Durante le feste, Villa d'Este non è semplicemente un luogo: è uno stato d'animo. Affacciata sul Lago di Como come una signora senza tempo, avvolta da luci soffuse e riflessi d'acqua, la grande dimora sembra rallentare il passo del mondo e invitare a respirare bellezza.
Tra saloni che profumano di storia, alberi addobbati con misura e silenzi ovattati interrotti solo dal lago, il Natale diventa un rituale intimo e luminoso, dove l'eleganza non è mai ostentazione ma memoria. Giardini illuminati, ristoranti iconici, il Canova Bar e la Sala del Cioccolato – creata per le feste – raccontano il piacere raro di fermarsi, brindare, celebrare l'arte di vivere.
Ma se l'atmosfera è quella di una festa sussurrata, il cuore più segreto di
Villa d'Este pulsa sottoterra, nella sua cantina a dir poco monumentale: un luogo dove il tempo si stratifica in bottiglie e silenzi, e dove competenza, visione e metodo hanno trasformato il vino in racconto. A custodirla è
Alex Bartoli, 32 anni, imolese, responsabile wine del gruppo
Villa d'Este. Dodicimila etichette, centosessantamila bottiglie, tre magazzini e un sistema di gestione che unisce rigore assoluto e fluidità operativa.
Qui nulla è lasciato al caso: ogni bottiglia è codificata per azienda, annata, reperibilità; ogni numero indica già la zona della cantina in cui trovarla. Rossi, bianchi, grandi formati, vini dolci, bollicine: tutto è organizzato in modo schematico, guidando i sommelier in un perimetro preciso e silenzioso. La cantina è presidiata dalle sei del mattino all'una di notte. Le comande arrivano in tempo reale, lo scarico è automatico, l'inventario sempre aggiornato.
Un flusso continuo che, nei mesi estivi, può superare le 120 bottiglie al giorno, per un movimento annuale di circa 40mila pezzi. A questo si aggiungono soluzioni tecniche d'avanguardia: frigoriferi brevettati per
Villa d'Este dedicati agli spumanti, e un apparecchio in grado di raffreddare qualsiasi bottiglia di un grado e mezzo al minuto, permettendo di servire anche il cliente più esigente in meno di otto minuti.
La cantina di Villa d'Este è anche un archivio di rarità: verticali complete – come le 120 annate di Château d'Yquem o le 100 di Mouton Rothschild dalla fine dell'Ottocento – e bottiglie introvabili, tra cui un Montrachet Domaine de la Romanée-Conti da sei litri, disponibile su richiesta, dal valore di circa mezzo milione di euro.
I rossi italiani rappresentano il 40% delle vendite, seguiti da vini al calice e Champagne, a conferma di un lusso vissuto con naturalezza.
Bartoli arriva a Cernobbio nel 2022, dopo una formazione solida e internazionale: l'istituto alberghiero Pellegrino Artusi di Riolo Terme, il
San Domenico di Imola,
Le Gavroche a Londra, poi
Cracco,
Enoteca Pinchiorri,
Cerea. Un percorso che oggi si riflette in una carta vini costruita come un equilibrio dinamico tra grandi nomi e ricerca.
Qual è la filosofia che guida le sue scelte nella costruzione della carta vini di Villa d'Este?
«Quando sono arrivato c'erano circa 300 etichette, prevalentemente italiane. Oggi siamo a 12mila. Il fattore piacevolezza conta, ma non posso ignorare il mercato: se un cliente chiede un vino preciso, noi dobbiamo essere in grado di offrirglielo. Il nostro è un servizio. La carta nasce dall'incontro tra etichette riconosciute e prodotti di nicchia».
Come si bilanciano grandi maison e produttori emergenti?
«Non è semplice. Lavoriamo su un equilibrio: circa il 70% di nomi noti e un 30% dedicato alla ricerca, a territori meno scontati o a produttori che meritano attenzione».
Quali criteri utilizza per decidere cosa far maturare in cantina?
«La mia filosofia è Borgogna giovane e Bordeaux vecchi, con le dovute eccezioni. Un Borgogna, oltre i 25-30 anni, difficilmente si eleva ulteriormente. Con Bordeaux cerco le verticali: acquisto le nuove annate per completare il quadro. È un lavoro di costruzione e di pazienza».
Che rapporto c'è tra cantina e cucina negli abbinamenti?
«Assaggiamo spesso i piatti con lo chef, ma il punto è un altro: non ci sono regole. L'abbinamento è ciò che piace al cliente. Qui le regole si rompono continuamente. Può succedere – e succede – che qualcuno ordini un toast al Grill o al Bar e lo accompagni con un calice di Château Margaux 2000. Il cliente oggi vuole libertà, meno schemi. E noi rispondiamo anche con grandi vini al calice».
A
Villa d'Este il lusso non impone, suggerisce. E il vino, più che una liturgia, diventa un gesto naturale: un modo di abitare il tempo, con eleganza e leggerezza.