25-06-2025

Trippa, dieci anni dopo: il successo di una trattoria, diventata un modello da seguire

Diego Rossi e Pietro Caroli raccontano l'insegna nata nel 2015, che ha ridefinito il concetto di trattoria contemporanea. Fino a imporsi come riferimento gastronomico riconosciuto da Ferran Adrià e dalla 50Best Asia (per la sede a Hong Kong...)

Diego e Pietro: le due anime di Trippa, dal 2015 

Diego e Pietro: le due anime di Trippa, dal 2015 
(foto di Stefano Butturini)

Era il 20 giugno 2015 quando a Milano Trippa alzava per la prima volta la serranda in via Vasari 1, angolo Muratori, a due passi da Porta Romana. Un locale nato dall'incontro tra Diego Rossi, chef veronese con diverse esperienze di primo piano nella cucina d'autore, e Pietro Caroli, food e wine blogger pugliese con un lavoro in una multinazionale. Dieci anni dopo, quella che poteva sembrare una semplice trattoria è diventata prima un punto di riferimento della ristorazione milanese, poi una delle insegne italiane più celebrate a livello internazionale, con una costola a Hong Kong e riconoscimenti e attestati di stima che arrivano da tutto il mondo.

L'avventura inizia quasi per caso, come racconta Pietro Caroli: «La storia di Trippa inizia circa undici anni fa. Io e Diego abbiamo iniziato a parlarne, abbiamo iniziato a sognare questo posto magico che avremmo aperto insieme». Un progetto che nasce da un'amicizia e da una visione comune: colmare un vuoto nella ristorazione milanese. «Ci mancava una cucina di mezzo», spiega oggi Diego Rossi ripensando a quegli anni.

Caroli e Rossi, nel 2015, a poche settimane dall'inaugurazione

Caroli e Rossi, nel 2015, a poche settimane dall'inaugurazione

Su queste pagine avevamo anticipato l'apertura già nell'aprile 2015, quando Claudia Orlandi scriveva de La sostanza della Trippa, presentando il progetto di «una cucina semplice e concreta». Una promessa che si sarebbe rivelata molto più di uno slogan, diventando un'identità originale, distintiva, che avrebbe influenzato il modo di fare ristorazione a Milano e non solo.

«All'inizio io e Pietro scherzavamo dicendo "ci prenderemo Milano"», ricorda Rossi, con un po' di quella sorridente spavalderia resa ancor più sincera e contagiosa dal suo accento veneto. «Poi è andata molto oltre: ci siamo presi altro che Milano. Adesso ci conoscono in tutto il mondo». Ma il percorso non è stato immediato. Lo chef ammette di aver vissuto un periodo di transizione complesso: «Arrivavo a casa dopo il primo mese che già eravamo pieni. Però ero triste perché dicevo "potrei fare di più nei piatti, potrei fare cose più fighe, con abbinamenti più strani". Ero ancora mentalmente troppo legato al mondo, e al modo, del fine dining».

Il dubbio iniziale si è risolto nell'ascolto del pubblico. «La gente era felice ed era contentissima. Quindi lì ho capito che c'era bisogno di quello che avevamo in animo di fare. La vera cucina è questa: semplice, di prodotto». Una rivelazione che ha portato alla definizione di uno stile preciso: «Materia prima di qualità, rispetto massimo per l'ingrediente, piatti concentrici - quindi la gente non doveva andare a cercarsi i sapori nel piatto. Lavorazioni veloci, poco sofisticate, in maniera da sentire il gusto vero del prodotto».

Sempre loro, nel 2016

Sempre loro, nel 2016

Il quinto quarto, che dà il nome al locale, sono state fin dall'inizio «una bandiera, ma anche un aiuto dal punto di vista economico e un divertimento per me da lavorare», spiega Rossi. Non una scelta di tendenza, ma una necessità che si è trasformata in marchio di fabbrica, tanto che negli anni «queste frattaglie ci sono venute a costare sempre di più, si è fatto fatica a trovarle. Però restano un nostro punto di forza e sono sincero quando dico che ho una dote particolare nel cucinarle. Datemi qualsiasi frattaglia, la renderò deliziosa».

L'approccio sperimentale di Rossi emerge nel racconto di come la pecora è diventata un altro pezzo dell'identità gastronomica di Trippa: «Quando abbiamo cominciato a usare la pecora non c'era nessuno che la usava. Nemmeno io la conoscevo bene: ho cominciato a ordinare una pecora intera e, vedendola mentre la sezionavo, provavo a capire quali parti per quali piatti. Così siamo partiti con la Tartare di pecora, che poi è diventata un grande successo. Ma inizialmente sembrava proprio la cosa più strana da servire».

Nel 2017, a due anni dall'apertura, Gabriele Zanatta scriveva su queste pagine dei 50 piatti di Trippa, sottolineando come Rossi avesse riscritto le regole dell'osteria italiana, utilizzando «trippe di rane pescatrici, testicoli di gallo, tube di falloppio di mucca, granelle di agnello, frontali di ricciola, ragnatele di vitello». Un approccio rivoluzionario che però non si limitava alle proteine animali: scorrendo a otto anni di distanza la fotogallery preparata per quell'articolo, ecco apparire piatti come Zucca di Hokkaido in carpione e bagna cauda; Risotto all'aceto invecchiato, tarassaco, cicciolata e pepe neroVignarola: fave, carciofi, lattuga romana, guanciale, cipollotto e pecorino romano; Asparagi, uova di quaglia, senape e cerfoglio...

«Una grande attenzione per la parte vegetale c'è stata dal primo giorno», conferma lo chef. «Io mangio da sempre, da quando sono arrivato a Milano, prevalentemente verdure. Quando dicevano "andiamo da Trippa a mangiare la carne", io mi arrabbiavo. Dicevo "ma no! Qua viene a mangiare la cucina di Trippa, che non è né carne né pesce"». Un paradosso che Paolo Marchi aveva raccontato perfettamente sempre su queste pagine nel 2021, raccogliendo il desiderio di Rossi di fare di Trippa una Osteria di verdure con contorno di carne.

Il Vitello Tonnato di Trippa: un piatto che è stato un vero "caso gastronomico"

Il Vitello Tonnato di Trippa: un piatto che è stato un vero "caso gastronomico"

L'evoluzione della cucina di Trippa, secondo Rossi, ha seguito «periodi come Picasso. Non voglio mica paragonarmi a Picasso, eh? Ma intendo che aveva il periodo verde, il periodo blu, il periodo del realismo». Periodi caratterizzati dall'approfondimento verticale di singoli ingredienti: «In un periodo usavo tantissimo la pecora, poi magari la 'nduja, poi mi spostavo. Era uno studio insieme a un lavoro. Nei primi tempi soprattutto era una cucina molto istintiva, il contrario del fine dining: mentre in quei ristoranti pensi per un mese a un piatto, io compravo 3 o 4 verdure, 3 o 4 proteine, magari una bottarga, una carne, un animale, un uovo di seppia e poi li mettevo assieme. Secondo me lì sta la bravura del cuoco, la mano, perché devi in qualche modo far quadrare quegli ingredienti».

In questi primi anni di attività, Trippa si è imposta sulla scena milanese, non possiamo dimenticarlo, anche per la grande capacità di Diego Rossi di dare nuovo lustro a piatti classicissimi, che altrove sarebbero stati considerati quasi noiosi. Chi avrebbe indovinato nel 2015 che a Milano un ristorante sarebbe diventato richiestissimo per il suo Vitello tonnato? Ma anche nella relazione con la sempre ingombrante (in Italia soprattutto...) tradizione, Rossi si è sempre sentito libero di trasgredire, seppur discretamente: «Tanta gente arriva ancora oggi, stranieri soprattutto, e mi dicono "finalmente! Questi qua sono piatti veramente tradizionali!". E però non hanno mangiato dei piatti tradizionali. L'idea di Trippa era creare dei piatti che sembrassero tradizionali, con ingredienti di stagione italiani, ma fossero completamente originali».

Le Tagliatelle al burro e parmigiano, un'altra hit firmata Diego Rossi

Le Tagliatelle al burro e parmigiano, un'altra hit firmata Diego Rossi

La pasta fresca, in tempi più recenti, come dimostra l'enorme successo delle Tagliatelle al burro e parmigiano (anche se noi consigliamo soprattutto i Tortelli di ricotta e ciliegie), ha rappresentato un'altra svolta importante: «È grazie ad Andrea, il ragazzo che ho alla pasta. Quando è diventato capopartita ai primi, mi ha detto "Chef, vorrei fare più paste fresche". E da lì abbiamo cominciato a tirar fuori tortelli, ravioli, passatelli, maltagliati, che secondo me sono uno dei nostri punti forti. Che poi a volte ti arrabbi anche: tu ti impegni un sacco su altri piatti, poi arrivano le tagliatelle al burro e ti dicono "questo è il piatto della serata!". Ma come? Ho lavorato una settimana per fare gli altri e... Tagliatelle al burro! Però che devo dire? È così».

Dal punto di vista gestionale, Pietro Caroli ha portato un approccio innovativo, che oggi troviamo nelle parole di molti ristoratori: «Sin dall'inizio ci siamo presi cura del bilanciamento fra la vita privata e il lavoro dei nostri dipendenti. Abbiamo sempre aperto solo la sera, senza turno spezzato, per sei giorni su sette». Una scelta che anticipava di anni i temi emersi dopo la pandemia. 

«Io sono un oste atipico», ammette Caroli. «Non sono il tipico oste-frontman. Mi occupo tanto di numeri, che non piacciono a molti nella ristorazione. Ed è il motivo per cui magari tanti posti fanno fatica a funzionare». L'introduzione del doppio turno, inizialmente osteggiata dai clienti, è diventata uno standard: «Siamo riusciti a far accettare ai clienti che il ristorante non sia un'estensione del proprio salotto di casa».

Una foto scattata da Francesca D'Agnano la sera della festa per i dieci anni di Trippa. Con Rossi e Caroli insieme a tre persone che sono state, o sono ancora, colonne della sala della trattoria: Marco Zanichelli, Vincenzo Critelli e Gianni Passante

Una foto scattata da Francesca D'Agnano la sera della festa per i dieci anni di Trippa. Con Rossi e Caroli insieme a tre persone che sono state, o sono ancora, colonne della sala della trattoria: Marco ZanichelliVincenzo Critelli Gianni Passante

Nel 2022, la svolta internazionale con l'apertura di Testina a Hong Kong, di cui Claudia Orlandi ha scritto questo racconto. «È capitata durante il lockdown», racconta Caroli. «All'inizio pensavo di aver letto un'email di phishing! In realtà era una concreta opportunità. Per una serie di vicissitudini fortunate, una delle nostre clienti era la consulente di questa società basata ad Hong Kong che opera nell'hospitality. E quando hanno espresso il desiderio di aprire a Hong Kong un concept ispirato alla trattoria italiana, la loro consulente food ha consigliato vivamente di farlo insieme a noi. E da lì poi è nato tutto». Il locale, guidato dallo chef Marco Xodo, oggi è al sessantesimo posto nella classifica della 50Best Asia.

Ma il riconoscimento più importante per Rossi rimane un altro: «Il premio più grande è stato quando, in occasione della sua partecipazione a Identità Milano 2025, è venuto Ferran Adrià e ha detto quello che ha detto». Ovvero che la cena da Trippa era una delle migliori fatte dai tempi della chiusura di elBulli, come ha raccontato su Repubblica Marco Bolasco. «E' stato davvero emozionante sentire quelle parole da uno che secondo me ha cambiato la storia. Non solo della cucina: ha cambiato la storia. Quel riconoscimento da parte di Adrià rappresenta una specie di premio alla carriera».

(foto di Stefano Butturini)

(foto di Stefano Butturini)

L'approccio ai riconoscimenti (anche Identità Golose lo scelse come Chef dell'anno nel 2019) resta comunque pragmatico: «I premi fanno sempre piacere, sono attestati di stima. Ma bisogna stare molto attenti a non farsi condizionare troppo dal desiderio di riceverli». Per Rossi, i veri premi erano arrivati negli anni precedenti: «Quando mi invitavano a un congresso in giro per il mondo e in Italia ancora la critica non mi dava quel tipo di fiducia: Omnivore in Napa Valley, poi a San Pietroburgo (ne scrivemmo qui, ndr), forum gastronomici, li ho fatti tutti. E parliamo sempre di una trattoria».

Oggi, a dieci anni dall'apertura, Trippa continua a evolvere. «Nell'ultimo periodo mi sono anche un po' staccato dalla quotidianità in cucina», ammette Rossi. «Non è che mi sono stancato di Trippa, intendiamoci bene, sono sempre lì, ma faccio meno fuori carta. I piatti sono più pensati, magari vengono perfezionati un po' di più anche grazie ai ragazzi che sono arrivati. Però rimanendo sempre molto semplici».

Via Vasari piena di gente per la festa dei dieci anni di Trippa
(foto di Stefano Butturini)

Via Vasari piena di gente per la festa dei dieci anni di Trippa
(foto di Stefano Butturini)

A quarant'anni («non sono più l'enfant prodige», scherza), Rossi guarda al futuro con la consapevolezza di aver creato qualcosa di unico: «Ci stanno arrivando proposte da tante parti e noi ogni volta valutiamo proposta per proposta». Ma l'obiettivo principale resta uno: «Per il momento Trippa va avanti e spero che vada avanti a lungo. Stiamo cercando di renderla un po' più matura, più autonoma, che non dipenda in toto da me».

Dieci anni dopo, Trippa rappresenta senza alcun dubbio un modello potente, dall'identità netta e unica, che ha influenzato decine di aperture successive. Come scriveva Caroli in un articolo scritto per Identità Golose nel 2016: «Trippa si è rivelata essere esattamente come avremmo voluto che fosse: un posto accogliente dove poter mangiare e bere bene e contemporaneamente un'azienda sostenibile e organizzata». Una visione che, a distanza di un decennio, si è dimostrata non solo corretta, ma anticipatrice dei tempi.


Dall'Italia

Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose

Niccolò Vecchia

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Niccolò Vecchia

Giornalista milanese. A 8 anni gli hanno regalato un disco di Springsteen e non si è più ripreso. Musica e gastronomia sono le sue passioni. Fa parte della redazione di Identità Golose dal 2014, dal 1997 è voce di Radio Popolare 
Instagram: @NiccoloVecchia

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