«Prima era un sogno, ora osserviamo i risultati ottenuti».
Il sogno è quello di Georg Weber, che negli anni Duemila ha voluto puntare tutto su un territorio ancora poco conosciuto, nella Maremma della Costa d’Argento, tra Capalbio e il mare, ma che poi nel tempo gli avrebbe restituito grandi soddisfazioni.

Una carrellata dei vini di Monteverro
A Milano, qualche settimana fa, c’è stata una piacevole occasione per ripercorrere questa ventina d’anni di lavoro, che ha portato
Monteverro a importanti traguardi, grazie proprio alla visione di
George Weber, unita alle competenze, tra gli altri, dell’enologo
Matthieu Taunay e dell’agronomo
Simone Salamone.
«Questa è la Maremma di cui mio marito si è innamorato» racconta con passione Julia Weber. «Questa è la nostra storia: ci ha spinto la passione per il vino. Dopo gli studi di Management a Losanna, Georg ha deciso di fondare Monteverro, il suo sogno, dove adesso abbiamo 70 ettari di tenuta ai piedi del bordo di Capalbio».

Julia Weber racconta la storia di Monteverro
Ma la sua intenzione non era quella di fare il semplice “investitore”, acquistando terreni e vigneti senza seguire la produzione. La sfida era molto più importante. «Non voleva scendere a compromessi – racconta
Julia Weber – e investire in una zona non rinomata. L’importante era il vigneto: un amico enologo gli ha indicato Capalbio, e lui si è innamorato, intuendo il potenziale dell’area. I segnali erano la vicinanza al mare, la natura incontaminata e selvatica, il terreno color rosso… Le successive analisi hanno poi confermato la validità del terroir».
Puntano in alto: «Voleva essere tra i migliori – racconta ancora Julia - Nel 2004 abbiamo piantato le viti sui primi 15 ettari, dove non c’era nulla. Ora abbiamo 40 ettari vitati. Nel 2008 abbiamo completato la costruzione della cantina e poi c’è stata la prima vendemmia». La prevalenza è legata a vitigni internazionali, in particolare Chardonnay, Cabernet Sauvignon, Merlot e Syrah. Ma il futuro potrebbe regalare qualche interessante novità.
Il viaggio nel mondo di
Monteverro passa anche dall’assaggio dei vini, a partire dallo
Chardonnay, varietà molto amata da
Georg Weber: come spiegato dall’agronomo
Simone Salamone, l’annata 2022 non è stata particolarmente fresca, «ma c’è stato uno sforzo enorme per tenere l’acidità». Obiettivo raggiunto: si tratta di un vino particolarmente adatto ai vari abbinamenti gastronomici, grazie proprio al mantenimento dell’acidità e a una buona struttura.
«Il Tinata, invece, è un omaggio a mia suocera Tina – racconta con il suo immancabile sorriso Julia – Anche lei era appassionata di vino, in particolare del Rodano. Il Tinata è un vino molto particolare, dal carattere mediterraneo, realizzato con il 70% di Syrah e il 30% di Grenache». Vinificazione in parcelle separate, poi affinamento in barriques (nuove per il 30%) e cemento, prima di un periodo in bottiglia. L’annata 2019 mostra un carattere deciso, netto, dove al naso frutta e spezia se la giocano alla pari. «La 2011 è stata un’annata simile – spiega Salamone – dove è stata fondamentale la tempestività di intervento in vigneto». Così il vino sorprende ancora per freschezza, ma soprattutto per complessità ed equilibrio.

Una bella immagine del Tinata
Il
Monteverro è invece la punta di diamante della produzione. «Cerchiamo con questo vino di avere un grande potenziale di invecchiamento – spiega
Julia Weber – mostrano la qualità del vino e del vigneto da cui proviene. Vogliamo avere meno potenza, ma aromi che mostrano al meglio il nostro terroir. Da giovane è simile a un tessuto di cotone, mentre quando invecchia diventa come la seta».
Un bel paragone, che trova corrispondenza anche negli assaggi. Il Monteverro è realizzato con il 45% di Cabernet Sauvignon, 40% di Cabernet Franc e poi Merlot e Petit Verdot a completare. Il vino viene lasciato affinare in barriques per 24 mesi, prima di un periodo di riposo in bottiglia.

Alcuni dei vini assaggiati durante la degustazione
Il 2011 è un vino dalla grande profondità e ancora da frutto ampio. «In questo caso c’era una percentuale leggermente maggiore di
Merlot» confida ancora l’agronomo
Salamone. Ma si tratta di un vino di grande eleganza, ampio ma non invadente al naso, con anche dei tocchi balsamici, e in bocca equilibrato e lungo.
La 2019 è un’annata che si mostra vivace, con qualche spigolo da arrotondare, ma che mostra tutto il potenziale di questo vino. Vino dalla grande piacevolezza e, soprattutto, dalle grandi capacità di abbinamento con il cibo, come dimostrato nell’incontro alla Langosteria Bistrot di Milano.
La chiusura è spettata a una piacevole sorpresa, in anteprima: il Monteverro 2021. Si tratta di un vino che ha davvero un potenziale esplosivo, e che ora mostra i suoi “difetti” di gioventù. Ma sappiamo aspettare…