Da sempre, l’alternanza della notte e del giorno governa ogni istante su questo mondo. La luce - così tanto importante, quanto forse tenuta in poco conto oggi, accantonata come un fenomeno “scontato” - è una delle componenti fondamentali per la vita. Lo sa bene Davide Oldani, che la accoglie e la esalta nel suo ristorante D’O, su cui brillano, come novella costellazione, le due stelle Michelin meritatamente assegnate dalla Rossa lo scorso autunno. E non sono nemmeno sole. Ad esse, si affianca infatti la nuovissima "stella verde", riconoscimento di una sostenibilità, prima di tutto umana, che da sempre è parte del credo del cuoco milanese.
La luce non è un pretesto per romanzare il racconto del D’O oggi: è davvero parte fondante dell’esperienza a San Pietro all’Olmo di Cornaredo e Oldani la porta in tavola, con un ruolo nuovo.
Protagonista dell’aperitivo, e quindi dell’inizio del pranzo, è una candela, vera e propria. È composta da cera edibile, aromatizzata con estratti naturali a seconda delle stagioni, con un tocco di mandorla. Si accende, si lasciano sprigionare i primi effluvi e poi… si spalma su un sofficissimo pane-spugna. Questa è la prima luce, quella del calore antico e sempre ricercato, quella di una fiammella che arde e che sprigiona tanto fascino: è un nuovo tipo di benvenuto. La fiamma è segno di speranza ed è un riferimento: «Noi del D’O ci siamo, siamo qui per voi», nonostante una pandemia che ancora incombe e un turbinio di chiusure a singhiozzo.

La candela di cera edibile
Le portate si susseguono a ritmo cadenzato, con i gesti precisi, attenti e mai invadenti dei camerieri, in una sorta di danza che rapisce il commensale, attorniato anche da pregevoli opere d’arte e di design. «Tutto quello che facciamo mira a far star bene le persone, in modo da far vivere loro un momento di pura armonia», racconta
Oldani.
Armonia è anche il nome di uno dei due menu proposti, l'altro è Esattezza: riportano rispettivamente accanto gli anni 2021 (il presente) e 2003 (il passato). In mezzo c’è tutto il viaggio dello chef e della sua squadra, come uomini, come cuochi, come camerieri; teso verso un’evoluzione continua, ma mai irrequieta.
Questi due appellativi derivano dalle Lezioni Americane di Italo Calvino, fonte di ispirazione per lo chef. Il quale mira a proporre «dei menu in cui non ci sono ripetizioni. Questo vale per gli ingredienti, per il servizio, per gli oggetti, come le stoviglie e i supporti. Tutto deve essere unico e funzionale a quel preciso scopo». Mangiare immersi in questo concentrato di idee, pensieri e bellezza rende l’esperienza unica: dall’architettura del luogo, luminosissimo, ai tavoli nudi, di legno caldo, alle proposte dei vini, curate da un espertissimo Manuele Pirovano.
Lo stile dei piatti è sì contemporaneo, pop, ma anche piacevolmente classico, perché è giusto mettere in risalto le basi della cucina francese e italiana, come una sorta di monito, che ricordi le nostre origini sempre.
Ed ecco che appare la "stella verde", come una novella cometa da seguire: Alessandro Procopio e Wladimiro Nava, ormai storici sous-chef di Oldani, esaltano le materie prime stagionali, usando sempre e solo ingredienti freschi e versatili, talvolta semplici, ma non per questo incapaci di dar vita a grandi portate.
Un simbolo emblematico della progressione in evoluzione delle proposte del
D’O è la celeberrima
Cipolla caramellata, che si è vestita di nuovo, diventando un antipasto “al cucchiaio”: è servita in un bicchiere di vetro, a strati, dal caldo al freddo del gelato al Grana Padano, con la raccomandazione di pescare bene dal basso verso l’alto in modo da cogliere tutte le sfumature in un sol boccone. In pochi riescono a cambiare lo “scheletro” di un piatto, figuriamoci di un
signature dish, ma non tutti hanno la freschezza mentale di
Davide Oldani, che ha ben presente i concetti di
Esattezza ed
Armonia, dal 2003 al 2021: ed ecco la magia.
Il risotto, o per meglio dire, il “riso”, rifulge di una centralità naturale nel percorso, declinandosi pure nell’accostamento
Insieme, dov’è servito con la pasta, contemporaneamente: la rarissima pasta filindeu (originaria della Sardegna, sottilissima, traducibile in “fili di Dio”) incontra un riso ricchissimo, con zuppa di pesce ristretta, aioli e mandorle, che ben si sostengono gli uni con gli altri. Il gusto è solleticato pure dal successivo connubio tra riso e zucca, riletto con una costruzione del piatto sartoriale, mirata alla profondità e agli ingredienti in senso fisico (torna il gesto del “pescare” dal basso verso l’alto nella fondina). L’ospite riceve un piatto che incuriosisce per il colore arancione dominante della zucca, disposta a fettine geometricamente perfette, quasi a ricordare un quadro minimalista, ma con un vigore diametralmente opposto. In superficie non si scorge nient’altro, ma quando si affonda il
passepartout (l’iconica posata “made in Cornaredo”), ecco che si svelano in rapida successione riso, ricotta al forno e un tocco di amaretto: bello e buono, ancora una volta a braccetto.
La classicità della cucina francese è ben rintracciabile nei secondi, di mare (
Cabillaud arrostito) e di terra (
Filetto di manzo), nobilitati da salse eccellenti e succulente, realizzate rispettando rigorosamente la stagionalità dei loro ingredienti, che sostengono il piatto e instillano completezza, acume e rotondità.
Il dolce è un omaggio pop alla cultura della tavola italiana: viene proposta una selezione di dolci italiani “al carrello”, come si usava fare spesso in ogni ristorante del Belpaese. Sono declinati in forma mignon e leggera, diventando delle pepite preziose di golosità.

Selezione di dolci italiani
C’è anche spazio per il carrello vero, guidato dalle mani esperte di
Davide Novati, che si destreggia a porzionare al momento il nuovo
Pan D’O ai tre cioccolati, ultima creazione lievitata della brigata milanese. «Abbiamo realizzato anche questa versione del
Pan D’O, visto il successo che ha avuto per Natale, ma soprattutto perché è un modo per far arrivare le idee e lo spirito dei ragazzi direttamente a casa dei nostri clienti, anche se dovessimo tornare a essere temporaneamente chiusi per la pandemia», racconta
Oldani.

Davide Novati alle prese col nuovo Pan D’O ai tre cioccolati
Un nuovo elemento si prende la scena nel momento della piccola pasticceria: la luce torna protagonista, con la lampada
Bontà, sviluppata e disegnata dallo chef con
Attila Veress per
Artemide. È la chiusura ideale di un cerchio, dell’esperienza iniziata con la candela e trasposta fino alle coccole finali, illuminate da una luce contemporanea e sostenibile (
Bontà si ricarica via usb e dura molto a lungo). Questa creazione ha il preciso scopo di riflettere sull’interazione tra luce, cibo e convivialità, offrendo una nuova prospettiva.

La lampada Bontà con appoggiate le cialde di mais Morado
Vengono servite, nel contenitore di vetro colorato posto sopra alla lampada, delle cialde di mais Morado, o mais viola, dolce per natura: richiamano quasi una fiamma che si agita, dolcemente. È bello pensare che sia un riferimento all’inizio del pranzo, da cui si è partiti, per assaporare un’evoluzione continua, sottolineata dalla luce, così diversa, ma sempre tesa a evidenziare quel momento unico e personale di chi è seduto a quel tavolo.
Davide Oldani insegna una sua "filosofia" contemporanea, che si snoda a partire dalla tavola, ma che abbraccia tutta la vita. Armonia, dunque: tutto si compie per far star bene le persone, accarezzate dalla luce, dall’inizio alla fine. E quindi uscimmo a riveder le stelle, ma solamente per capire se esse brillano di più di quelle del D’O.