, soprattutto tra i consumatori più giovani e all’estero, dove si impone come alternativa di carattere ai rosati provenzali.

 

VINORUM A L'AQUILA: IL FESTIVAL COME SPECCHIO DEL PRESENTE  

In questo scenario si è svolta qualche mese fa la prima edizione di Vinorum - Festival del Vino d’Abruzzo a L’Aquila, prossima capitale italiana della cultura 2026. Promosso dal Consorzio Tutela Vini d’Abruzzo con il supporto della Regione, l’evento ha rappresentato molto più che una degustazione: è stato un momento di riflessione, confronto e celebrazione delle differenze territoriali. Piazza Duomo e i cortili storici rinascimentali sono diventati dei veri e propri teatri viventi nei quali il vino è stato narrato non solo come prodotto, ma come identità collettiva. Oltre quaranta cantine hanno portato Montepulciano, Trebbiano, Pecorino, Passerina e Cerasuolo tutti uniti da caratteristiche comuni: profili più freschi, acidità marcate, varianti territoriali riconoscibili.

Degustazione nei chiostri al Vinorum, a L'Aquila

Degustazione nei chiostri al Vinorum, a L'Aquila

Nel corso degli incontri e delle numerose masterclass aperte ad appassionati e operatori del settore si è discusso di nuovi cloni, raccolta anticipata, viticoltura in altitudine e sostenibilità. 

Vinorum ha messo in mostra che la viticoltura abruzzese non è più una scommessa, ma una certezza in evoluzione continua, un modello che può dialogare con il mercato nazionale e internazionale.

Il Cerasuolo, così come il Montepulciano in purezza, potrebbero diventare il vettore attraverso cui l'identità di questa regione va affermandosi: vini in grado di essere contemporanei, ma radicati nella cultura contadina; di reggere il caldo mantenendo freschezza, capaci di raccontare un territorio. Vinorum ha offerto l’immagine plastica di questa trasformazione, mettendo insieme produttori, saperi e un pubblico che chiede vini che sappiano di luogo. L’Abruzzo non è mai stato così vivo nel suo vino. E la vendemmia 2025 potrebbe essere ricordata come quella che ha aperto nuove strade: tra memoria e futuro.


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

Matteo Gizzi

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Matteo Gizzi

gastronauta fin da adolescente e con un guida sempre in tasca. Aquilano di nascita e bancario di professione con una profonda passione per il cibo autentico e sostenibile. Panificatore autodidatta

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