«Il nostro segreto? Non sentirci mai arrivati». Roberta Bianchi non ha dubbi: se in questo momento la cantina Villa Franciacorta è apprezzata per i suoi vini, in particolare le bollicine, il merito sta proprio nel cercare di migliorarsi sempre, di valutare anno per anno quali siano le soluzioni migliori.
«Questo vuol dire che, al di là di riconoscimenti ricevuti, non bisogna adagiarsi sugli allori –continua Roberta Bianchi, che prosegue con grande amore il lavoro iniziato dal padre Alessandro – Vogliamo considerare i premi, ma anche i riscontri dei singoli clienti, come un qualcosa che ti dà l'energia per andare avanti e continuare a ricercare».

Roberta Bianchi davanti all'ingresso della cantina
Ricercare… cosa? «La capacità di valorizzare sempre al meglio ciò che la natura ci dona, quindi non accontentarsi di seguire un protocollo, una strada tracciata, ma senza rinnegare quelle che sono le tradizioni e la storia, bisogna avere sempre la voglia e la curiosità di cercare il meglio per esaltare questo terroir».
Il pensiero produttivo di Villa Franciacorta è in realtà più semplice di quello che si pensi: rispetto e ricerca. «La filosofia è quella da sempre di usare le uve di propria produzione, produrre solo vini millesimati, e continuare a cercare anche nuovi modi per approcciarsi a una produzione che sia intelligente e rispettosa, che sia buona e giusta – prosegue Roberta Bianchi – Mi piace sempre citare Carlo Petrini perché trovo che sia la sintesi davvero di cosa deve essere un vino, che è un qualcosa di piacevole ma che è anche un alimento, e quindi rispettoso della salute e dell'ambiente».

Una suggestiva immagine dei vigneti
Ed evidenzia ancora: «Dentro ogni calice di
Villa c'è un lavoro dignitoso che viene riconosciuto dando il giusto valore a chi fa questo lavoro per te». Per quella che diventa una sostenibilità economica e sociale.
I premi alla qualità dei vini, negli anni, sono arrivati numerosi. Addirittura dal primissimo spumante: «Nel 1978 avevamo prodotto le prime 4mila bottiglie di spumante – racconta Roberta Bianchi – e l’abbiamo portata al concorso della Douja d’Or, nel 1981. Ecco, non solo quel vino ha conquistato la medaglia d’oro, ma viene addirittura portato a rappresentare i vini spumanti italiani al convegno nazionale degli enologi ed enotecnici. Più di così non potevamo sperare. Ed è stato proprio quel riconoscimento che ha fatto a capire a mio padre che l’impegno e lo studio fossero le strade giuste da intraprendere, senza fermarsi».

La cantina di Villa Franciacorta
Uno studio che è passato soprattutto dalla terra. «Fu lui a iniziare un percorso di studio delle singole parcelle dell’azienda – spiega
Roberta Bianchi – per fare in modo che ognuna si esprimesse al meglio. Oggi abbiamo 46 ettari divisi in 25 parcelle».
Un lavoro che prosegue tuttora. «Credo che in qualche modo io abbia dentro di me i geni di questa continua curiosità di mio padre e la voglia di andare avanti».

Roberta Bianchi con il marito Paolo Pizziol e i figli Matteo e Alessio
Da qui l’omaggio di
Roberta Bianchi al padre: «Si chiama
RNA, che è l’acronimo di
Riserva Nobile Alessandro Bianchi. Ma è anche come l’
RNA della genetica, la molecola che trasmette dei caratteri ereditari. La passione e l'amore che mio padre ha messo in questo lavoro li ha trasmessi a me e io ai miei figli. Ma andando oltre ai legami di sangue, ho cercato di trasmettere questi valori a tutta la squadra. Ogni nostro successo lo condivido con la squadra Villa, fatta da ragazzi molto giovani e che hanno lo stesso entusiasmo di sperimentare, fare e creare qualcosa. I riconoscimenti li devo a loro».
Il pensiero di Roberta Bianchi si traduce anche nel bicchiere, e mai poteva essere più azzeccato il nome di Emozione a uno dei loro Franciacorta più apprezzato: si tratta di 85% Chardonnay, 10% Pinot Nero e 5% Pinot Bianco, solo acciaio e poi 36 mesi di sosta sui lieviti, per un vino (annata 2020) accattivante, fresco ed equilibrato, che eccelle per bevibilità, ma anche con un potenziale per rimanere ancora a riposare qualche anno dopo la sboccatura. Un potenziale che è ancora più apprezzabile nell’assaggio della versione magnum.

Il Franciacorta Cuvette 2019 e il Franciacorta Emozione 2020
Eleganza e complessità, invece, si esprimono in armonia del
Franciacorta Cuvette, realizzato con l’80%
Chardonnay e 20%
Pinot Nero: attualmente è in commercio l’annata 2020, mentre per i magnum si fa riferimento alla 2019. In questo caso viene effettuata una parziale fermentazione in legno, con successivo affinamento, prima di passare in bottiglia per 48 mesi sui lievi: una scelta che porta ad avere una maggiore struttura, senza però mai farsi sopraffare dal legno, che semplicemente accompagna il vino nel suo percorso evolutivo. Il risultato è un prodotto che parte da una frutta matura marcata al naso, ma che poi si distende verso note di erbe aromatiche (di timo per esempio) e leggeri sentori di frutta secca, con un tocco di miele. Al sorso sapidità e acidità giocano un ruolo fondamentale per un vino che ha una buona ampiezza ma soprattutto un’ottima duttilità gastronomica: un
Franciacorta da tutto pasto, che sa benissimo affrontare anche importanti piatti a base di carne.
Questi sono solo due esempi di una gamma che, comunque, rispecchia sempre i valori di Villa. Anche per i vini fermi, come il Gradoni Curtefranca Doc, che in realtà è un diretto discendente delle prime bottiglie uscite dalla cantina: nel 1974 vedevano la luce il Pinot di Franciacorta DOC, vino bianco, e Franciacorta DOC, vino rosso, che allora erano definiti “tranquilli”.