Se il claim della cantina Moser si fonde su tre parole - vignaioli, trentini, eroici - i loro progetti sono molto articolati con l’obiettivo massimo di produrre dei vini autentici.
Nel 1979 nasce il progetto della Cantina Moser proprio dal campione del ciclismo Francesco e da suo fratello Diego, entrambi cresciuti in Valle di Cembra con un dna trentino tradizionalista: vignaioli, sportivi e attenti alla viticoltura eroica con il massimo rispetto del passato.
Dal 2011 Carlo e Matteo, rispettivamente figlio e nipote del campione mondiale Francesco Moser, entrano in azienda e iniziano il loro percorso fatto di sacrifici, nuove idee, strategie produttive e commerciali. A volte portare un cognome blasonato può essere un vantaggio, ma indubbiamente i giovani Moser hanno forgiato i rispettivi talenti con tenacia e visione senza mai farsi abbattere da pregiudizi o commenti ingenerosi.

I cugini Moser, Matteo e Carlo
La produzione di bollicine di montagna e vini fermi li colloca tra i produttori “contemporanei” di quella porzione di regione pur avendo un rispetto sacrale del passato. «Il mio obiettivo – chiosa Matteo Moser, enologo della Cantina - è quello di fare un vino che faccia emergere la nostra identità. Il più grande complimento che possiamo ricevere è di arrivare a una degustazione e capire che l’assaggiatore ha apprezzato il nostro stile, che lavora ogni giorno per esaltare il nostro Trentino».
Carlo mette a frutto la sua esperienza all’estero e si occupa di marketing e commerciale: «Nel 1988, quando la mia famiglia ha acquistato il Maso Warth - afferma Carlo -, un’antica tenuta vescovile posta sulle colline attorno a Trento - oggi la nostra cantina - abbiamo iniziato a capire cosa voler fare da grandi. Qui il microclima, influenzato dall’Ora del Garda, crea condizioni ideali per le varietà di Chardonnay e Pinot Nero, ma anche per Moscato Giallo, Gewurztraminer e Riesling Renano».

Vista sul Maso Warth, la cantina della famiglia Moser
Un progetto che racchiude la visione enoica di Matteo Moser: vini complessi dalla freschezza imponente, intensità del frutto e piacevolezza di beva. La linea Warth chiusa con il tappo a vite si compone di vini bianchi come il Gewurztraminer, il Moscato Giallo, il Müller Thurgau, il Riesling Renano oltre il Sauvignon Blanc, mentre per i rossi Rubro, Teroldego e Lagrein, per ora tappati in sughero.

La linea Warth è dedicata ai vini fermi ottenuti da uve provenienti dai vigneti di Maso Warth e dalla Valle di Cembra. Come afferma Matteo Moser: «I nostri vini fermi sono frutto di un lavoro che parte dalla vigna e dalla volontà di fare un vino di territorio. Ecco giustificata la nascita di Rubro, un Teroldego prodotto solo nelle annate climaticamente favorevoli con uve provenienti dalle colline di Sorni, una porzione di terra vocata per le varietà a bacca rossa. Le tecniche di vinificazione che adotto per tutta la linea Warth è intrisa della pazienza che un grande vignaiolo deve avere con la natura. Osservare il tempo e affidarsi all’esperienza, vendemmia dopo vendemmia, come stiamo facendo noi».

Interessanti le etichette che hanno espresse la creatività dell’artista trentino Paolo Tait. Una storica collaborazione, nata da un'amicizia ventennale tra la famiglia Moser e l'artista: elementi della vita rurale, strumenti di lavoro e animali sono impresse nelle etichette di Riesling Renano, Sauvignon Blanc e Rubro. I vini sono all’unisono freschi, immediati e con una ricerca del frutto messo in risalto in ogni espressione. Ci ha colpito molto il Moscato Giallo, teso, intenso e dalla versatilità di abbinamento incredibile.
La novità presentata al Ceresio 7 di Milano è stata l’etichetta dedicata al Sauvignon Blanc, un bianco sapido e bilanciato sull’esaltazione della foglia di pomodoro, nota vegetale equilibrata e mai troppo invadente. Tornando al Rubro, il Teroldego è frutto di una selezione maniacale di vigne situate a circa 300 metri sul livello del mare. Ce lo racconta Moser: «Per il Rubro facciamo un passaggio di due anni in barrique e poi a seguire un anno in bottiglia. Un passaggio necessario per affinare la complessità di questo vino e renderlo longevo». Una sfida ben riuscita dei cugini Moser di abbinarlo a una pietanza di pesce servendolo a una temperatura più bassa migliorando il percepito di frutto, in balance con l’acidità.