20-12-2025

I nostri consigli sui vini perfetti per la tavola delle feste

Dodici bottiglie da non perdere, abbinate ai piatti di Natale e Capodanno e consigliate dai nostri esperti. Perché in queste giornate passate magari insieme alle persone care, è bello riuscire a condividere quelle che sono le nostre passioni

Vini e cibi delle feste

Vini e cibi delle feste

Non è la prima, e di sicuro non sarà nemmeno l’ultima volta, che Raffaele Foglia penserà a una newsletter nella quale abbinare vini e cibi da portare sulla tavola delle feste. Tutto partendo dalla bottiglia, stavolta. Ma ha valore anche definire prima una ricetta festaiola e poi capire quale sia il vino migliore da sposarvi. Capiterà presto, nel corso del 2026.
Paolo Marchi

Testi a cura di Raffaele Foglia, identitadivino@identitagolose.it

 

Portate a tavola buoni vini e tanti sorrisi
Perché a Natale o a Capodanno si cerca in cantina la bottiglia importante e prestigiosa per servirla a tavola? La parola chiave è condivisione. Perché in queste giornate di festa, insieme alle persone care, è bello riuscire a condividere quelle che sono le nostre passioni, ciò che ci rende felici. Se si è soli anche la più importante, costosa e rinomata bottiglia di vino diventa banale. Quando si è in buona compagnia, invece, si riesce ad apprezzare ancora di più quello che viene portato in tavola. Per questo motivo vi presentiamo un nostro personalissimo menù, composto con quei piatti e con quei vini che abbiamo piacere di condividere (virtualmente) con voi. In un brindisi pieno di sorrisi sinceri.
Raffaele Foglia

 

Cinzia Benzi, Federico Veronesi e Ampelio Bucci

Cinzia BenziFederico Veronesi Ampelio Bucci

L’omaggio ad Ampelio Bucci
«Io vivo due vite, una nelle Marche e una a Milano. Questo mi ha permesso di mettermi sempre in discussione, e, a confronto con i grandi del vino. Non per copiare ma per comprendere come migliorare Villa Bucci».
«Comunicare il meno possibile, al momento giusto e facendo assaggiare i vini con il massimo rispetto del lavoro dell’agricoltore».
«Se un giorno, molto lontano, io non ci sarò più, chiedo a te, Cinzia, di rendere pubblica questa mia riflessione. Evita di fare un pistolotto sulla mia persona, io penso ai vini che oggi e domani sono e saranno custoditi e prodotti da Federico Veronesi».
Queste le parole di Ampelio Bucci, scomparso quest’anno. Villa Bucci è il Verdicchio perfetto con crostini e fegatini di pollo, dove la perfezione enologica si armonizza con classico antipasto delle feste.
Cinzia Benzi

 

Sauvignon Blanc Tenuta Liliana e vitello tonnato
Sulla tavola delle feste non può mancare il vitello tonnato. Poi ognuno scelga la versione che gli pare, basta non scendere a compromessi sulla qualità della carne e, poi, sulla salsa. Per una volta evitiamo un abbinamento regionale classico, ma ci spingiamo a scegliere un vino che ci ha particolarmente impressionati: si tratta del Veneri Sauvignon Blanc di Tenuta Liliana. L’azienda è nata nel 2017 a Parabita, nel Salento, dalla volontà di Antonio Intiglietta e della moglie Liliana (il nome dell’azienda è proprio un omaggio a lei) con l’obiettivo di interpretare il territorio tramite vitigni internazionali che ne potessero esaltare il terroir. Così, dopo il Cabernet Sauvignon, nasce questo Sauvignon Blanc in purezza, da terreni ricchi di calcare e argilla rossa, a circa 200 metri sopra il livello del mare. Il vino stupisce per eleganza e profondità, con una nota sapida che ricorda il mare. L’annata 2024 è stata particolarmente calda ma l’altitudine e i venti hanno contribuito a mitigarne l’influsso: sono state prodotte solo 2.500 bottiglie. Un vino che si sposa perfettamente con il vitello tonnato, con questa sapidità unita a un’ottima acidità che trova un buon equilibrio con il piatto.
RF

 

Grotta del Gelo Etna e sformato di funghi
Un abbraccio di quelli che scaldano le feste: fra l’uomo, una terra meravigliosa, i suoi sapori. Per Natale scegliamo di portare a tavola Grotta del Gelo 2021 Etna Rosso Doc dell’azienda Serafica a Nicolosi. Un vino che parla di famiglia e Sicilia e che accostiamo a una pietanza caratterizzata da un ingrediente fondamentale e spontaneo: lo sformato con i funghi. Dentro questa bottiglia troviamo prima di tutto la deliziosa caparbietà di Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio (rispettivamente all’80% e al 20%), ambasciatori di un’isola e non solo. Siamo a 900 metri di altezza, sul versante sud dell’Etna, con suoli neri e sabbiosi “dettati” proprio dal vulcano e marcate escursioni termiche. Questo vino viene affinato per un anno in botti grandi di rovere francese, quindi in bottiglia per il medesimo periodo (ma anche più a lungo) e incanta subito all’olfatto sprigionando tutto il fascino di note floreali e mediterranee, con una graffiata di spezie. Ma è al palato che l’abbraccio si completa, con la sua pienezza e la sua mineralità. Grotta del Gelo racconta di una grande bellezza, da conquistare ogni giorno, come fa questa famiglia. Che si prende cura del territorio (anche attraverso la produzione di olio) e delle persone. Nella terza generazione in azienda, difatti, oggi ci sono Giuseppe Borzì e Nino Serafica ma anche Maria Ausilia Borzì, psicologa, che porta avanti la didattica.
Marilena Lualdi

 

Karamare 2024 Ogliastra di Pusole e pak choi
Nel cuore selvaggio dell’Ogliastra, a Baunei, la terra sembra dialogare con il mare, tra scisti, sabbie, terrazze alluvionali e profumi di macchia mediterranea che compongono un mosaico naturale unico, capace di generare vini dalla forte identità. È qui che la famiglia Pusole coltiva da generazioni un’agricoltura autentica, senza scorciatoie, dove tutto convive in equilibrio. Da questo paesaggio nasce l’Ogliastra Bianco IGT Karamare 2024 dell’Azienda Agricola Pusole, perfetto per la tavola delle feste. Prodotto da Cannonau Bianco – una bacca rara di cui i Pusole sono gli unici produttori – è vinificato con la tecnica dei rossi, grazie a una macerazione di circa otto giorni che gli dona un intenso giallo dorato. Al naso mostra un profilo aromatico salino, con richiami agrumati e accenni alla vegetazione mediterranea. Al palato è fresco, materico e avvolgente, ricco di sfumature minerali, e racconta la storia di un vitigno quasi perduto, recuperato con cura dai fratelli Lorenzo e Roberto nella loro azienda agricola. Per le feste, l’abbinamento ideale è un antipasto vegetariano elegante e sorprendente, il pak choi con mandorle e fichi. La freschezza sapida del Karamare esalta le note vegetali e bilancia la dolcezza del frutto, creando un incontro armonioso che profuma di sole, mare e convivialità. Un sorso che porta la mediterraneità in tavola.
Fosca Tortorelli

 

Pinner di Cavallotto e marinato misto di pesce
Il Pinner di Cavallotto incontra il pesce marinato; un antipasto leggero ma elegante, semplice e insieme ricco di sfumature. Il vigneto che dà origine a questo bianco, ottenuto da uve nere, sorge sulla collina accanto alla Cascina Cavallotto, dove le brezze fresche e la composizione del suolo regalano al vino quella mineralità che si ritrova al primo sorso. In cantina, la fermentazione a bassa temperatura per 20–30 giorni, seguita da un lavoro paziente sui lieviti – délestage per 9–12 mesi e bâtonnage quotidiano – costruisce la sua trama sottile ma profonda, poi rifinita da un breve affinamento in bottiglia. Le note del Pinner, tra agrumi maturi, fiori bianchi e richiami tropicali, avvolgono il pesce marinato senza sovrastarlo, lasciando che ogni boccone respiri. La freschezza del vino tende la mano alla delicatezza della marinatura, pulendo il palato e amplificando le sfumature iodate che parlano di mare aperto. È un dialogo gentile, dove la sua struttura importante ma mai pesante diventa ponte tra la vivacità del piatto e il calore delle feste, soprattutto di quelle natalizie. E alla fine basta un sorso per far entrare l’atmosfera delle ricorrenze: una luce quieta che avvicina il mare nel piatto al calore della casa, trasformando il momento in un equilibrio perfetto.
Stefania Oggioni

 

Brunello Vigna Soccorso 2010 e tordelli al ragù
Nel cuore di Montalcino, sul versante nord, la famiglia Tiezzi custodisce uno dei cru storici del paese: Vigna Soccorso, un piccolo vigneto affacciato sulla chiesa omonima e lavorato con estrema cura da una delle ultime famiglie ilcinesi a portare avanti, senza clamori, una viticoltura di qualità davvero radicata nel territorio. Il Vigna Soccorso 2010 Brunello di Montalcino DOCG è figlio di un’annata classica, considerata tra le grandi: oggi il vino, in una piena fase di maturità - ma lo stato di grazia perdurerà ancora - si apre con naturalezza, lasciando uscire note di frutto maturo, delle piacevolissime spezie leggere e un accenno terroso. Affinato in botti di rovere per almeno 3 anni, ha un sorso armonioso, elegantissimo, con una freschezza che lo tiene vivo. È un Brunello che chiama a gran voce il cibo, trovando l’abbinamento perfetto nei Tordelli (rigorosamente con la “d”) lucchesi al ragù di carne. Questo piatto di umili origini, oggi iconico della cucina di tradizione della lucchesia, deve il suo successo alla pasta all’uovo, al ripieno saporito di carne con delicate spezie, al sugo ricco che lo accompagna. Il Brunello 2010 di Tiezzi, grazie alla freschezza del versante nord di Montalcino e a una maturità ben misurata, aggiunge confortevolezza a confortevolezza e riporta a un contesto domestico, che fa venir voglia di star seduti a tavola nei giorni di festa.
Amelia De Francesco

 

Capatosta di Poggioargentiera e risotto ai funghi
In Maremma, tra il Tirreno e il Monte Amiata, Poggio Argentiera nasce nel 1997 con l’acquisto del Podere Adua, storico fondo dei primi del ’900 nato durante la bonifica. I 6 ettari iniziali dedicati al Morellino di Scansano crescono nel 2001 con l’arrivo del Podere Keeling a Baccinello, portando l’azienda a 20 ettari distribuiti tra suoli sabbiosi e assolati di pianura e terreni argillosi e freschi di collina. Due terroir diversi e complementari che donano complessità e identità ai vini. Dal 2015 la famiglia Frascolla – già alla guida di Tua Rita – porta nuova energia e visione, valorizzando un territorio ricco di contrasti e carattere. Da questa terra nasce il Capatosta, rosso simbolo dell’azienda: intenso, mediterraneo, con note di amarena, spezie e una mineralità che riflette l’incontro tra mare e collina. Accanto a lui, il risotto ai funghi diventa compagno ideale tra gli abbinamenti consigliati per questo Natale: i profumi di sottobosco e la morbidezza del piatto si intrecciano alla struttura del vino, mentre la freschezza e i tannini di questo blend di Sangiovese e Alicante puliscono il palato e rilanciano ogni assaggio. Un incontro che racconta storia, territorio e personalità: la Maremma nel bicchiere e nel piatto.
Salvo Ognibene

 

Greco di Tufo Colle dei Lauri e baccalà fritto
La storia di Tenuta del Meriggio inizia con l’acquisto di una casa di campagna, un rifugio pensato per ritrovare calma e respiro nei fine settimana, lontano dal ritmo incessante della città. Ma quel luogo, immerso nel silenzio e abbracciato dai filari, non era destinato a restare solo una parentesi di quiete. Così, nel 2010, Nunzia Guerriero e Bruno Pizza trasformano quel rifugio nel cuore pulsante di una cantina, dando forma a una realtà che, in pochi anni, diventa una delle espressioni più dinamiche dell’Irpinia del vino. La scintilla iniziale ha trovato nuova forza nella generazione successiva: oggi è Emilia, la figlia, a raccogliere e amplificare quell’eredità. I vigneti della Tenuta si distendono tra alcuni dei territori più storici e vocati dell’Irpinia, 25 ettari che attraversano Montemiletto, Taurasi, Tufo, Santa Paolina, Paternopoli, Pietradefusi, Candida e Montefalcione, formando un mosaico di suoli, altitudini e microclimi. Il Greco di Tufo Riserva "Colle dei Lauri" si esprime con sentori di scorza di cedro, fiori bianchi e cenni minerali e iodati. Il sorso è pieno e strutturato, di grande freschezza e dinamismo gustativo, con un finale salino di grande persistenza. Perfetto in abbinamento al baccalà fritto della tavola napoletana della vigilia di Natale.
Adele Granieri

 

Barolo Pio Cesare Mosconi e brasato al Barolo
Fin dal 1881, anno in cui Cesare Pio fondò la cantina che ancora oggi porta il suo nome, il credo nella produzione dei grandi vini di Barolo si basava sull’assemblaggio in bottiglia di uve provenienti da vari appezzamenti. Uno stile “classico”, cosi lo definiva Pio Boffa, quarta generazione dell’azienda di Alba. Un tratto distintivo, rimasto inalterato vendemmia dopo vendemmia. Il tempo e la storia creano opportunità. E fu tale la possibilità, nel 2014, di acquistare 10 ettari in zona Mosconi, a Monforte d’Alba. Lì le vigne, impiantante fra il 1947 e il 1961, la specificità del terreno e l’esposizione garantivano, già nell’idea di partenza, baroli di eccezionale finezza, con bassa acidità e pronti per lunghi, lunghissimi, invecchiamenti. È stata soprattutto la coerenza con i valori del Barolo a far decidere ai Boffa di farne un “solitario”, una sorta di diamante in mezzo alla loro collezione di gioielli vinicoli. Ad ogni annata il Barolo Mosconi di Pio Cesare, affinato per 30 mesi in botti grandi e solo per una piccola percentuale in barrique, si presenta con tannini assai morbidi e fitti, profumi di piccoli frutti rossi e bocca piacevole per persistenza e toni speziati. Un degno compagno, con l’annata 2021, per il pranzo di Natale. Il primo assaggio può essere accostato ai dei plin in brodo di cappone. Il secondo e i successivi bicchieri trovano l’apoteosi nell’abbinamento con un Brasato al Barolo, preparato con carne di razza piemontese, servito con un morbido purè di patate. Auguri!
Maurizio Trezzi

 

Imperfetto Amaracmand e cotechino
Un racconto che ci sta bene a Natale. Nel 2012 un inverno eccezionalmente duro colpì la Romagna e il Montefeltro. A Villagrande di Montecopiolo caddero oltre quattro metri di neve, isolando il paese per giorni. Anche la piccola osteria di Sorrivoli restò sepolta. Fu proprio lì che Marco, il titolare, conobbe Tiziana, destinata a diventare sua moglie e compagna nell’avventura vinicola che porterà il nome di Amaracmand, omaggio alla nonna che gli ripeteva: “Amaracmand, fa e brev”. Nel 2022 nacque il loro primo progetto enologico, un sangiovese prodotto da uve selezionate a mano, vinificato senza solfiti e affinato tra acciaio e rovere francese. Un vino che porta con sé la loro idea più cara: l’imperfezione non è un limite, ma ciò che rende ogni vino, e ogni storia, davvero unico. L’Imperfetto 2022 è un Sangiovese con aggiunte di uve internazionali a saldo, intrigante al naso, dal fruttato composito, nervoso, inconsueto e teso in bocca. Perfetto per un cotechino con lo zabaione, preparato magari con lo stesso vino in abbinamento, un piatto che arriva dalla vicina Emilia e che con questo connubio trova un equilibrio per chi ama conservare il ricordo del cibo e del vino in bocca allo stesso livello.
Leonardo Romanelli

 

Arèle 2008 Vino Santo Doc di Pravis e zelten
Per i trentini più rigorosi della consuetudine natalizia, l’abbinamento vino con pietanza della festa, sicuramente è vino santo con zelten. Binomio ancorato nelle leggende contadine. Perché sia il vino in questione che lo zelten si consumano con parsimonia, per stimolare buoni pensieri, nei momenti intimi e precise ricorrenze. A proposito: Zelten, nome dall’origine incerta, probabilmente da selten che in tedesco significa “raro, forma piatta di basso spessore, ma soprattutto fatto raramente”, legami nordici e medioevali, indubbiamente dolce di e per il ricordo delle cose buone, atteso (dai bimbi nati negli Anni ’50) quasi bramato. Buono e indimenticabile proprio perché assolutamente casalingo. Medesima bramosia per il Vino Santo Trentino, il “passito dei passiti”, vanto di una cultura vinaria ancora coraggiosamente in voga nella Valle dei Laghi, tra Trento, il Garda e le Dolomiti di Brenta. Tra gli appena 6 vignaioli che ancora tutelano il Vino Santo Trentino DOC, l’azienda Pravis lo ottiene dalla pigiatura pasquale di uve Nosiola fatte appassire su appositi graticci - chiamati arèle - lasciando poi maturare in piccole botti di legno il vino per almeno 5 anni. Solo così diventa esclusivo, da meditazione, perfettamente in sintonia con il Natale, grazie a una potente carica gustativa - fichi, noce, uva sultanina, pure un richiamo all’agrume - con una sapidità assolutamente intrigante. In piena amalgama se bevuto con una fetta di zelten, magari quello del Panificio Moderno di Isera.
Nereo Pederzolli

 

Moscato d’Asti e panettone: non è banale
Per una volta possiamo anche evitare di inventarci abbinamenti complessi, azzardi, scelte controcorrente. Per una volta la scelta è rigorosamente legata alla tradizione. Iniziamo dal dolce: il panettone. Anche in questo caso si possono evitare le diverse varianti (glasse, ripieni, cioccolato, pistacchi e quant’altro), per andare sulla tradizione di canditi e uvette, con un impasto “burroso” e soffice al punto giusto. Per il vino questa volta non abbiamo dubbi: dolce chiama dolce. Ma serve anche un po’ di leggerezza, di semplicità, di semplice allegria. Per questo la scelta è semplice: Moscato d’Asti Docg. Fresco, piacevole, beverino, aromatico… Pochi gradi alcolici e qualche piacevole bollicina, ma è concessa anche una piccola deviazione su un Asti Spumante Docg, con una pressione leggermente superiore e qualche grado in più. Nulla di impegnativo, si intenda, ma alla fine di un pranzo di Natale con grandi piatti e magari vini importanti, è giusto scegliere qualcosa che sia semplice. Come comunicato dal Consorzio dell’Asti Docg, per le festività natalizie, le bollicine astigiane si preparano ad apparecchiare le tavole italiane ma anche quelle del mondo con più di 25 milioni di bottiglie di Asti Spumante e di Moscato d’Asti. Di queste, circa 22,5 milioni sono destinate alle feste all’estero. Ma un concetto sia chiaro: semplice non significa banale. D’altronde lo stesso Consorzio non transige e punta sempre di più alla massima qualità: grazie proprio al suo essere naturalmente low alcol, il Moscato d’Asti è un vino estremamente moderno e duttile. A Natale, però, ci piace essere tradizionali. Concedetecelo. Per una volta.
RF

 

Per chiudere, Eminente Gran Reserva Edition N. 2
Alla fine di un pasto delle feste, l’ideale è rilassarsi sul divano e, per chi ce l’ha, mettersi davanti al caminetto. Così ci possiamo regalare una coccola finale: un rum. La scelta cade su Eminente, prodotto da César Martí, il più giovane Maestro Ronero di Cuba. Cresciuto tra le piantagioni di canna da zucchero, César Martí ha appreso i segreti del mestiere dai nonni materni, che gli hanno messo a disposizione una conoscenza tramandatasi da generazioni. Grazie a queste conoscenze, ha potuto dedicarsi all’arte dell'invecchiamento e dell'assemblaggio delle aguardientes, le acquaviti di canna da zucchero più aromatiche e complesse prodotte nell'isola, che vengono lasciate invecchiare separatamente e poi assemblate con rum ligeros. Uno studio e una ricerca continui, che hanno portato César Martí a produrre anche Eminente Gran Reserva N°2, rum cubano lasciato invecchiare 10 anni, frutto di un sapiente assemblaggio tra rum ligero e aguardientes, affinato poi in botti di Sauternes, che gli conferiscono un profilo aromatico unico. Un distillato che unisce la profondità delle aguardientes alla rotondità e, soprattutto, alla complessità aromatica del Sauternes, arrivando a sentori spiccatamente fruttati di albicocca e miele, ma anche frutta tropicale, per arrivare alla frutta secca, caramello, vaniglia, spezie delicate. Ideale in purezza, davanti al camino come dicevamo. E magari, a chi piace, si può accostare anche un sigaro, rigorosamente cubano e di qualità.
RF


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

Identità Golose

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