«Se mi chiedete perché Tenuta di Trinoro sia nata proprio lì, a Sarteano… Beh, non esiste risposta».
Benjamin Franchetti, dal padre, ha sicuramente ereditato la trasparenza, l’autenticità, l’essere direttp. Andrea Franchetti, scomparso nel dicembre 2021, è stato un visionario nel mondo del vino, una persona che guardando semplicemente un luogo riusciva già a vederne il futuro, come avvenuto per Tenuta di Trinoro.

Il simbolo di Tenuta di Trinoro
Ora è il figlio
Benjamin a portare avanti il sogno del padre. Con la stessa passione del padre. Classe 1987, nato a Parigi, cresciuto a Roma e ora di casa a Milano, una laurea in ingegneria, ha sicuramente la volontà di portare avanti quando fatto dal padre, ma mettendoci anche un po’ del suo carattere, senza stravolgere nulla. «
Tenuta di Trinoro è stata fondata da mio padre alla fine degli Anni Ottanta. È sicuramente un posto inusuale. Siamo più o meno in mezzo al nulla. Perché proprio qui? La risposta non c’è. Sarà stata forse la bellezza del posto».
Andrea Franchetti, qui, ha pensato subito di fare il vino per sé stesso, per il suo gusto, prima ancora per gli altri. Andando fuori dagli schemi. Arrivato in Valtorcia per caso, portato da un amico, ha trovato quello che cercava, una sorta di eremo dove isolarsi dal mondo per seguire il suo amore per i vini in stile francese. E a Sarteano, negli anni Ottanta, non c’era davvero niente, c’erano più pecore che persone.

Il paesaggio attorno alla Tenuta
Benjamin racconta la visione del padre, ma anche il suo modo di approcciarsi a
Trinoro: «Lui ha voluto lavorare con i vitigni che più amava, in particolare con il
Cabernet Franc. Attualmente abbiamo 25 ettari vitati. È un vitigno che funziona benissimo in questo terreno argilloso. Nell’altra metà abbiamo
Merlot e altri vitigni».
Ma il segreto, oltre al terroir, è la tipologia del lavoro. «Si chiama craftmanship – continua Benjamin Franchetti – che non significa solo “artigianale”, ma soprattutto intendiamo un lavoro molto preciso e attento».
Proprio per questo la produzione è divisa in circa 50 parcelle, vinificate singolarmente. Poi il loro percorso è parallelo: «Due settimane in acciaio, poi tra i 6 e gli 8 mesi in barriques, e successivamente avviene il blend finale, a cui segue un anno e mezzo di cemento».

Benjamin Franchetti racconta il presente e il futuro dell'azienda
Ma come nascono il
Tenuta di Trinoro e, di conseguenza, il “second vin”
Le Cupole? Il ragionamento è davvero “sartoriale”: «Da sempre, la nostra ambizione è fare quel vestito che sia il migliore e il più rappresentativo dell’annata.
Tenuta di Trinoro non è un vino da “cru”, ma è un vino che segue l’annata. Per questo motivo, per fare un esempio, nel 2020 era per il 92%
Cabernet Franc, mentre nel 2021 abbiamo una percentuale del 60% del
Merlot. Evidentemente nel 2020 avevamo un
Cabernet Franc eccezionale, mentre nel 2021 era il
Merlot a essere a un grande livello».
Tenuta di Trinoro 2022, invece, è 44% di Cabernet Franc, 44% di Merlot, 6% di Cabernet Sauvignon e 6% di Petit Verdot. «La 2022 è un’annata calda – spiega Benjamin Franchetti – ma avendo vitigni più tardivi, e anche un’altitudine tra i 550 e i 700 metri, siamo stati avvantaggiati dai mesi di settembre e ottobre con tanta pioggia. Il Petit Verdot quest’anno ha raggiunto grandissima maturità, per dare una leggera struttura». Il risultato è un vino che guarda positivamente al futuro, ma con già ora un grande carattere; elegante nelle sue note fruttate, suadente per la complessità, al sorso va in profondità, con qualche piccolo spigolo da smussare, ma soprattutto con la sensazione di un vino che sarà eccezionale al raggiungimento della sua maturità evolutiva.

Le Cupole, Tenuta di Trinoro e il Bianco
Le Cupole, invece, è da sempre il vino più immediato: l’annata 2023 è realizzata con 41%
Merlot, 39%
Cabernet Franc, 14%
Cabernet Sauvignon, 6%
Petit Verdot. Chiamarlo “entry level” è decisamente riduttivo, ma sicuramente ha un approccio meno austero, con un naso fruttato, fresco, invitante, e un sorso semplice (non banale), che lascia un lungo sentore retrolfattivo tra mora, lampone e sottobosco. Un vino che strizza l’occhio anche all’estate, se servito alla giusta temperatura.
Un’ultima nota a parte la merita sicuramente il Trinoro Bianco, un vino realizzato con uve Semillon, da un vigneto di mezzo ettaro a 630 metri di altitudine, circondato da un bosco. Il risultato per l’annata 2023 è un vino di grande beva, ma anche sapido e profondo, piacevolmente lungo.
Su Tenuta di Trinoro ci sarebbero davvero tanti aneddoti da raccontare, ma il consiglio che diamo è semplice: prima assaggiate i vini e poi, se vi piacciano, andate sul posto, a scoprire questo gioiello. Immerso nel nulla. Un’oasi di pace.