Tommaso Zoboli ha bruciato il palco di Identità Milano 2025 con l'energia di chi ha appena iniziato a scrivere la propria storia ma lo fa già con un inchiostro indelebile. Ventisei anni, un ristorante che porta il nome di sua madre, Patrizia, e una brigata con un'età media che sfiora i vent'anni: il futuro è adesso, e a Modena ha il sapore dell'innovazione. Agitato? Sì. Velocissimo? Anche troppo. Ma dietro l'emozione c'è una sicurezza che non si insegna, si ha e basta.
La filosofia di Patrizia è una rivoluzione in costante movimento: ogni tre mesi cambia tutto, dalle luci alla musica, dalle ceramiche alle posate. Un cambio pelle continuo che riflette l'energia di una squadra giovane, affamata e senza paura di osare. Perché essere giovani, oggi, è anche un atto di coraggio, significa non avere certezze acquisite ma una valanga di sogni e trampolini da cui lanciarsi come fanno i tuffatori della Red Bull Cliff Diving a Polignano a Mare. Serve incoscienza? Forse. Serve talento? Decisamente, ma la gioventù si esprime anche così, con la voglia di rinnovarsi senza perdere il filo del discorso, o prendendosi il rischio di farlo.

Sul palco con Paolo Marchi, che lo ha presentato
Sul palco, accanto a lui, ci sono
Marcello e
Federico, vent'anni ciascuno. Se
Tommaso era emozionato, loro non erano da meno. Ma l'idea è chiara: Modena non è solo quella delle istituzioni gastronomiche, è anche una città in fermento, piena di nuove voci che vogliono dire la loro.
Patrizia è la sintesi perfetta di questo pensiero laterale che prende la tradizione e la ribalta, la riscrive, la trasforma in un racconto gastronomico in continuo divenire.
Numeri alla mano, il ristorante è un piccolo miracolo imprenditoriale: tre persone in cucina, due in sala, cinque menù cambiati in un anno e mezzo, sessanta piatti diversi creati, un bilancio in positivo e sempre fully booked. Il segreto? Visione, comunicazione e squadra.
Tommaso lo sa bene, per questo ha voluto sul palco al suo fianco anche
Tuorlo Magazine, nella persona del direttore creativo
Luca Genova, che cura l'immagine e la narrazione del progetto. Perché oggi non basta cucinare bene, bisogna anche saperlo raccontare.

Luca Genova, Tuorlo, sul palco con Zoboli
E qui arriviamo al punto più interessante del suo intervento: il menù presentato al congresso si chiama
Umanesimo. Non un semplice elenco di piatti, ma un manifesto gastronomico che parla di ciò che ci rende umani. «Il controllo: il tempo che misuriamo. Il gusto: le mani che creano ciò che la mente immagina. La parola: il bisogno di comunicare. Il fuoco: la forza della natura che impariamo a domare. La ruota: la forma perfetta che unisce ciò che è stato con ciò che sarà. L'espressione: il creare per trovare bellezza. La luce e l'ombra. La guerra e la pace. L'uomo è mutevole, e questo è ciò che siamo, questo è ciò che celebriamo.»
Il dettaglio che ha spiazzato tutti?
Zoboli ha praticamente glissato sui piatti preparati in diretta per puntare tutto sulla narrazione, «tanto poi li venite a mangiare e ne parliamo di persona». Sembrava quasi si fosse dimenticato di raccontarli, ma era voluto? Oppure no? Oppure pura improvvisazione? Il dubbio resta, ma forse è proprio questa la cifra stilistica di
Tommaso: lasciare spazio alla curiosità, aprire porte senza chiuderle mai del tutto.
Come ha ricordato
Antonino Cannavacciuolo nel suo talk (
ne ha scritto Luca Farina qui), anche per
Tommaso il gruppo è tutto e «quando sei stanco e ti viene da mollare tutto, ecco che arriva la forza del gruppo a risollevarti». Ecco perché il futuro, per
Zoboli e la crew di
Patrizia, è sostenibile solo se bilancia lavoro e vita, divertimento e responsabilità, innovazione e memoria. E se il menù è un cortometraggio, il loro percorso è un film ancora tutto da girare. Zero spoiler, ma rimanete connessi, perché questi ragazzi non si fermeranno qui.