07-06-2025

Al Balin di Sestri Levante, dove la Liguria incontra l’Asia

Sara Capellini applica le tecniche apprese nei ristoranti nordici per creare un menu che cambia quotidianamente, lavorando con intelligenza e sensibilità sulle note piccanti

Sara Capellini e Federico Casaretto, le due anime

Sara Capellini e Federico Casaretto, le due anime di Balin

C'è un punto, a Sestri Levante, dove la Liguria si concede una pausa e smette di essere solo cartolina. Una piazza davanti al mare, antica zona di pescatori e di reti stese ad asciugare, oggi teatro di sapori inaspettati. Qui, dove una volta i bambini inseguivano i palloni che s'incastravano tra i tramagli e le imprecazioni della gente di mare, ora c'è Balin. Non un nome scelto, ma ereditato. Un soprannome nato tra le risate e i rimproveri: «Ti ê un balin», sei un combinaguai. E mai parola fu più adatta a raccontare ciò che accade dentro a queste mura.

Sara Capellini e Federico Casaretto, 34 e 37 anni, sono prima una coppia nella vita, ma è solo nel 2022 che le loro anime si incrociano tra pentole e bottiglie per amalgamarsi in un progetto condiviso: Balin.

Kimchi kakiage

Kimchi kakiage

Acciuga, pan brioche, salsa rossa

Acciuga, pan brioche, salsa rossa

Sara era geometra, poi un breve flirt con Architettura e da lì la virata secca e decisa: più padelle che compassi, più carne viva che progetti e sezioni. Dietro questo cambio, però, c'è un imprinting domestico che profuma di intimità vera: una madre toscana e un padre lombardo, una casa dove si parlava con la bocca piena di affetto e convivialità. Il cibo, per lei, è sempre stato sottotesto emotivo, non coreografia, ma onesta espressione.

La sua traiettoria sembra quella di una rondine migratrice: ristorante Capo Nord a Santa Margherita Ligure, Bottega Nazionale a Chiavari, poi il grande salto in quel Nord che ti gela la pelle e ti accende l'anima. Merito di un passaparola da favola – l'amica dell'amica dell'amica che lavorava al Noma – ed eccola, Sara, nel sancta sanctorum della gastronomia danese. Ma il 108, fratellino del Noma, è troppo un softcore di pinzette e levigature: lei cerca altro. Più fuoco che cesello.

Calamaretto bbq on toast, lardo e finocchietto selvatico

Calamaretto bbq on toast, lardo e finocchietto selvatico

Tonno, Culatello, salsa wafu, cipollotto

Tonno, Culatello, salsa wafu, cipollotto

Così approda al Fiskebaren, mare aperto di pesce e umanità, poi al Tigermom, dove l'incontro con Lisa Lov (già spalla di Christian Puglisi) diventa un vero turning point. È lì che Sara completa il suo PhD in speziologia e piccantesimo emotivo. Dove la bocca prende fuoco ma l'anima resta vigile, dove ha imparato che la piccantezza non è solo una questione di intensità, ma di identità. «Può bruciare, ma sentirai tutto, lasciati abbracciare»: questo è il suo manifesto. Da Tigermom impara che un contesto azzeccato può formarti più di qualsiasi scuola. E che il carattere, se lo lasci uscire, può cambiare la grammatica di una cucina.

Federico, invece, è l'anima liquida del progetto. Dentro Balin dal 2017, lo rileva con lo stesso istinto con cui si sceglie un vino naturale: di pancia, ma con rispetto. La sua carta dei vini è un organismo vivente, una playlist in divenire. Non troppo comfort, non è questo il luogo, spesso ti toccherà cambiare idea su cosa bere: quello che volevi non c'è più, ma quello che ti propone lui sarà ancora meglio. È una filosofia da marea, da improvvisazione jazz: lasciarsi portare e fidarsi del ritmo.

Insieme, Sara e Federico sono un equilibrio raro: lei è la nota che punge e consola, lui il contrappunto che rilancia. Balin, oggi, è la loro sintesi: un ristorante dove la fiamma non è solo calore, ma linguaggio.

Gambero, vinaigrette affumicata, chutney di tamarindo, kumquat

Gambero, vinaigrette affumicata, chutney di tamarindo, kumquat

Insalata al bbq di carciofi e brassicacee, cozze, olandese al miso rosso e furikake al berbere

Insalata al bbq di carciofi e brassicacee, cozze, olandese al miso rosso e furikake al berbere

Leggere il menù di Balin senza conoscere la loro storia è come ascoltare un disco al contrario: qualcosa ti arriva, ma non capisci il messaggio. Sembra un crash tra Asia e Liguria, Nord e Sud, street food e comfort food. Poi assaggi, ed è come entrare in pista per la prima volta: due spintoni, un po' di confusione, ma poi inizi a ballare – e non vuoi più uscire.

Il piccante, qui, non è un'aggressione. È una lingua nuova, una grammatica del trigemino, che Sara Capellini ti insegna senza alzare la voce. Il nervo vibra come il Mi cantino di un violino e la musica parte e ti prende per mano come un maestro di tango: ti spinge al limite, poi ti sorprende con una giravolta dolce, ma senza mai perdere l'impulso. Quando pensi sia troppo, lei non rallenta: cambia direzione per guidarti in un crescendo che non cerca consensi, ma rivelazioni.

La cucina di Sara è improvvisazione strutturata, freestyle addomesticato. Il menù cambia, si adatta, si reinventa sulla base degli ingredienti del giorno, ma non c'è mai improvvisazione vuota: ogni piatto è una coreografia pensata, uno standard jazzistico che suona nuovo ogni sera. Non è assenza di ricetta, è presenza di metodo.

Raviolino di Palamita affumicata in dashi di funghi shiitake e trombette da morto, salsa matcha e maggiorana

Raviolino di Palamita affumicata in dashi di funghi shiitake e trombette da morto, salsa matcha e maggiorana

Razza, fave e piselli, salsa di asparagi bianchi fermentati, burro noisette al curry bretone

Razza, fave e piselli, salsa di asparagi bianchi fermentati, burro noisette al curry bretone

Prendi quel Raviolino di palamita affumicata in dashi di funghi: ti mette in bocca il bosco e il mare insieme, con una gentilezza che brucia e ti rimette al mondo. O il Moo ping di mora romagnola: grasso elegante, slancio orientale, la salsa yukhoe che è carezza e schiaffo, una poesia che tira pugni.

E mentre ancora stai cercando di capire se ti sei innamorato o stai sudando, ecco la Granita agli agrumi: una doccia gelata dopo un allenamento al limite. Un colpo di teatro. Poi il dessert – cioccolato, oliva taggiasca e vaniglia all'olio d'oliva – che chiude tutto con la grazia di chi sa che l'amaro non è una resa, ma un arrivederci profondo.

Moo ping di mora romagnola, gamtae, costetto e salsa yukhoe

Moo ping di mora romagnola, gamtae, costetto e salsa yukhoe

Il servizio? Un incrocio tra tapas spagnole, rigore nordico e anarchia ligure. Piattini, condivisioni, ritmo. Due bocconi, a volte uno, poi via. Come certi flirt estivi: brevi ma intensi, indimenticabili. Perché Balin è un antidoto alla noia. Una cucina che non cerca consensi, ma adesioni viscerali.

C'è un dettaglio, tra tutti, che forse racconta Balin più di ogni piatto: il modo in cui scandisce l'incedere del tempo. Non è solo questione di ritmo in cucina, di tempi di servizio o durata del pasto. È che qui il tempo si dilata, si spezza, si ricompone in un'architettura emotiva. Seduto al tavolo, puoi passare da un morso nostalgico a uno che ti catapulta nel futuro, come se ogni sapore fosse una finestra su un altrove.

Granita di Agrumi, nepetella e rosmarino

Granita di Agrumi, nepetella e rosmarino

Cioccolato, oliva taggiasca e gelato alla vaniglia e olio d’oliva

Cioccolato, oliva taggiasca e gelato alla vaniglia e olio d’oliva

E nel frattempo, intorno a te, la piazza continua a vivere: i bambini corrono, le reti non ci sono più ma l'eco delle urla sembra resistere. Balin ti assorbe come un buon romanzo letto d'un fiato, con la differenza che qui, quando arrivi in fondo, hai le mani unte e la bocca che cerca un altro bacio piccante.

E forse è proprio questo il bello: che da Balin la partita non finisce mai davvero; laddove le regole cambiano il palato, e anche un po' la testa, la partita non premia chi vince, ma solo chi sa divertirsi sul serio. E allora il consiglio è: siate monelli, dite di sì ai fuori menù, ai fuori rotta, ai fuori scala e ai fuori standard.


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

Giorgio Minestrini

di

Giorgio Minestrini

Gli odori sono emozioni enogastronomiche: annuso tutto, orgogliosamente, dal 1983. Quando non sono seduto a tavola faccio il papà e l'ingegnere

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