Ci sono luoghi che non si limitano a produrre vino, ma lo raccontano prima ancora che venga versato nel calice. La terra di produzione del Moncalisse è uno di questi. Un altopiano sospeso a seicento metri sul Monte Calisio, dove la luce si fa più chiara, l’aria più sottile e la roccia custodisce storie antiche di ferro e di bronzo. È da qui che nasce la nuova avventura delle sorelle Julia e Karoline Walch, eredi di una storia che ha sempre coniugato eleganza e identità, e che oggi apre un capitolo inedito dedicato al Trento Doc.
Un progetto che ha preso forma nel 2016 quando le Walch, figlie di Elena, hanno deciso di spingersi oltre la tradizione, immaginando un luogo capace di coniugare altezza, memoria e visione. Dodici ettari immersi in un anfiteatro naturale, dove le rocce porfiriche e metamorfiche si intrecciano in un mosaico di suoli complessi e vivi. Un territorio in cui le radici incontrano la profondità della terra e lo sguardo corre lontano, da un lato verso la montagna, dall’altro verso le valli.
Nel cuore di Moncalisse pulsa una parcella di Chardonnay di oltre settant’anni, un vigneto nobile che incarna la finezza del tempo e del gesto. Intorno, la presenza silenziosa delle coppelle rupestri, incisioni risalenti all’età del Ferro e del Bronzo: segni lasciati da chi, millenni fa, già riconosceva la sacralità di questo luogo. Non stupisce che da qui, da un suolo così intriso di storia e luce, nasca l’ambizione di creare un grande Trento DOC, un vino che parli di struttura, eleganza e purezza minerale.

Alla guida tecnica del progetto c’è
Stefano Bolognani, enologo che accompagna Moncalisse fin dai suoi primi passi. La sua mano discreta e rigorosa dà forma a un approccio di sostenibilità autentica: nessun erbicida, nessun diserbante, solo rispetto e ascolto. La cantina, interamente scavata nella roccia, è un organismo vivo che respira con il territorio: temperatura costante, luce minima, energia naturale. Una culla di pietra dove il tempo lavora lentamente. Accanto al team Walch, la visione internazionale di
Odilon de Varine, raffinato interprete delle bollicine francesi che ha condiviso e vissuto a pieno il progetto. «L’altezza è il futuro», afferma, «Senza di essa, in un mondo che cambia, non potremmo inseguire la freschezza e la grazia che un grande spumante richiede».
Le prime due cuvée sono una dichiarazione d’intenti: Moncalisse 2019 Extra Brut, 56 mesi sui lieviti, esprime una verticalità pura, un respiro di montagna e una salinità cesellata.
Moncalisse 2017 Extra Brut “Montis Arcentarie”, affinato per l’80% in acciaio e per il 20% in barrique usate, dove il legno non marca ma accompagna. Una struttura ampia, acidità luminosa e una chiusura elegantemente amaricante. 80 mesi sui lieviti, con sboccatura 2025: una riserva che racchiude la pazienza del tempo e la forza del silenzio. Ogni dettaglio, in Moncalisse, nasce da un gesto condiviso e da una convinzione profonda: che l’identità non si inventa, si custodisce. E che le montagne, se ascoltate, possono insegnare all’uomo il ritmo lento della perfezione.

Spiegano Julia e Karoline Walch: “È un sogno divenuto realtà: quando nel 2016 abbiamo visto il terreno, è stato amore a prima vista. Abbiamo capito subito che era il luogo ideale per realizzare una delle espressioni più autentiche e raffinate del Trentodoc. L’altitudine, la varietà geologica e il microclima fresco rappresentano condizioni ideali per creare spumanti Metodo Classico strutturati, precisi e dal grande potenziale di invecchiamento».