Björn Frantzén

Frantzén

26, Klara Norra kyrkogata
Stoccolma
Svezia
t. +46 8 20 85 80

Björn Frantzén: dove l’ho già sentito? Facile, se isoli il cognome e poi lo associ in successione a quello di Daniel Lindeberg: ti avevano messo la pulce nell’orecchio quelli della 50Best, celebrando il Frantzén/Lindeberg come One to Watch 2011, l’insegna da tenere d’occhio in un mare di tanti yacht di lusso (della semplicità, anche). Ad approfondire, avevamo scoperto poi che la Michelin aveva conficcato sul petto dei due ragazzi altrettante stelle, una dopo l’altra (2009 e 2010). Una consecutività unica nella storia di Svezia, specie a considerare anno e mese d’apertura del ristorante: febbraio 2008.

È la stagione in cui il cuoco Björn e il pasticcere Daniel, neanche trentenni, si fanno coraggio e varano un 18-coperti a Gamla Stan, l'isolotto della città vecchia di Stoccolma, nella stessa bottega che ospitò lo stellato Mistral di Fredrik Andersson. Un teatro candido e di eleganza casual che inscena dissonanze creative tra cucina nordica e asiatica, condotto su un lavoro inesausto di ricerca di materie prime: «il 75% del mio tempo lo dedico a trovare e parlare coi produttori», dice Björn Frantzén mentre toglie e rimette la matita nella piega dell’orecchio. Un agire che porta al parossismo la lezione del danese René Redzepi («cuoco fondamentale per ognuno di noi») su purezza, sostenibilità e stagionalità. Un feticismo dell’ingrediente che venera l’orto seguendo l’insegnamento di Tom Aikens il londinese, primo maestro di Björn ancora ai tempi del Pied-à-Terre ante-Shane Osborn.

Ma soprattutto, un procedere che manda a memoria i dettami di Alain Passard, maestro del nostro cuoco di Stoccolma, che spese diverso tempo proprio all’Arpege di Parigi, un retaggio ben evidente in quel certo timore per i fuochi eccessivi, nella sadica passione per i rosolamenti lenti, in certi cerebralismi vegetali spinti. Due ragazzi che rincorrono l’utopia di cucinare un giorno ogni piatto senza salsa alcuna, «traguardo per cui lottiamo sostenuti dal lavoro dei nostri fornitori. Perché senza di loro non saremmo». Gratitudine che emerge ogni secondo al Frantzén/Lindeberg, dove ogni ingrediente è esibito al cliente vivo al tavolo prima di essere martirizzato al fuoco, sbollentato o polverizzato secondo tecniche che possono attingere dalle tradizioni della campagna svedese o da quelle dei 'cavernicoli' sudcoreani (vedi l'incredibile aglio rifermentato in grotta).

Ha partecipato a

Identità Milano


a cura di

Gabriele Zanatta

classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. 
instagram @gabrielezanatt