05-10-2025

Digitale, internazionale e soprattutto umana: è questa la comunicazione 2.0 di Filippo Polidori

Valorizzare i territori, puntare su un racconto più rock, con un linguaggio trasversale, senza temere la convivenza con l'AI: è così che si narra il futuro del vino secondo il comunicatore dell'anno per Bollicine del mondo

Filippo Polidori, comunicatore dell'anno per B

Filippo Polidori, comunicatore dell'anno per Bollicine del Mondo premiato da Alma, la scuola internazionale di cucina italiana

Filippo Polidori, comunicatore dell’anno per Bollicine del Mondo, è stato premiato da Alma – la scuola internazionale di cucina italiana in occasione della presentazione 2025 della nostra guida che mappa l’universo degli spumanti di tutto il mondo.

Per noi di Identità è un amico da molti anni e lo abbiamo descritto così: «Sognatore, esploratore, esperto di cibi e vini. Trascorre la sua vita incarnando il globetrotter della comunicazione digitale. La musica ha scandito la sua vita seppur crescendo nel ristorante di famiglia ha saputo affinare il suo talento con la visione di chi anticipa i tempi sul vino e sulle bollicine con storie ricche di umanità».

 

Quando e come si è avvicinato al mondo del vino?
«Il mondo del vino, come quello del cibo, non l’ho scelto: ci sono caduto dentro. La mia famiglia aprì una balera nel ’68 e un ristorante nel ’71. A dieci anni già servivo ai tavoli, più piccolo del vassoio che portavo. Allora per me era una gabbia: mentre i miei amici giocavano, io servivo. Nel ’97, leggendo la Gazzetta dello Sport, mi imbattei in un articolo di Luigi Veronelli. Parlava di vino e cibo come arte e poesia. Mi si accese una luce. Gli scrissi, e pochi mesi dopo mi chiamò. Da lì la mia vita cambiò. Ho seguito Veronelli fino alla sua morte, imparando che dentro un bicchiere c’è sempre un’anima, un grido, una verità».

 

 Il suo percorso formativo ed esperienziale è stato utile all’attuale occupazione di comunicatore?
«
Ho studiato elettronica, sognavo di fare il DJ, e invece oggi comunico cibo e vino nel mondo. Paradossale? No, logico. La lezione del DJ è questa: far star bene la gente. Tenere la pista piena è come tenere una sala viva, un pubblico attento, un team motivato. Ho applicato questo principio alla comunicazione: emozionare, sorprendere, regalare due ore di felicità. Oggi ho la fortuna di guidare un’azienda con 20 giovani — ingegneri informatici, grafici, comunicatori, ragazzi e ragazze che arrivano dall’Accademia di Belle Arti. Un miscuglio di culture, visioni e linguaggi. Questa biodiversità culturale è la nostra forza. Le differenze non dividono, rafforzano. È questo che rende Polidori & Partners qualcosa di speciale».

 

Esiste un suo modello di ispirazione?
«Non ho mai avuto un modello unico. Certo, Veronelli mi ha aperto le porte, ma la mia strada l’ho tracciata io. Nel ’98 aprii la prima agenzia digitale verticale sul food in Italia. Non avevo riferimenti, solo un’ossessione: cambiare le regole del gioco. Il digitale era appena arrivato e io sentivo che avrebbe rivoluzionato tutto. Ho seguito quell’intuizione, con il cuore e con il coraggio. Oggi i miei modelli sono le persone vere: un cuoco che non molla, un vignaiolo che crede nella sua vigna, un giovane che entra in azienda con gli occhi accesi. L’ispirazione è lì, ogni giorno».

Massimo Bottura e Filippo Polidori

Massimo Bottura e Filippo Polidori

Il mondo delle bollicine d’Italia è adeguatamente riconosciuto nel nostro settore a livello internazionale oppure resta molto nazionalista?
«Le bollicine italiane stanno crescendo, e tanto. Lo Champagne resta un colosso, un brand planetario, ma il punto non è solo superare i numeri. Il vero traguardo è primeggiare nella qualità, nella riconoscibilità. Festeggiamo quando diciamo di produrre più bottiglie della Francia. Ma il giorno in cui potremo celebrare di averli superati nella percezione della qualità, allora sì, avremo fatto centro. Franciacorta, Trento, Oltrepò, Alta Langa: territori straordinari che meritano un racconto internazionale, collettivo, rock. Meno provincialismo, più coraggio. Questa è la sfida».

Come pensa, sul piano della comunicazione, del supporto di AI? Sta facendo progetti «vino» con il supporto dell’AI?
«L’intelligenza artificiale non è un mostro da temere. Restando nella musica, è come una chitarra elettrica nelle mani giuste: può dare volume, ritmo, distorsione, ma il cuore resta umano. Io la uso già: mi aiuta a scrivere, a leggere i trend, a immaginare nuovi linguaggi. Ma la vera musica nasce dalle persone, dalle emozioni.  Come lo smartphone o internet all’inizio, può spaventare, poi ti cambia la vita. Così sarà con l’AI: uno strumento che amplifica il nostro lavoro, ma non lo sostituisce. Alla fine, è sempre l’uomo che suona la melodia».


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Cinzia Benzi

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Cinzia Benzi

laureata in psicologia, è stata rapita dalla galassia di Identità Golose. Se lo studio del vino è la sua vita, la vocazione di buongustaia è una scoperta in evoluzione

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