10-04-2025

Aceto di calamaro, la sperimentazione continua: la nostra intervista a Gianfranco Pascucci

Presentato in anteprima a Identità Milano 2025, il fermentato prosegue nella sua evoluzione: dalla predominante nota marina all'equilibrio con il mirto, in un prodotto che va oltre la sua origine

Dal palco di Identità Milano 2025 Gianfranco Pasc

Dal palco di Identità Milano 2025 Gianfranco Pascucci ha presentato il frutto delle sue più recenti sperimentazioni
(tutte le foto sono di Brambilla / Serrani)

A quattro mesi dall'inizio della sua sperimentazione, e a diverse settimane dalla presentazione in anteprima al congresso di Identità Milano 2025, il progetto sull'aceto di calamaro di Gianfranco Pascucci continua a evolversi. Abbiamo conversato con lo chef per scoprire i progressi di questa ricerca, che si posiziona a metà strada tra un aceto balsamico e un garum contemporaneo, e che sta rivelando nuove possibilità giorno dopo giorno.

«Adesso questa sensazione di mirto, di frutti rossi quasi, sta prendendo il sopravvento, mentre prima la salsa di calamaro si sentiva in maniera predominante. La situazione si sta equilibrando», ci spiega lo chef di Fiumicino, che ha trasformato un prodotto di scarto in un ingrediente completamente nuovo.

Gianfranco Pascucci, classe 1970, insieme alla moglie Vanessa Melis gestisce il ristorante Pascucci al Porticciolo a Fiumicino, uno dei più preziosi avamposti italiani di cucina di mare, più che "di pesce", come scrive Marialuisa Iannuzzi nella scheda per la Guida ai ristoranti di Identità Golose. Il locale sorge nello stesso posto dove più di 50 anni fa suo nonno accoglieva nella sua trattoria le famiglie in gita fuori porta. La filosofia in cucina, però, è completamente diversa.

Pascucci è un cuoco e un imprenditore, ma la sua attività va ben oltre il cucinare e gestire un ristorante. Nel tempo è diventato prima il difensore e il testimonial dell’oasi Wwf di Macchiagrande a Fiumicino, poi ha dato vita, coinvolgendo molti altri ristoratori e artigiani del cibo di quella costa, all'associazione no profit Periferia Iodata, i cui aderenti si definiscono "custodi dei sapori autentici di Fiumicino". 

Oltre al suo ristorante principale, recentemente Pascucci ha aperto anche Mare Bistrot, un secondo locale con una proposta più essenziale e immediata, dove comunque non mancano creatività e attenzione alla qualità (ne abbiamo scritto qui). Una complementarità che rappresenta la sua visione completa della cucina di mare.

È proprio nel contesto di questa ricerca continua che si colloca il progetto che ha come protagonista l'aceto di calamaro, presentato per la prima volta durante la sessione Identità di Pesce del nostro congresso, lo scorso 24 febbraio. 

Durante il suo intervento, lo chef ha mostrato un'evoluzione del piatto Fusilli in assoluto di mare, a sua volta sviluppo dello Spaghetto con i calamari. I fusilli vengono cotti in acqua per sette minuti, poi terminati in un'infusione di calamaro, ottenuta riducendo un brodo fatto con la pelle del mollusco e cipolla, a 46 gradi Brix.

Gianfranco Pascucci con Niccolò Vecchia, che ha presentato la sua lezione al congresso e ha realizzato questa intervista

Gianfranco Pascucci con Niccolò Vecchia, che ha presentato la sua lezione al congresso e ha realizzato questa intervista

«Con gli scarti abbiamo ottenuto un burro di calamaro, dove lasciamo infondere spezie ed erbe a 55 gradi per amalgamare la pasta», ha spiegato durante la presentazione. Per aggiungere collagene e struttura, ha introdotto anche l'orecchio di maiale, «scelto dopo molte prove cominciate col pollo», ridotto e corretto con aceto di vino rosso infuso ai lamponi, poi unito al nero di seppia.

Ma il vero elemento innovativo di questa ricerca è il fermentato di calamaro, che si avvicina a un aceto balsamico. Nell'intervista che ci ha concesso qualche settimana dopo il congresso, Pascucci racconta come è nato questo progetto.

«È nato quando preparavamo la pasta al calamaro. Nel cercare di cambiare le dinamiche abituali, abbiamo immaginato di realizzare questa preparazione al nero con una leggera acidità e un gusto di frutti rossi, in particolare lamponi, per creare un contrasto maggiore e ampliare il profilo gustativo della pasta. Inizialmente infondevo i lamponi nell'aceto e poi aggiungevo la salsa al nero», spiega lo chef.

Da qui è nata la riflessione che ha dato il via al progetto: «Mi sono chiesto: perché devo usare un aceto commerciale per questo gioco? Considerando che questa pasta è realizzata interamente con gli scarti di calamaro, da cui ricaviamo poi la salsa, mi è sembrato naturale immaginare di creare un nostro aceto che potesse svolgere questa funzione».

Fondamentale per lo sviluppo di questa idea è stata la collaborazione con Il Fauno, un'azienda agricola situata sui Monti Aurunci, vicino al mare di Gaeta. «Inizialmente pensavano solo a coltivazioni tradizionali, ma io ho suggerito loro di raccogliere anche erbe spontanee, visto che sono grandi appassionati. Per loro è stata una svolta. Poi hanno iniziato anche a lavorare con le fermentazioni», racconta Pascucci

«Ho affidato a loro questo compito: creare un aceto, qualcosa che andasse oltre la kombucha o il garum, che con il pesce si è sempre fatto. Volevamo realizzare qualcosa di diverso, utilizzando anche le erbe di macchia come il mirto. Loro hanno quindi inserito una pasta fermentata di mirto. Sono bravissimi, veramente professionali. Io non sarei riuscito ad arrivare a questo livello di pulizia del gusto. Volevo ottenere questo risultato, ho dato loro delle direttive e ho detto: "Pensateci voi". Loro mi conoscono molto bene e già al primo tentativo sono riusciti nell'intento», continua lo chef.

Entrando nei dettagli tecnici, Pascucci ci spiega che la ricetta, dopo varie prove, prevede l'utilizzo degli scarti del calamaro: «Principalmente usiamo le pelli e le parti dure del calamaro. Tra gli occhi e dove si trova la sacca del nero, ci sono delle parti un po' dure, prive di sangue e utilizziamo anche quelle. Ma la vera differenza la fa la pelle del calamaro». Questi scarti vengono trasformati in un brodo, ridotto a 42 gradi Brix, a cui vengono aggiunti lieviti e pasta fermentata di bacche di mirto. Il risultato è un prodotto che sviluppa anche una piccola percentuale di alcol, «che a livello palatale fa la differenza».

Assaggiando il prodotto, si percepisce chiaramente sia la parte iodata, marina, sia la componente acetica. Pascucci descrive così l'evoluzione del fermentato: «Questa è stata secondo me la svolta. Adesso stiamo continuando a fare prove, abbiamo iniziato con una salsa di calamaro molto concentrata. Mi piace sperimentare, si può fare in mille modi, a seconda della concentrazione. La cosa che ci ha colpito subito è stata questa sensazione quasi di aceto, di salsa acetica, che va oltre i classici fermentati che ho assaggiato in giro. Ci ha dato forza per crederci ancora di più e abbiamo aumentato la concentrazione della pasta di mirto», aggiunge.

A distanza di diverse settimane dalla presentazione in anteprima, l'aceto di calamaro continua a trasformarsi: «Ha acquisito una rotondità incredibile, è diventato molto più morbido e stabile. Quei punti inizialmente più nervosi – il calamaro forte di primo acchito, l'acidità iniziale – stanno lasciando spazio alla sensazione di mirto, più morbido. Ovviamente mi piace ancora di più così».

Ciò che rende particolarmente interessante questo progetto è la sua versatilità e il modo in cui trasforma completamente la percezione dell'ingrediente originale. Come spiega lo chef: «Il calamaro si discosta dalla sua forma primordiale. Noi vediamo il pesce come qualcosa che cuciniamo e mangiamo. Qui siamo in presenza di un elemento duttile, quasi un ingrediente completamente diverso». Per rendere ancora più efficace il concetto, Pascucci utilizza un paragone intrigante: «È come dire: mangiamo un grappolo d'uva oppure usiamo l'aceto. Usando l'aceto, quasi non pensi più all'uva, diventa qualcosa di trasversale, che va oltre il confine originario. Puoi usare questo aceto di calamaro col parmigiano, con una bistecca, con una verdura».

L'aspetto della sostenibilità, pratica e pensiero che fa parte del lavoro di Pascucci da sempre, è centrale in questo progetto: «Questa è una cosa bellissima, perché tutto viene ottenuto da uno scarto. Probabilmente la cosa più importante per me era rendere lo scarto fruibile per altre preparazioni, quasi fosse stato riciclato. Non so se questa espressione rende l'idea, ma è come se fosse diventato un'altra cosa ancora, quindi ancora più funzionale».

Attualmente, il prodotto è ancora in fase sperimentale e disponibile in quantità limitata. Pascucci ci racconta: «In questo momento non ne abbiamo a sufficienza, abbiamo bloccato quella preparazione. Viene servito con il Mare di plastica e arriva al tavolo solo di qualche persona appassionata, per farglielo assaggiare. Abbiamo poco prodotto anche perché abbiamo accelerato i tempi per arrivare pronti a Identità Milano. Il nostro obiettivo era capire se piaceva, e quale posto migliore di Identità per presentarlo?», spiega.

Fusilli in assoluto di mare

Fusilli in assoluto di mare

La ricerca continua, con l'obiettivo di affinare il prodotto: «Stiamo ancora lavorando, facendo fermentazioni con diverse concentrazioni di calamaro nel brodo, per capire dove andremo a finire prima di passare alla fase di invecchiamento in botticelle. Appena avremo delle soluzioni in merito, cercheremo di contattare anche un'università, per capire come procedere. Stiamo facendo tre fermentazioni con il calamaro meno concentrato, perché abbiamo visto che il brodo di calamaro concentrato, con il lievito, ritorna liquido. Dobbiamo capire cosa succede a livello di gusto, perché con più acqua e meno calamaro è normale che cambi. Stiamo giocando col tempo», aggiunge lo chef.

Le applicazioni di questo aceto di calamaro potrebbero essere molteplici: «Se ti servo un aceto di calamaro e ci condisco un'insalata, il risultato è eccellente. Non è che storci la bocca. Oppure se servo dei frutti rossi con un po' di questo aceto, non c'è alcun problema. Questa è una cosa molto interessante».

Il frutto della collaborazione con Fabrizio Fiorani

Il frutto della collaborazione con Fabrizio Fiorani

E l'evoluzione del calamaro non si ferma al salato. Come rivelato durante la presentazione a Identità Milano, in collaborazione con il pastry chef Fabrizio Fiorani, Pascucci ha sperimentato l'abbinamento tra cioccolato bianco e ristretto di calamaro: «Siamo partiti da uno spaghetto per arrivare al dessert. Il calamaro è diventato altro!».

Questo aceto rappresenta una nuova frontiera per la cucina di Pascucci, un modo per esplorare nuove possibilità partendo dagli scarti, trasformandoli in un ingrediente che può aggiungere profondità e complessità a piatti di diversa natura. Un esempio concreto di come innovazione e sostenibilità possano diventare parte essenziale dell'avanguardia in cucina.


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