Era da tempo che Nino Di Costanzo aspettava di imboccare la strada giusta per arrivare a Napoli: «Ci sono state occasioni, contatti, ma ho sempre declinato, perché non ero davvero convinto», racconta oggi lo chef ischitano, che a 52 anni ha finalmente trovato nel de Bonart Naples - Curio Collection by Hilton l'opportunità che desiderava. «Qui ho incontrato le garanzie e la solidità che cercavo, è un progetto in cui credo molto e sono felice che sia così».
Non si tratta della semplice consulenza di uno chef di primo piano con un hotel di lusso: c'è un investimento di pensiero e presenza che va ben oltre il ruolo tradizionale dello chef consulente. Lo conferma anche la dirigenza dell'hotel, che altrettanto cercava da un po' di tempo il partner giusto con cui aprire un ristorante di fine dining. Sono stati diversi gli interlocutori che non hanno dimostrato di avere le caratteristiche giuste, finché Di Costanzo ha saputo trasmettere la dedizione necessaria per un progetto di questa portata.

La facciata del de Bonart
Il risultato è che lo chef ha avuto carta bianca nella costruzione della squadra, portando con sé persone di fiducia assoluta: in cucina il resident chef è
Antonio Autiero, professionista che vanta esperienze significative nella ristorazione d'autore, tra cui l'
Enoteca La Torre a Roma, e in sala un team altrettanto selezionato personalmente. Una brigata costruita per interpretare con precisione la visione gastronomica di
Di Costanzo, che dopo le due stelle Michelin conquistate prima al
Mosaico dell'hotel Terme Manzi e poi a
Danì Maison - il ristorante aperto nella casa di famiglia a Ischia - porta per la prima volta la sua cucina nel capoluogo campano.
Il
de Bonart Naples occupa un edificio che dal 1870 accoglie viaggiatori nel cuore di Chiaia. Nato come
Pensione Britannique, è stato completamente ristrutturato nel 2020 con un progetto che ne ha fatto un omaggio all'arte contemporanea campana, prendendo il nome
de Bonart nel 2024. Il nome stesso - crasi tra "bon" e "art" - anticipa quello che si trova all'interno: 150 opere di 50 artisti del territorio, commissionate attraverso lo
Studio Gnosis per interpretare miti e leggende napoletani.
L'impegno culturale si esprime in questo progetto di Corporate Art Company, che trasforma gli spazi dell'hotel in luoghi di fruizione artistica. Dalla lobby, dove campeggia il
Totem di
Sergio Fermariello - un'opera che richiama l'immaginario dei cavalieri medievali - si snoda un percorso che tocca ogni ambiente.
La Sibilla di
Daniela Pergreffi accoglie gli ospiti nella lobby blu, mentre l'opera sonora
Ascolto di
Antonella Raio, che racchiude le voci dei cittadini napoletani, risuona nella lobby rossa.
Roberto Polidori ha creato
Villa dei Misteri per la lobby verde, mentre
Rosso Vesuvio e
Bianco Vesuvio di
Gennaro Regina si trovano nell'American Bar.
Le sei suite prendono nome da figure della tradizione partenopea - Partenope, Ovo, Diamante, Sibilla, 'Mbriana e Donna Regina - e ospitano a loro volta delle opere dedicate.

La vista da una delle camere dell'hotel
Al quinto e sesto piano dell'hotel il protagonista diventa il panorama di Napoli e del suo golfo: le terrazze ospitano il
Macphersons Rooftop e il
NiqBar, spazi dove convivono un ristorante, lo spazio per le colazioni, il bar e una piccola piscina. Lo sguardo spazia liberamente: davanti, il golfo di Napoli si distende da Posillipo fino alla Costiera, mentre alle spalle il Vomero mostra il suo volto più elegante con le residenze liberty che punteggiano la collina. È un panorama che racconta la stratificazione di Napoli, dalla linea blu del mare alle architetture che si arrampicano verso l'alto.
Il ristorante
Deschevaliers si trova invece al piano terra: il suo nome deriva proprio dal
Totem di
Fermariello che domina la lobby e che evoca le figure dei cavalieri. Non a caso anche il logo del locale è stato affidato allo stesso artista, creando continuità tra il progetto artistico dell'hotel e quello gastronomico.
La filosofia che guida la cucina del Deschevaliers è chiara nelle parole dello chef: «La napoletanità sarà al centro dei nostri menu, con cui proporremo una cucina ricercata ma riconoscibile, senza eccessi di sperimentazione o creazioni troppo cerebrali. Ci faremo sempre ispirare da piatti tradizionali, come la carne alla pizzaiola o l'insalata di mare». Non si tratta però in alcun modo di ripetizione del già visto, Di Costanzo ha immaginato un percorso che riesce a rappresentare l'essenza della cucina campana attraverso uno sguardo personale e contemporaneo. Come fa da molti anni nel suo ristorante a Ischia.

Insalata di mare fredda...
Il percorso di degustazione rivela progressivamente l'obiettivo dichiarato. L'
Insalata di mare che apre il menu è emblematica dell'approccio di
Di Costanzo, per come la tecnica impeccabile dello chef riesce a trasformare radicalmente un piatto della tradizione marinara napoletana. «L'insalata di mare dovrebbe essere servita tiepida - spiega - io ho voluto separare il freddo dal caldo per dare maggiore attenzione a ciascun elemento».
Il risultato sono due piatti serviti contemporaneamente: la parte fredda si presenta come un mosaico di pesci marinati con tecniche diverse, disposti con precisione geometrica e circondati da oli verdi aromatizzati che aggiungono freschezza e profondità aromatica. La parte calda è invece una zuppetta a base di patate con molluschi appena scottati, confortevole e avvolgente, che bilancia la complessità del piatto freddo con la sua semplicità gustosa.
L'
Astice in parmigiana è un classico della cucina di
Di Costanzo che unisce un crostaceo prestigioso e ricercato alla natura sommamente popolare della parmigiana di melanzane. Il risultato è un piatto di equilibrio millimetrico, in cui i pochi elementi riescono a spiccare il volo insieme.
Il
Coniglio - omaggio alle radici ischitane dello chef - è un'altra dimostrazione di perizia tecnica in cucina: servito con pastinaca, mela verde e taccole, ogni taglio riceve una cottura specifica, garantendo consistenze sempre appropriate e un gioco di texture che mantiene vivo l'interesse al palato boccone dopo boccone. Nel
Risotto ai limoni con gamberi e zucchine, il piatto diventa una tela bianca punteggiata da elementi colorati, e aromatici, disposti con cura minimalista.

Paccheri ai cinque pomodori
I
Paccheri ai cinque pomodori rappresentano l'unico piatto del menu che mantiene un'impostazione completamente tradizionale. Serviti nel tegame di rame, con un sugo in cui la maggior parte dei pomodori viene appena scottata per conservarne il sapore più naturale e intenso, rivendicano la propria natura senza tempo, senza alcun bisogno di essere contemporanei per essere perfetti.
Il
Filetto in pizzaiola è di contro la rilettura più audace del percorso: oltre a nobilitare un altro piatto popolare con una carne di qualità sopraffina,
Di Costanzo sceglie la 'nduja per creare con il pomodoro una base piccante piuttosto intensa, che esalta la dolcezza della carne. Davvero buono, è forse il piatto più deciso di un menu che gioca principalmente su delicatezza ed equilibrio.
Tra i dessert ritroviamo quello che fu un must della proposta del
Mosaico e di
Danì Maison, e che
Identità Golose premiò nel 2013 come dolce dell'anno:
Napul'è si presenta come una composizione ironica ed evocativa, che gioca con i simboli della città. Dal caffè sospeso alla pizza, dalla maglia di Maradona al sangue di San Gennaro, fino al sacco dell'immondizia. Tutto diventa dolce e goloso, oltre che spettacolare e divertente. Noi abbiamo assaggiato un altro dessert composito:
I dolci formaggi propongono un gioco sofisticato sulla sapidità. Piccoli assaggi presentati su piattini diversi, dove ogni formaggio viene declinato in chiave dolce. In entrambi i casi non c'è mai una scelta puramente estetica: ogni elemento è calibrato nel suo ruolo all'interno della composizione, ogni boccone merita di essere assaggiato.
La carta dei vini, curata dal sommelier
Flavio Fusco, conta già 500 etichette e conferma la particolare attenzione all'identità campana. Tra le bottiglie degustate, il Core bianco di
Montevetrano e il Fiano di Avellino di
Guido Marsella dimostrano come la selezione punti su produttori che interpretano il territorio con personalità e rigore.
Questo primo menu del Deschevaliers mostra già una maturità notevole per un ristorante appena aperto. La solidità viene dalla combinazione di diversi fattori: l'esperienza di Di Costanzo, che porta a Napoli non solo il suo nome ma un metodo di lavoro consolidato in anni di successi; la bravura di Antonio Autiero nell'interpretare questa visione con precisione e sensibilità; il supporto di una proprietà che ha creduto nel progetto dando piena fiducia allo chef.
Il fatto di trovarsi in un hotel di lusso con una forte identità culturale, aggiunge valore all'esperienza gastronomica, creando quel dialogo tra arte, territorio e cucina che è sempre più ricercato dalla clientela internazionale. Con queste premesse, Deschevaliers ha tutte le carte in regola per affermarsi rapidamente. Non solo per la firma prestigiosa che porta, ma per la coerenza di un progetto che sa dove vuole andare e ha gli strumenti per arrivarci.