15-01-2019
Roberto Restelli, ex direttore della Guida Michelin Italia, nell'appassionata orazione con cui lunedì 14 gennaio ha inaugurato la settima edizione del Master della Cucina Italiana a Creazzo, Vicenza
Torniamo, a distanza di un anno, al giorno inaugurale del Master della Cucina Italiana di Creazzo, Vicenza. È la settima edizione di uno dei corsi per cuochi più appassionati del paese, frutto del lavoro di Esac, una grande struttura formativa nella prima periferia di Vicenza, presidente Sergio Rebecca. Dietro, c’è un comitato scientifico che recluta professionisti di spessore come Massimiliano e Raffaele Alajmo, l’endocrinologo Mauro Defendente Febbrari. E docenti come Corrado Assenza, Marco Bolasco, Riccardo Camanini, Davide Cassi, Enrico Cerea, Enrico Crippa, Gianluca Fusto, Paolo Lopriore, Massimo Montanari, Giancarlo Perbellini, Valeria Piccini, Emanuele Scarello, Giovanni Santini, Mauro Uliassi… Un sancta sanctorum che attrae centinaia di studenti da tutto il paese. Solo 16 di loro, da ieri e per i prossimi 5 mesi, saranno in full immersion di 8 ore di lezione al giorno - dal lunedì al venerdì – su moduli quali “pasticceria e cucina d’autore”, “nutrizione ed igiene”, “tecniche di cucina” ma anche “arte ed estetica”, “storia e cultura della cucina italiana”, “comunicazione e social media”. A Vicenza, ci s’iscrive a un “Un corso di studi che eleva il pensiero”, il leitmotiv di quest’anno che la dice lunga sulle intenzioni di chi lo anima. «Dovessimo dar retta alla sola spiegazione meccanicistica dell’universo», spiegava Albert Einstein, «non capiremmo l’esistenza di un filo d’erba». Allo stesso modo, il cuoco che parla solo di tecnica esprime poco della sua professione. «La cucina non è un semplice elenco di ricette», spiegava Rebecca nella conferenza inaugurale, un appuntamento di rari contenuti ma anche di festa. «I cuochi che escono da questa scuola non crescono solo con le mani, ma con le idee e con la cultura». «È un corso che non chiede risultati o compitini da eseguire», aggiungeva Massimiliano Alajmo, «È la scuola che avrei voluto fare io. Cercate di essere voi stessi, il vero privilegio degli uomini liberi». «Questo corso», rafforzava suo fratello Raffaele, «è il frutto di tanti anni di lavoro e d’incontri con persone eccezionali».
Da sinistra a destra, Alfredo Chiocchetti (resident chef del Master della Cucina Italiana), Ernesto Boschiero (amministratore delegato Esac e direttore Confcommercio Vicenza), Sergio Rebecca (presidente di Esac), Massimiliano Alajmo, Mauro Defendente Febbrari e Raffaele Alajmo (comitato scientifico), Roberto Restelli (ex Michelin Italia) e uno studente del corso 2018, al ritiro del diploma
FILOSOFIA. «Con la famiglia Alajmo abbiamo condiviso le stesse battaglie, su fronti opposti (Restelli era direttore della Rossa quando Le Calandre ottennero una, due e poi tre stelle, nel 1992, nel 1996 e nel 2002, ndr). Nel corso del mio mandato, ho cercato di allargare i parametri francesi di assegnazione delle stelle, elargendo anche stelle eretiche per lo spirito dell’epoca. ‘La stella è nel piatto’, si è sempre detto, io ho cercato di andare oltre, di valutare altri fattori. Ricordo che ai primi test d’assunzione, i francesi mi chiedevano cosa c’entrasse il fatto che avessi studiato filosofia. Mi ritenevano troppo saggio per essere utile. La materia mi ha aiutato ad allargare e aprire il pensiero, gli stessi scopi che si prefigge questo Master». LA ROSSA NON È IL VANGELO. «La stella è pericolosissima per la carriera di un cuoco: ne ho visti troppi bruciarsi alla ricerca di qualcosa che, alla fine, è evanescente. Lo chef non è un dio e la guida Michelin non è il Vangelo. Quando un cuoco lavora per un fine che non sia la soddisfazione del cliente, gli si spezza il fiato, diventa ansioso e quindi trasmette disequilibrio ai piatti. Per fare bene, occorre essere in pace con se stessi, dimenticare per ricordare». IL POZZO DEGLI INGREDIENTI. «La cucina si muove sempre tra bisogno e desiderio. Come spiegava Cervantes, ‘La salsa più buona al mondo è la fame’. Ma un ristorante deve intercettare anche il desiderio: era Guy Savoy a dire che ‘La cucina è l’arte di trasformare in gioia prodotti ricchi di storia’. In modo simile, Massimiliano Alajmo ha sempre detto bene che ‘Non c’è verità se non quella degli ingredienti, che vanno trattati con rispetto e leggerezza’. Che non vuol dire che bisogna fare una cucina cosmetica di fiorellini e decorazione, derive estetiche che ricordano i giochini che si danno ai bambini per placare la fame. Bisogna ricordare che il protagonista non sei tu ma l’ingrediente, che deve potersi esprimere. Trasformare l’energia in piacere. La materia prima è un pozzo inesauribile che va esplorato fino in fondo».
Gli alunni del corso 2018 appena concluso, sesta edizione del Master. Tra gli ex allievi c'è già chi si è fatto notare con esperienze importanti. Ultimi, Matteo Mezzaro e Nicolò Agostini, al timone del ristorante La Pergola di Giancarlo Perbellini nel Bahrein
Foto di gruppo alla fine della giornata
Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
a cura di
classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. instagram @gabrielezanatt