Serralunga d’Alba nel cuore e non solo. Sergio Germano è uno di quei viticoltori profondamente legati al territorio, e in questo caso non si tratta di un semplice “slogan” utilizzato da molte cantine per promuovere il proprio prodotto.
Serralunga d’Alba è uno dei paesi delle Langhe da Barolo, con poco più di 500 abitanti, dove si concentrano alcune tra le migliori vigne di Nebbiolo: da sempre la famiglia Germano porta avanti la tradizione contadina, cercando di trasformarla in grandi vini di territorio.

La cantina di Serralunga d'Alba e il vigneto Prapò
Sergio Germano, classe 1965, lo ha sempre detto e ripetuto, rinnovando il proprio legame con la terra: «Prima di tutto siamo contadini».
Le vigne di Nebbiolo per il Barolo sono tutte nel territorio di Serralunga d’Alba, area conosciuta per la produzione di vini profondi e longevi, magari più difficili da “addomesticare” nei primi anni di vita, ma che restituiscono nel tempo una grande eleganza e complessità.

Sergio, Maria, Elena ed Elia Germano
La bravura di
Sergio Germano, che in azienda è affiancato dall’inseparabile e insostituibile moglie
Elena e dagli emergenti figli
Elia e
Maria, è quella di riuscire a valorizzare l’incredibile patrimonio delle vigne di Serralunga d’Alba, a partire dal lavoro tra i filari, fino ad arrivare in cantina, realizzando vini estremamente identitari e territoriali. Come detto, i vini di questa zona si esprimono soprattutto nel tempo che diventa non un nemico, bensì un alleato. Nel caso delle bottiglie di
Sergio Germano, la forza sta nel presentare sempre vini che hanno una piacevolezza immediata, senza snaturarli, mantenendo integro il potenziale di affinamento per una grandissima longevità.
La dimostrazione arriva proprio dalle bottiglie attualmente in commercio: impressiona proprio per piacevolezza e bevibilità il Barolo del Comune di Serralunga 2018, dove l’ampio bouquet aromatico spazia dalle classiche note floreali fino a quella balsamicità che caratterizza tutti i vini che arrivano dalle vigne di Serralunga d’Alba. Una sorta di firma del territorio.
Passando ai Cru, o meglio alle singole vigne delle
Mga (
Menzioni geografiche aggiuntive), il
Prapò 2018, con affinamento di due anni in botti grandi, rappresenta un’espressione piuttosto classica del
Barolo di Serralunga: struttura e tannini importanti, che però lasciano una buona sensazione finale, con una notevole finezza. Al naso frutti rossi e speziatura, che però lasciano l’idea che questo vino abbia ancora bisogno di tempo per esprimersi al meglio. La dimostrazione, in realtà, arriva dall’assaggio di annate meno recenti, dove in effetti tutti i
Barolo della cantina
Ettore Germano si “distendono”, e quel potenziale più volte dichiarato in precedenza si esprime sempre al meglio.
Discorso analogo per il Cerretta, sempre 2018: in questo caso il vino ha un affinamento diverso, utilizzando legni più piccoli. La grande differenza, però, la fanno i vigneti: il Cerretta è un vino dalla grande eleganza, che da giovane si traduce nell’essere un po’ più introverso, meno esuberante al naso. Come detto, il grande alleato di Sergio Germano è il tempo, che permette a questi vini di ampliare il loro spettro.

Le differenze dei terroir nei vari Cru di Barolo prodotti dall'azienda Ettore Germano
L’ultimo arrivato nella “famiglia” dei
Barolo Germano, è il
Vignarionda, che prende il nome dall’omonima vigna, dove c’è stato un attento lavoro di reimpianto: si tratta quindi di vigne ancora abbastanza giovani, di una decina di anni. Ma il Cru è sicuramente uno dei più acclamati, riuscendo a conferire ai vini una grande ricchezza e profondità, dove una leggera percentuale di sabbia nel terreno riesce a portare anche un’ottima finezza. Il Vignarionda 2017, nonostante l’annata piuttosto siccitosa, riesce a stupire proprio per l’eleganza e la freschezza.
La panoramica sui Barolo si chiude con la Riserva Lazzarito 2016. Senza soffermarci troppo sugli affinamenti, vogliamo concentrarci sul fatto che si tratta di una vigna vecchia, con un’età media dei vigneti addirittura di 90 anni, e che anche nelle annate calde riesce a trovare un grande equilibrio e completezza. Anche qui si ripete il discorso che vale per tutti i Barolo della cantina Ettore Germano: il tempo è un prezioso alleato.

Barbera, Nebbiolo, Barolo Cerretta e Barolo Riserva Lazzarito
Ma se le radici sono ben piantate a Serralunga, la voglia di sperimentare di
Sergio Germano non si è mai fermata. Più che sperimentare, è la voglia di mettersi alla prova, di realizzare dei propri sogni, di nutrire le proprie passioni, senza preoccuparsi troppo di quello che pensavano gli altri.
Così c’è una “seconda anima” dell’azienda Ettore Germano, che si trova in quel di Cigliè, nell’Alta Langa. Qui Sergio ha potuto portare avanti la sua passione per i vini bianchi, in particolare per il Riesling, senza contare il progetto legato alla rinascita della Nascetta. Inoltre è stato uno dei primi a credere nel progetto delle bollicine, con l’Alta Langa appunto, che negli ultimi anni sta trovando grande apprezzamento nel mondo del vino italiano. E in cantina c’è sempre qualche sperimentazione, test.

La passione di Sergio Germano anche per i bianchi, in particolare per il Riesling e per la ritrovata Nascetta
In totale, ora, l’azienda
Ettore Germano ha una quindicina di referenze. Forse troppe per un’azienda da una ventina di ettari? «Così d’acchito può essere un’osservazione più che plausibile – racconta
Sergio Germano - però c’è un discorso a monte. Siamo nati con tre vini, ma c’è anche una mia passione, quella di misurarmi, di provare, di voglia di fare. E lo abbiamo fatto in tempi non sospetti, non mi sono mai buttato su un treno che viaggiava, ho sempre provato a fare qualcosa da “giocare” seriamente, provando qualcosa che mi prendeva veramente. Fare un vino bianco per l’epoca era inconsueto: io avevo 18 anni quando ho pensato di provare un bianco, ho provato il Riesling perché mi è piaciuto tantissimo quanto ho assaggiato quelli tedeschi e austriaci, e ho provato a fare questo. Il sogno dello spumante c’era già ai tempi della scuola, nel 1983. Coltivare in Alta Langa
Chardonnay e
Riesling mi ha permesso di provare che da questa intuizione ci poteva essere un potenziale di qualità e di espressività dei vitigni bianchi in altitudine, in quota, con i terreni pietrosi, e dall’altra parte il mio sogno di fare uno spumante si è concretizzato con questa denominazione dell’
Alta Langa, che è un’espressione di territorio. E io mi considero un uomo di territorio».

Maria, Elena, Sergio ed Elia con il loro Alta Langa
Alta Langa che è prodotto in tre versioni. L’
Alta Langa Extra Brut 2018, con una maggioranza di Pinot Nero “arrotondata” da una percentuale di Chardonnay, è l’espressione più giovane e immediata, ma sempre con caratteristiche di grande verticalità e sapidità. Una sapidità che è ancora più spiccata nell’
Alta Langa Riserva Blanc de Noir Pas Dosé 2015, che permane 65 mesi sui lieviti prima del degorgement: il
Pinot Nero in purezza, coltivato a questi 600 metri, mostra tutte le sue caratteristiche. Potenza, acidità, sapidità e lunghezza sono le armi vincenti di questa bollicina, soprattutto in abbinamento al cibo.
L’ultimo arrivato, presentato da pochi mesi, è l’Alta Langa Riserva Blanc de Blanc Pas Dosé 2015, sempre 65 mesi sui lieviti, ma Chardonnay in purezza. Mai sottovalutare lo Chardonnay: la bravura, in questo caso, è quella di riuscire a evitare un eccesso di intensità sui frutti gialli, per esaltare invece la complessità. E il risultato è notevole.

Sergio Germano in vigna con la cagnolina Grumy
«Faccio troppi vini rapportati alla dimensione dell’azienda? Ci sta, perché io produco circa 180mila bottiglie annue, con 15 etichette – conclude
Sergio Germano – Il mio “gioco” è quello di provare a fare qualcosa che mi stimoli, che mi piaccia. Speriamo che chi assaggia i nostri vini abbia voglia “di sacrificarsi” e provarli tutti, e magari può dirci che ne trova almeno uno che gli piaccia. Poi i gusti sono personali. Io voglio solo rappresentare qualcosa che abbiamo in mente, nel mio caso ho dei modelli che mi piacciono di vini che assaggio nel mondo e cerco di misurarmi nel provare a interpretarli, ovviamente senza dimenticare che ci deve essere il nostro territorio di mezzo».
A questo punto non rimane che assaggiare.