18-12-2025

Villa d'Este, il tempo sospeso del vino

Alex Bartoli, custode di una delle cantine più straordinarie d'Europa: 12mila etichette per 160 mila bottiglie. Il cliente di Villa d'Este vuole libertà e meno schemi

Una splendida vista aerea di Villa D'Este, aff

Una splendida vista aerea di Villa D'Este, affaciata sul lago di Como, illuminata per il Natale

Durante le feste, Villa d'Este non è semplicemente un luogo: è uno stato d'animo. Affacciata sul Lago di Como come una signora senza tempo, avvolta da luci soffuse e riflessi d'acqua, la grande dimora sembra rallentare il passo del mondo e invitare a respirare bellezza.

Tra saloni che profumano di storia, alberi addobbati con misura e silenzi ovattati interrotti solo dal lago, il Natale diventa un rituale intimo e luminoso, dove l'eleganza non è mai ostentazione ma memoria. Giardini illuminati, ristoranti iconici, il Canova Bar e la Sala del Cioccolato – creata per le feste – raccontano il piacere raro di fermarsi, brindare, celebrare l'arte di vivere.

Ma se l'atmosfera è quella di una festa sussurrata, il cuore più segreto di Villa d'Este pulsa sottoterra, nella sua cantina a dir poco monumentale: un luogo dove il tempo si stratifica in bottiglie e silenzi, e dove competenza, visione e metodo hanno trasformato il vino in racconto. A custodirla è Alex Bartoli, 32 anni, imolese, responsabile wine del gruppo Villa d'Este. Dodicimila etichette, centosessantamila bottiglie, tre magazzini e un sistema di gestione che unisce rigore assoluto e fluidità operativa.

Qui nulla è lasciato al caso: ogni bottiglia è codificata per azienda, annata, reperibilità; ogni numero indica già la zona della cantina in cui trovarla. Rossi, bianchi, grandi formati, vini dolci, bollicine: tutto è organizzato in modo schematico, guidando i sommelier in un perimetro preciso e silenzioso. La cantina è presidiata dalle sei del mattino all'una di notte. Le comande arrivano in tempo reale, lo scarico è automatico, l'inventario sempre aggiornato.

Un flusso continuo che, nei mesi estivi, può superare le 120 bottiglie al giorno, per un movimento annuale di circa 40mila pezzi. A questo si aggiungono soluzioni tecniche d'avanguardia: frigoriferi brevettati per Villa d'Este dedicati agli spumanti, e un apparecchio in grado di raffreddare qualsiasi bottiglia di un grado e mezzo al minuto, permettendo di servire anche il cliente più esigente in meno di otto minuti.

La cantina di Villa d'Este è anche un archivio di rarità: verticali complete – come le 120 annate di Château d'Yquem o le 100 di Mouton Rothschild dalla fine dell'Ottocento – e bottiglie introvabili, tra cui un Montrachet Domaine de la Romanée-Conti da sei litri, disponibile su richiesta, dal valore di circa mezzo milione di euro.

I rossi italiani rappresentano il 40% delle vendite, seguiti da vini al calice e Champagne, a conferma di un lusso vissuto con naturalezza. Bartoli arriva a Cernobbio nel 2022, dopo una formazione solida e internazionale: l'istituto alberghiero Pellegrino Artusi di Riolo Terme, il San Domenico di Imola, Le Gavroche a Londra, poi Cracco, Enoteca Pinchiorri, Cerea. Un percorso che oggi si riflette in una carta vini costruita come un equilibrio dinamico tra grandi nomi e ricerca.

Qual è la filosofia che guida le sue scelte nella costruzione della carta vini di Villa d'Este?

«Quando sono arrivato c'erano circa 300 etichette, prevalentemente italiane. Oggi siamo a 12mila. Il fattore piacevolezza conta, ma non posso ignorare il mercato: se un cliente chiede un vino preciso, noi dobbiamo essere in grado di offrirglielo. Il nostro è un servizio. La carta nasce dall'incontro tra etichette riconosciute e prodotti di nicchia».

Come si bilanciano grandi maison e produttori emergenti?

«Non è semplice. Lavoriamo su un equilibrio: circa il 70% di nomi noti e un 30% dedicato alla ricerca, a territori meno scontati o a produttori che meritano attenzione».

Quali criteri utilizza per decidere cosa far maturare in cantina?

«La mia filosofia è Borgogna giovane e Bordeaux vecchi, con le dovute eccezioni. Un Borgogna, oltre i 25-30 anni, difficilmente si eleva ulteriormente. Con Bordeaux cerco le verticali: acquisto le nuove annate per completare il quadro. È un lavoro di costruzione e di pazienza».

Che rapporto c'è tra cantina e cucina negli abbinamenti?

«Assaggiamo spesso i piatti con lo chef, ma il punto è un altro: non ci sono regole. L'abbinamento è ciò che piace al cliente. Qui le regole si rompono continuamente. Può succedere – e succede – che qualcuno ordini un toast al Grill o al Bar e lo accompagni con un calice di Château Margaux 2000. Il cliente oggi vuole libertà, meno schemi. E noi rispondiamo anche con grandi vini al calice».

A Villa d'Este il lusso non impone, suggerisce. E il vino, più che una liturgia, diventa un gesto naturale: un modo di abitare il tempo, con eleganza e leggerezza.


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Cinzia Benzi

di

Cinzia Benzi

laureata in psicologia, è stata rapita dalla galassia di Identità Golose. Se lo studio del vino è la sua vita, la vocazione di buongustaia è una scoperta in evoluzione

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