23-08-2025

Che bontà nel ristorante dello Spezzino dove il gusto è una storia di famiglia

In Liguria, ad Ameglia, sulle rive del fiume Magra, tre generazioni della famiglia gestiscono La Lucerna di Ferro, fondata dal nonno Francesco. In cucina Paolo Sanvitale reinterpreta le ricette storiche con verve contemporanea

Ad Ameglia, in provincia di La Spezia, al confine

Ad Ameglia, in provincia di La Spezia, al confine tra Liguria e Toscana, dal 1961 c'è un ristorante affacciato sul fiume Magra

Sulle rive del fiume Magra, poco prima che le sue acque si confondano con il mare, sorge una palafitta che da decenni rappresenta un punto di riferimento per chi cerca sapori autentici e un'atmosfera senza tempo. È qui che, molti anni fa, Francesco Ferro ha dato vita a un ristorante destinato a diventare un faro di tradizione e passione per tutta la famiglia: La Lucerna di Ferro.

La sua visione è stata portata avanti dalla figlia Giusi e dal marito Valter, che hanno custodito e arricchito questo angolo di storia e cucina. Oggi sono i loro figli — Martina, Alberto e Gianmarco — a raccogliere il testimone. Con uno sguardo moderno e innovativo, guidano la gestione del locale, fondendo radici solide e nuove idee.

Sono loro a occuparsi dell'accoglienza, muovendosi tra i tavoli con naturalezza, cercando ogni giorno di far sentire il cliente davvero a casa. Hanno imparato a conoscere le persone, i gusti, le abitudini. Qualche anno fa hanno deciso di eliminare le tovaglie, ma sono stati proprio i clienti storici a farli tornare sui loro passi. «Non trovavano più la stessa armonia», raccontano. Così, le tovaglie sono tornate, come gesto di rispetto verso chi negli anni ha contribuito a rendere grande quel luogo.

Gianmarco oggi si divide tra La Lucerna e la pizzeria di famiglia, che si trova proprio di fronte. Si occupa anche della carta dei vini, con un'attenzione particolare al territorio. Martina e Alberto, invece, seguono con costanza l'attività quotidiana della sala della Lucerna di Ferro, supportati da un team giovane e affiatato e da una famiglia sempre presente. Giusi e Valter non si sono mai allontanati del tutto: lei, nelle serate più intense, è ancora alla cassa, mentre entrambi si occupano degli acquisti e della gestione generale.

Nel 2017, i tre fratelli hanno intrapreso una ristrutturazione completa: un nuovo spazio, una nuova energia. Le vetrate che si affacciano sul fiume, la terrazza che d'estate accoglie altri trenta coperti, una cucina che mantiene l'anima casalinga pur guardando al presente. Nonostante il rinnovamento, ci sono oggetti che restano al loro posto. Come le posate appartenute al nonno. «A prima vista potrebbero stonare con i tavoli e le sedie nuove, ma per noi sono un ricordo prezioso. Le teniamo con orgoglio».

Il rapporto con i clienti, soprattutto quelli abituali, si fonda su ascolto e attenzioni. «Se una persona viene spesso, anche durante la settimana, cerchiamo di preparargli qualcosa che gli piaccia davvero. Alla fine, per noi, sono preziosi». Così, accanto ai due menù degustazione — uno più classico e uno mensile, più agile e adatto all'estate — c'è sempre spazio per l'improvvisazione e per la memoria.

Durante i mesi più tranquilli, come ottobre e novembre, si fanno esperimenti, si prova, si studia. «Essendo un'azienda di famiglia, siamo molto autodidatti: impariamo sul campo». Per ora non si affidano ancora agli influencer, ma stanno valutando di farlo. Intanto, molti giovani li scoprono proprio attraverso i social.

Anche nella pizzeria si respira la stessa filosofia. Le farine sono biologiche, i salumi arrivano dalla Lunigiana. Oltre alle pizze non mancano antipasti tradizionali da condividere, per un'esperienza che resta familiare ma curata. «È vero, i nostri prezzi sono leggermente più alti, ma usiamo materie prime di qualità e ci teniamo a spiegare il perché».

In cucina, a dare forma e sapore all'identità del ristorante, c'è Paolo Sanvitale. La sua è una storia particolare: prima di diventare chef, Paolo era un ciclista. Ha lasciato il mondo dello sport per inseguire una passione ancora più viscerale — quella per la cucina — e l'ha fatto con la stessa determinazione che lo guidava sulle due ruote. Alla Lucerna di Ferro è arrivato molti anni fa, ed è qui che ha conosciuto Martina, con cui oggi condivide la vita e il lavoro.

Sin dal primo giorno, Paolo ha scelto di non imporre la propria visione, ma di ascoltare. «Io tua zia non la conosco, ma mi racconti come faceva questa cosa?» era una delle sue frasi ricorrenti, mentre cercava di replicare con rispetto le ricette di famiglia. Le zie di Martina e dei suoi fratelli — una in cucina, l'altra in sala — erano punti di riferimento: una cucinava divinamente, e Paolo, pur non riuscendo all'inizio a riprodurre perfettamente i suoi piatti, non ha mai smesso di provare, fino a ottenere una versione capace di onorare la memoria e, al tempo stesso, guardare avanti.

Tartare di tonno rosso con guacamole, pomodoro, avocado, capperi e cipolla di Tropea

Tartare di tonno rosso con guacamole, pomodoro, avocado, capperi e cipolla di Tropea

Lo stile della sua cucina è essenziale, elegante, moderno nell'aspetto ma profondo nel legame con il passato. Come nel caso della Tartare di tonno rosso con guacamole, pomodoro, avocado, capperi e cipolla di Tropea: un antipasto fresco, pulito, costruito intorno alla qualità della materia prima. Oppure nella rivisitazione del Cappon magro, piatto ligure per eccellenza, dove orata, calamari e gamberi incontrano zucchine, carote, salsa verde e un uovo di quaglia, che richiama quello sodo con cui le nonne legavano tutto.

Cappon magro

Cappon magro

I Bottoni carbonari rappresentano il piatto simbolo della casa: una pasta fresca ripiena di crema alla carbonara, servita su crudo di gambero rosso e polvere di prosciutto crudo. È talmente rappresentativa del ristorante che, quando è stata tolta per un breve periodo — a causa della difficoltà nel reperire gamberi rossi di qualità — i clienti non hanno smesso di chiederla. «È sempre stata in carta - raccontano - fa parte di noi».

Bottoni carbonari

Bottoni carbonari

Come secondo, il Tonno alla Wellington: tonno pinna gialla in crosta di pasta sfoglia, con olive taggiasche, prosciutto crudo, carote e una riduzione al Porto. Un gioco di consistenze e sapori che mette in scena il mare e la terra con equilibrio. Si chiude con un dolce che è più un ricordo che un dessert: Frutta spadellata con gelato alla crema, per tornare indietro nel tempo e concludere la cena con la semplicità che ha il profumo delle case di una volta.

«Il nome Lucerna lo scelse nostro nonno: voleva che fosse una luce in mezzo al mare. Oggi che lui non c'è più, quella luce è diventata la nostra direzione. Vogliamo che il ristorante cresca, che sia conosciuto anche fuori dalla nostra regione, ma soprattutto che resti un posto dove le persone si sentano a casa. Perché non basta avere una bella vista o una buona cucina: ciò che conta davvero è il legame che si crea. Questo è ciò che ci hanno insegnato i nostri genitori, ed è l'eredità più grande che ci ha lasciato lui. Ha fatto tanto. Noi vogliamo fare ancora di più».


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

Roberta Ciriolo

di

Roberta Ciriolo

tra libri di letteratura e ristoranti, intreccia le sue passioni scrivendo storie di persone per Identità Golose. Bergamasca, classe ‘97, quasi laureata in Lettere, con un patentino da giornalista pubblicista, ha passato otto anni lavorando tra le sale di ristoranti stellati e non. L’unica religione che professa? L’enogastronomia!

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