«Noi, moderni da sempre. Perché non abbiamo seguito le mode». Con questa semplice frase può essere sintetizzata la filosofia che contraddistingue Sartori di Verona, la casa vitivinicola veneta tra le più affermate in Italia e nel mondo. L’azienda, che si è integrata da un paio d’anni all’interno della Collis Veneto Wine Group, punta sempre di più alla qualità, potendo anche contare di un più ampio bacino di vigneti dai quali scegliere per realizzare i propri vini.
Vini moderni, come l’Amarone Riserva Corte Brà, che festeggia la sua 25esima vendemmia. Un traguardo importante per un’etichetta che non solo rappresenta il vertice qualitativo della storica cantina veronese, ma che diventa anche una sorta di portabandiera dei valori, come sottolineato sia dall’amministratore delegato di Collis Veneto Wine Group Pierluigi Guarise, sia dal direttore Christian Scrinzi, durante un evento a Villa Maria di Negrar, casa madre di Sartori, per celebrare proprio questo anniversario.

Luca Sartori in cantina insieme al direttore di Collis Veneto Wine Group Christian Scrinzi
Chi ha visto nascere e crescere questo vino è però
Andrea Sartori, brand ambassador e anima della
Sartori insieme al fratello
Luca: «Il
Corte Brà è un vino per noi iconico e quindi deve rappresentare al cento per cento anche il luogo dove la mia famiglia è nata, dove è nata l'azienda. È assolutamente un must per noi produrre il
Corte Brà, con il cuore dei vigneti che si trova proprio a ridosso di Villa Maria. È una produzione molto limitata, 12mila, al massimo 15mila bottiglie all'anno, e non si produce nemmeno tutte le annate perché il
Corte Brà merita veramente solo le annate migliori».
Obiettivo: eleganza e finezza. «Esattamente. Eleganza, finezza, grande attenzione a non avere esagerazioni dal punto di vista del colore, del residuo zuccherino, e tanto meno del grado alcolico. Proprio questo è il fil rouge che – credo – si trovi un po' in tutti i nostri vini».
Il cambiamento climatico ha influenzato su alcune scelte di lavorazione.
«Si ragiona su fermentazioni e appassimenti più brevi – spiega ancora Andrea Sartori – Ma non si scende a compromessi sulla maturazione delle uve. Anticipare le vendemmie sembrerebbe la soluzione più ovvia, ma in realtà porta solo problemi. Fortunatamente gli impianti sono principalmente a pergola, e la pergola ha il grande vantaggio che protegge l'uva con la parete fogliare da un’esposizione solare esagerata, anche perché abbiamo scoperto che il Corvina soffre addirittura di scottatura. Quindi la buccia del Corvina, se è proprio sotto l’esposizione del sole tutto giorno, ha dei problemi seri».

La venticinquesima vendemmia per l'Amarone Riserva Corte Brà, annata 2017
L’esempio di questa filosofia di produzione arriva dal
Corte Brà 2017 (realizzato con 60%
Corvina Veronese, 20%
Corvinone, 15%
Rondinella e 5%
Oseleta) che, nonostante un’annata calda e siccitosa, riesce a mantenere freschezza, acidità, piacevolezza di beva già al primo sorso e anche longevità. Un vino dal naso intrigante e non invadente, ricco ma elegante. Un vino al passo con i tempi. «Quelle lunghissime fermentazioni che si facevano una volta, come anche le concentrazioni, quegli appassimenti lunghi di un tempo, non si devono più fare secondo noi – sostiene
Andrea Sartori – Poi aiuta anche la tecnica, nel senso che ormai quasi tutti i nostri fruttai hanno comunque un importante sistema di deumidificazione. E comunque deumidificare significa anche tenere sotto controllo le temperature. Tutti i nostri fruttai sono stati forniti con questi ventilatori che muovono una massa d'aria enorme, ma in maniera molto gentile, non violenta. Adesso adottiamo diverse tecniche che non avevamo ovviamente anni fa per tenere anche la questione della temperatura e dell’umidità sotto controllo».

I vigneti da cui nasce il Corte Brà
Resta comunque il grosso interrogativo legato ai mercati. «Bisogna cercare altrove – sottolinea
Andrea Sartori – I messaggi che riceviamo dai mercati sono che i vini rossi hanno avuto un grosso rallentamento, e soprattutto i vini rossi corposi, come l’
Amarone. Però io resto dell'idea che l’
Amarone ha comunque ancora moltissimi mercati dove non ha ancora espresso la sua potenzialità. Perché è facile parlare di Europa, soprattutto i mercati principali, la Svizzera, la Germania, anche i mercati scandinavi, però ci sono zone dove non abbiamo ancora finito di giocare le nostre carte. A mio parere anche gli Stati Uniti non hanno ancora espresso tutta la loro potenzialità finale: se si pensa che vendiamo più
Amarone in Canada che negli Stati Uniti, c'è qualcosa che non quadra. Se si pensa che la Svizzera acquista lo stesso quantitativo di amarone degli Stati Uniti, c'è qualcosa che non quadra. Pensiamo inoltre che su quasi tutti i mercati asiatici l’
Amarone fa dei numeri ancora quasi ridicoli. E i consumatori asiatici, in primo luogo i cinesi ma anche gli altri, amano i vini rossi di grande struttura: quindi c'è tantissimo da fare».

Villa Maria a Negrar, casa madre di Sartori
Comunque l’aspetto fondamentale è quello di rimanere al passo con i tempi. Se si pensa che
Sartori è una famiglia storica, che sembra più legata alla tradizione, si può cadere in inganno. «Però io faccio una battuta – conclude
Andrea Sartori - e dico che noi siamo moderni perché siamo rimasti antichi, nel senso che lo stile dei nostri vini oggi è tornato moderno. È come dire che eravamo moderni già 50 anni fa, perché lo stile dei nostri vini comunque non ha mai seguito quelle mode, le esagerazioni di grandi strutture alcoliche, di grandi colori, di grandi residui zuccherini. La nostra modernità forse ce l'avevamo già 50 anni fa».