09-02-2022

Monteverro, la Maremma nei "gemelli diversi" Chardonnay e Tinata

I due vini nati nel 2008 abbinati agli stessi piatti. L'enologo Taunay: «Cerchiamo equilibrio tra suolo, pianta, clima e vino»

Matthieu Taunay, enologo francese originario della

Matthieu Taunay, enologo francese originario della Loira, è arrivato nel 2008 a Monteverro, seguendone i vini dalla loro prima uscita

Chissà cosa avrà pensato realmente Matthieu Taunay quando nel 2008, a 26 anni, è stato catapultato nella realtà di Capalbio, in quella Maremma che lui stesso ha definito “amara”, rustica e incontaminata.

A lui, giovane enologo, sono state affidate da Julia e Georg Weber le redini di Monteverro, con un progetto preciso e ambizioso: puntare in alto, in Toscana, non con il Sangiovese ma con i vitigni internazionali.

Monteverro si trova a Capalbio, nella Maremma

Monteverro si trova a Capalbio, nella Maremma

Detta in questi termini, sembra l’inizio di un’avventura alla Indiana Jones, alla scoperta di un mondo quasi inesplorato per il vino. E Taunay, proprio come Indiana Jones, alla fine ha scoperto un tesoro, che si chiama Monteverro.

«Ci troviamo a Capalbio, nel sud della Toscana, al confine con il Lazio, a due chilometri dal mare, tanto che la collina di Monterverro si affaccia sulla costa – racconta l’enologo durante una cena al Bulgari di Milano - Siamo nella Maremma “amara”, una Maremma un po’ rustica e incontaminata, che per noi però è proprio una fortuna.  Grazie a questo ambiente incontaminato è stato più facile il passaggio verso l’agricoltura biologica. Attorno ci sono grandi diversità agricole, anche a livello di paesaggi e di foreste, che ci aiutano moltissimo per creare un ambiente propizio».

La barricaia di Monteverro

La barricaia di Monteverro

Il segreto di Matthieu Taunay, in realtà, è semplice: «Tutto il lavoro che facciamo è trovare un equilibrio tra suolo, pianta, clima e il vino che cerchiamo di fare».

Nascono così i vini aziendali: il Monteverro, che è il vino di punta, e il suo cugino, il Terra di Monteverro, che alla francese potrebbe essere definito un second vin. Poi ci sono il Vermentino in purezza e il Verruzzo, che è l’assemblaggio delle varietà rosse presenti in azienda. Infine ci sono i “fratellini”, due vini nati proprio nel 2008 con la prima produzione di Monteverro, e che hanno seguito un percorso parallelo: lo Chardonnay e il Tinata, quest’ultimo un uvaggio di Syrah e Grenache.

L'enologo Matthieu Taunay durante un batonnage

L'enologo Matthieu Taunay durante un batonnage

«L’azienda è nata nel 2003 – spiega TaunayGeorg Weber ha iniziato questa impresa comprando 50 ettari e impiantando i primi 15 ettari di vigneto nel 2004, 2005 e 2006. Il progetto è sempre stato ben definito dall’inizio, con l’idea di fare soprattutto Tinata, Chardonnay, Monteverro e Terra di Monteverro, che sono il cuore dell’azienda. All’inizio non è stato tutto perfetto, sicuramente c’è stata un’evoluzione: dovevamo comprendere cosa ci permetteva di fare la natura. E negli ultimi due e tre anni abbiamo trovato quell’equilibrio tra suolo, pianta, clima e vino che volevamo».

«Sono arrivato con un vigneto giovanissimo e un’agricoltura non biologica, ma a regime convenzionale – ricorda l’enologo - I primi due anni mi sono dovuto concentrare sulla cantina, sull’uva che arrivava in vendemmia, per poi spostarmi pian piano nella parte vigna. Dopo esser sicuro che in cantina si faceva qualcosa di buono, dal 2010 mi sono veramente lanciato nella vigna, sulla viticoltura, sull’agronomia, partendo dai suoli. L’obiettivo era mettere la vite in equilibrio con il clima».

Lo Chardonnay, una delle perle dell'azienda

Lo Chardonnay, una delle perle dell'azienda

Lo Chardonnay rappresenta la sfida globale, con il mondo. Monteverro ha interpretato questo vitigno con uno stile più “francese”, ma mantenendo l’identità della Maremma nel bicchiere, soprattutto per quanto riguarda la sapidità e i sentori iodati che legano questo vino alla vicinanza con il mare.

Un mare che influisce anche per quanto riguarda il Tinata. «La scelta del Grenache non è cascata dalle nuvole – spiega Tanay – perché comunque è una varietà mediterranea, come anche il Cannonau della Sardegna, per fare un esempio. Il Syrah, invece, in un clima così caldo, come può essere anche quello dell’Australia, per fare un esempio, è un po’ “monolitico”, anche pesante e dolciastro, se utilizzato in monovarietale. Il Grenache serviva a dare un aspetto più floreale e complesso. Senza Grenache sarebbe impossibile fare Tinata. Siamo partiti con 20-30%, gli ultimi quattro anni siamo su 35-40% di Grenache».

Tinata è l'unione tra Syrah e Grenache

Tinata è l'unione tra Syrah e Grenache

Il gioco è stato quello di mettere questi due “gemelli diversi”, bianco e rosso, che oltretutto hanno lo stesso tempo di affinamento in legno (16 mesi), in abbinamento sullo stesso piatto, con annate differenti. Così con gli scampi arrosto sono stati serviti Chardonnay 2016 e Tinata 2013: se lo Chardonnay partiva avvantaggiato, anche per l’annata particolarmente equilibrata, il Tinata non ha affatto sfigurato, con il legno ben integrato e con le note floreali ancora ben presenti. Con i mezzi paccheri alla marinara, invece, si sono sfidati lo Chardonnay 2014, figlio di un’annata piovosa, fredda e difficile, e il Tinata 2010, che invece ha avuto una maturazione nettamente più equilibrata e omogenea. Lo Chardonnay forse era un po’ meno preciso degli altri, ma sicuramente aveva note di erbe aromatiche molto particolari. La maturità del Tinata, invece, lo portava a essere a 12 anni dalla vendemmia un grande vino, dall’ottima bevilibità e dalla grande complessità.

Verza e patate è il piatto che ha accompagnato lo Chardonnay 2018 e il Tinata 2016. L’annata 2016, come già detto, ha portato grande equilibrio, mentre il 2018 si rivela di ottima complessità. In anteprima, infine, è stato possibile assaggiare lo Chardonnay 2019, che ha delle enormi prospettive future, e il Tinata 2018, che era ancora leggermente scomposto ma che si prefigge di avere una bella finezza.

Chi ha vinto la sfida tra bianco e rosso, tra Chardonnay e Tinata? Entrambi. Perché entrambi hanno dimostrato una grande versatilità con tutti i piatti. Anzi, a dire il vero, durante la serata hanno fatto passare i piatti in secondo piano.


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

a cura di

Raffaele Foglia

giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose

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