15-01-2017
Michele e Massimo Alois, padre e figlio: sono i protagonisti di questa vicenda che incrocia dinastie, industria tessile, territorio e vitivinicoltura. Con un esito felice...
«Tutto nasce dal Casavecchia» ci spiega Massimo Alois mentre siamo seduti sotto il porticato di quell’antica casa rurale borbonica, prima cadente e poi ristrutturata con cura nel 2004, cuore dell’azienda vitivinicola che suo padre Michele racconta divertito di aver creato un po’ per caso e un po’ per noia, «invecchiavo, ho pensato a qualcosa da fare quando sarei andato in “pensione”. Ho smesso di occuparmi della seta perché 45 anni di attività tessile, stando seduto dietro alla scrivania, è un po’ dura». E qui occorre un passo indietro: e delineare brevemente la storia degli Alois, famiglia di origine spagnola nonché dinastia imprenditoriale da quando l’avo Francesco rilevò gli impianti di San Leucio alle porte di Caserta, ossia un “Real Sito, una Colonia d'Artisti stabilita nel 1789 dall'augusto Ferdinando (di Borbone, regnante a Napoli, ndr) per promuovere fra noi la manifattura della seta emulando in così nobile impegno il famoso Ferdinando I d'Aragona, il quale molto si adoperò ad introdurre nel regno di Napoli questa sorta di lavoro”, scriveva Ferdinando Patturelli nel 1826.
Una vite di Casavecchia
Gli Alois, divenuti concessionari tutto questo, sono stati e sono tuttora, con un ramo della famiglia, i protagonisti di una storia quasi fuori dal tempo: gli splendidi tessuti di San Leucio arredano alcune tra le più famose residenze storiche e di prestigio del mondo, dal Palazzo del Quirinale al Cremlino, dalla Casa Bianca al Vaticano.
La riscossa è stata targata proprio Alois: «Negli anni Novanta impiantammo un primo vigneto sperimentale» qui alle pendici dei Monti Caiatini, in uno splendido altopiano che si estende su una superficie di 8 ettari, spiega Massimo Alois. Viti di Casavecchia, ma anche di Pallagrello Bianco e Rosso, altre uve autoctone snobbate. E’ stata una sorta di recupero filologico, «all’inizio pensato solo per il consumo familiare» ma che ha dato origine a un’azienda che oggi produce 120mila bottiglie a marchio Alois, che nascono nei vigneti di Pontelatone e dintorni, e altre 250mila con altri marchi (come Strangola Galli), destinate perlopiù alla grande distribuzione (dal 2008 è una delle dieci aziende fornitrici di Esselunga con brand esclusivo) e per il 70% all’esportazione in Usa, Germania, Uk e Giappone, con uve acquistate sempre nel Casertano, ma anche nel Beneventano. La famiglia possiede, oltre agli 8 ettari del sito principale, altri 12 nell’area.
La bottaia
Il salto di qualità per gli Alois è arrivato all’inizio degli anni Duemila, oggi le loro bottiglie conquistano onori su onori: per il Trebulanum, ad esempio, 100% uve Casavecchia provenienti dalla Vigna del Cesone, a Pontelatone, e che può essere definito un “single vineyard”; o per il Caiatì, a base di Pallagrello Bianco da uve della vigna Morrone della Monica, ai piedi del monte Friento… Viticoltura antica, dimenticata, recuperata, premiata: una bella vicenda italiana.
Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo
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classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera