01-03-2025

Mai sazi di successi, ma pure di umanità: Cannavacciuolo, Colagreco, Oldani

Sul palco di Identità Milano, gli chef Antonino Cannavacciuolo, Mauro Colagreco e Davide Oldani hanno raccontato la loro fame di vita, dove i giovani sono il vero motore che fa girare le brigate. Ieri, oggi e anche nel futuro

Paolo Marchi, Davide Oldani, Antonino Cannavacciuo

Paolo Marchi, Davide Oldani, Antonino Cannavacciuolo, Mauro Colagreco ed Eleonora Cozzella sul palco del Main Stage di Identità Milano 2025: mai sazi di successi. Tutte le foto sono di Brambilla-Serrani

Il concetto di sazietà è semplice: avere la pancia piena. Ma si può essere sazi di obiettivi e di successo? Dal palco del Main Stage di Identità Milano 2025, Antonino Cannavacciuolo (Villa Crespi), Mauro Colagreco (Mirazur) e Davide Oldani (D’O), ci raccontano la loro. Scopriremo che davvero non sono mai sazi, soprattutto di umanità, lasciatecelo dire in anteprima. In un dialogo con Eleonora Cozzella e Paolo Marchi, i tre si addentrano nel tema, evidenziando parole chiave come successo, gioventù, prove e, ovviamente, futuro. Rompe gli indugi Marchi: «Cosa fa continuare ad avere successo?». Inizia Colagreco: «Il successo è relativo, ognuno ha la propria definizione. Per me si misura nella felicità della gente, dopo averci visitato, che sia al Mirazur o in uno degli altri locali, pizzerie incluse. La felicità mi fa andare avanti». Tocca ora a Cannavacciuolo: «Il successo lo personifico e lo accarezzo ogni giorno, trattandolo bene e cercando di contagiare altre persone con lo stesso concetto, per formare una squadra. Quando sei stanco e ti viene da mollare tutto, ecco che arriva la forza del gruppo a risollevarti. Se sei da solo, il successo arriva e poi se ne va altrettanto alla svelta. Un gruppo affiatato ti salva».

 

Il talk a Identità Milano

Il talk a Identità Milano

Fa eco Davide Oldani, toccando sfumature sulla loro gioventù: «Abbiamo in comune qualcosa, noi qui sul palco: alla nascita di Identità Milano, 20 anni fa, abbiamo mosso anche noi i primi passi importanti per il nostro futuro. Allora, mi viene da dire, si chiama successo perché facciamo succedere delle cose, come questa di essere affamati, appassionati, ma anche sapere che potevamo aprire qualcosa di commisurato, rispettando un budget. Io ho iniziato con un menù sotto i 20 euro, ma portando l’ospite a essere invogliato a prendere anche altro. Quello che mi preme tutt’oggi, ancora di più, è investire sui ragazzi. Se tratti bene un ragazzo, lo mandi a imparare altrove e poi rientra, il mio successo è raggiunto, perché gli hai fatto bene umanamente. Parlando ai giovani, ricordate che i sogni navigano a mezz’aria, mentre i desideri li devi raggiungere con un percorso conscio». Eleonora Cozzella sposta il focus su una tematica molto sentita: il successo richiede pazienza? Mauro Colagreco la pensa così: «Il mestiere si capisce ripetendo gesti e movimenti usuali, che necessitano di tempo per essere affinati. Quello del cuoco, è un apprendimento che si fa col tempo e col rigore. Siamo umani e si sa che è anche normale che le cose si vogliano subito, ma c’è da resistere. Al Mirazur ci abbiamo messo 4 o 5 anni ad equilibrare tutto, non c’è la bacchetta magica».

 

Antonino Cannavacciuolo e Mauro Colagreco

Antonino Cannavacciuolo e Mauro Colagreco

Chef Antonino lancia un monito, che suona come una raccomandazione da buon padre di famiglia: «Oggi i giovani hanno subito le telecamere addosso, immersi in un mondo social, ed è un attimo sbagliare. A loro dico: prima di aprire un locale o mettersi su un palco, studiate molto! Le conoscenze di base sono tutto, specie nei momenti duri. Il cuoco deve essere pronto con la mente a essere imprenditore, sapendo leggere e conoscere obiettivi e numeri su cui decidere il futuro, ma non tutto in una volta». Chiude il cerchio Oldani, narrando la sua visione: «Ho voluto creare l’Istituto Alberghiero Olmo per dare valore alle persone del territorio e per agevolare i ragazzi ad essere vicino a casa, facendo crescere queste due anime insieme. In questa scuola si insegna tutto: ospitalità, bar, sommellerie, panificazione, pasticceria e cucina. I ragazzi hanno bisogno di motivazione e di esempi, che sono la più alta forma di insegnamento, come diceva il signor Marchesi. Sono felice ci siano segnali, in questo senso, dalle associazioni come Ambasciatori del Gusto, Le Soste o la stessa Identità Golose: è importante parlarne».

 

Davide Oldani

Davide Oldani

Anche Eleonora Cozzella dona un suggerimento: «Consiglio ai giovani: parlate, viaggiate, provate ristoranti diversi. Siate curiosi, fate domande, perché la fame di creatività è anche quella della cultura del cibo. No ai pregiudizi, nel senso di giudizi che si danno prima». Cambiando prospettiva, ma sempre rimanendo sulla gioventù: «Come si selezionano i nuovi cuochi?», domanda Marchi. Fuori da un parallelismo che potrebbe scomodare le selezioni di MasterChef, Antonino Cannavacciuolo conferma che: «Non c’è nessun provino, si svolgono regolari colloqui e poi va trovata la giusta formula sui neo assunti. I primi giorni non devono essere traumatici, dobbiamo andare loro incontro, facendo capire che stanno entrando in un gruppo sano. La serietà ce la dobbiamo mangiare, solo così possiamo andare avanti!». Colagreco gli fa eco: «Guardo i curriculum per capire le esperienze precedenti e diffido da chi colleziona stellati. Devono avere energia, voglia e non aver paura di spendere tempo nell’apprendere la nostra cultura del Mirazur». A questo punto, Paolo Marchi ricorda un episodio tra Andrea Berton e Davide Oldani, con quest’ultimo che lo correggeva puntualmente, specie per la posizione errata di alcune scatoline di prezzemolo. Effetto Grande Fratello? «Più che Grande Fratello - chiosa Oldani - si trattava di tempismo: ogni volta in cui sbagliavo qualcosa, state sicuri che avevo addosso Marchesi, Ducasse, Roux o Hermé. Incredibile! Va sottolineato, però, come mi abbiano sempre parlato con delicatezza, senza mai urlare. Essere persone di tatto mi affascina oggi, ancora di più perché questa creanza mi ricorda i miei grandi maestri. Io cerco di insegnare ai ragazzi così. Se c’è umanità, la brigata è sana! Una vita più lenta, rispetto a quella dei social, ci aiuta a garantire il futuro».

 

Ma allora, una brigata sana, in ottica prossima, permette ancora delle gerarchie? Conclude Cannavacciuolo: «L’ha detto prima Davide: l’esempio è la più alta forma di insegnamento. I ragazzi vedono noi come esempi e il problema di un ragazzo che lavora per me è un mio problema. Devo capirne la natura. Non sono numeri, sono persone, che domani a loro volta avranno un percorso proprio e saranno chef. Quando dai un esempio sano, se un componente della brigata è una mela marcia, esce dal gruppo da solo, perché il gruppo vince sempre e vuol far felice chi viene a mangiare da noi». È un obiettivo di vita per questi tre chef, mai sazi di successi, ma soprattutto di umanità, che è il vero dono da consegnare al futuro. 

 


IG2025: Identità Future

Identità Future, 20 anni di nuove idee in cucina.

Luca Farina

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Luca Farina

piacentino, classe 1988, ingegnere&ferroviere. Mosso da una curiosità gastronomica continua, ama definirsi “cultore delle cose buone”, essendo cresciuto in una famiglia dove si faceva tutto “in casa”. Crede fermamente nella (buona) tavola come creatrice di legami, generatrice di ottimi ricordi e di emozioni vive. Instagram lucafarina88

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