04-03-2022

Passione Italia-Francia: la cucina di Andrea Monesi a Identità Golose Milano

Attenzione massima all’estetica e sapori intensi tra Piemonte e influenze d’oltralpe. Come dimostrano le Tagliatelle 37 tuorli – interpretazione dei tajarin – con ragù d’anatra, zeste d’arancia e salsa al foie gras. Un matrimonio che funziona...

L’esperienza continua: per prenotare le cene di

L’esperienza continua: per prenotare le cene di venerdì 4 e sabato 5 marzo a Identità Golose Milano clicca qui. Il costo del menu è di 78 euro abbinamento vino incluso (90 euro con l’abbinamento di un calice di Champagne Brut R de Ruinart Aoc). Nell'immagine Monesi è a fianco di Edoardo Traverso resident chef di Identità Golose Milano

Bellezza ed eleganza. L’aspetto estetico non è predominante sul gusto, ma ha comunque un’importanza vitale per Andrea Monesi, giovane chef classe 1991, nato a Novara e ormai adottato da Orta San Giulio, splendido borgo affacciato sull’omonimo lago.

Una carriera in crescita e sempre con le radici ben affondate nella Locanda di Orta, dove ha iniziato giovanissimo come sous chef nel 2012 e che oggi è tutta sua (e della socia e sommelier Sara Orlando). La stella c’era già prima, ma dal 2019 porta il suo nome. La struttura ospita il ristorante gourmet, l’AM bistrot e 9 camere per una sosta in relax.

A Identità Golose Milano, Andrea Monesi ha portato la sua passione per una cucina raffinata e concreta al tempo stesso, ispirata alle tradizioni piemontesi e con uno sguardo attento alla Francia.

«In un periodo in cui sembrano vincere le mode, io mi sono chiesto “Cosa resterà davvero tra 10 anni?”. La mia risposta è stata “La grande cucina italiana e francese”. Ad esempio, non credo nelle fermentazioni: io, anzi, penso di essere molto fortunato a vivere in Italia e ad avere l’ortolano che mi porta, ogni giorno, splendide verdure fresche. Perché devo rovinarle e alterarle facendole “aggredire” da un processo di fermentazione? Noi abbiamo una biodiversità unica, è il bello dell’Italia, della Francia e del Mediterraneo, dovremmo valorizzare questa fortuna. Se voglio dare acidità ad un piatto, posso usare aceti diversi, da quello di sambuco a quello di mele bio, fino all’aceto di champagne. Perché andare lontano quando abbiamo tesori in casa?».

«La filosofia è chiara: alla Locanda applichiamo una tecnica a una ricetta classica, non stupiamo con tanto fumo e poco arrosto. Nei piatti c’è sempre sostanza supportata dalla tecnica. La linea guida è quella del ricordo delle feste in famiglia, come dimostra il piatto La capasanta che voleva essere gratinata, un classico che viene ripensato nell’estetica ma non stravolto nel gusto».

A Identità Golose Milano Monesi ha deciso di portare alcuni piatti signature, in carta alla Locanda dal 2019, e che – spiega lo chef – ha scelto perché sono i più amati dai suoi clienti (ecco perché, tra un mese, inaugurerà un nuovo menu I Classici, che comprenderanno anche la Carbonara di mare e il Coniglio tonnato).

Lo chef Andrea Monesi al lavoro nella cucina di Identità Golose Milano

Lo chef Andrea Monesi al lavoro nella cucina di Identità Golose Milano

«L’estetica è un ingrediente fondamentale perché mi piace che l’ospite mangi anche con gli occhi e si stupisca non appena il piatto viene poggiato sul tavolo – spiega Monesi -. La cucina deve coinvolgere tutti i sensi. Scelgo personalmente i supporti, che declino per ogni creazione. Ad esempio, la capasanta, trasformata in un velo, viene messa su una speciale ceramica decorata che ne richiama l’aspetto marmorizzato».

«La mia ispirazione viene dalla natura in primis – continua lo chef -. Appena ho un momento libero, vado a pescare». Esperienze che si trasformano in piatti, come il Fish and chips, rocce di baccalà mantecato (a richiamare le origini venete del papaà) su crema di patate e con chips di patate a forma di farfalle».

L’amore profondo per la Francia è dimostrato da continui viaggi e dalla costate presenza del Piccione nel menu, coscia disossata ripiena di foie gras e datteri poi rivestita da una foglia di verza, il petto cotto arrosto, il filetto crudo e marinato come una carne salada trentina, per finire con un bon bon di foie gras accompagnato da un gel di ginger incapsulato in una cialda croccante.

Sara Orlando, sommelier e responsabile di sala della Locanda di Orta

Sara Orlando, sommelier e responsabile di sala della Locanda di Orta

«In Piemonte è fortissima l’influenza francese, io da piccolo, ad esempio, andavo in Val Sesia e la nonna mi cucinava le lumache al burro».

La tecnica si riconosce nei fondi, che esaltano la materia prima: «I fondi sono sentimento – sottolinea Monesi -. Non c’è una ricetta prestabilita, al ristorante li coccoliamo come un bambino: se il fondo è buono è la spina dorsale del piatto».

«Noi siamo estremamente curiosi e la scelta dei vini cerca di accompagnare al meglio i piatti creativi di Andrea - spiega Sara Orlando, socia, sommelier e responsabile di sala -. La nostra cantina conta più di 1000 etichette.  Inoltre dobbiamo sempre tenere presente che abbiamo, soprattutto in estate, una clientela che al 70% è straniera, e quindi cerchiamo di offrire i grandi classici italiani, piemontesi, veneti, toscani e del sud Italia. Abbiamo solo 7 tavoli e far sentire l'ospite a casa è la nostra missione. Per la clientela italiana, invece, scelgo alcune chicche, come una vasta scelta di Timorasso, vitigno autoctono piemontese che abbino, ad esempio, all'ottima tagliatella 37 tuorli che abbiamo portato anche a Milano».

E ora scopriamo i piatti che Andrea Monesi di Locanda di Orta ha presentato all’hub di cucina internazionale di Via Romagnosi 3 a Milano.

La capasanta che voleva essere gratinata

La capasanta che voleva essere gratinata

La capasanta che voleva essere gratinata

Guardi il piatto e non ti aspetti che, al palato, ricorda la capasanta gratinata dei pranzi festivi in famiglia. L’estetica è raffinata, il ricordo gustativo arriva dopo.

«Non volevo perdere quel senso di gioia che danno i pranzi in famiglia – spiega lo chef – così ho ripensato la capasanta in chiave contemporanea». Alla base del piatto una spuma leggera che incorpora i sapori della gratinatura (pangrattato, prezzemolo, olio extravergine di oliva). Sopra la capasanta fresca, viene frullata e ridotte in crema, cotta sottovuoto a bassa temperatura fino a prendere le sembianze di un velo, marmorizzato col nero di seppia. La parte croccante è data dalla quinoa soffiata

In abbinamento le bolle del Brut metodo classico di Di Sipio o del Ruinart Blanc de Blancs Aoc. 

Tagliatelle 37 tuorli, ragù d’anatra, arancia

Tagliatelle 37 tuorli, ragù d’anatra, arancia

Tagliatelle 37 tuorli, ragù d’anatra, arancia

37 tuorli come recita la tradizione piemontese per i tajarin. «Io converto la tradizione in tagliatella per avere al palato una pasta fresca che dà la sensazione di tenacia di una secca, con una eccezionale masticabilità». Passione Francia che torna nel ragù d’anatra. I pezzi di carne sono battuti al coltello, passati in padella con olio, burro e scalogno, sfumati con vino rosso. Evaporata la parte alcolica, la carne viene arricchita con il fondo delle ossa dell’anatra. La cottura è atipica per un ragù, è veloce, per lasciare le carni morbide e rispettarne le caratteristiche. Fuori dal fuoco, il ragù d’anatra è profumato con zeste d’arancia per conservarne gli oli essenziali. Tocco finale, una ricca salsa al foie gras, «Il foie gras arriva intero, viene tagliato in scaloppe, cotte in una padella antiaderente con un po’ di burro e frullate con panna sale e pepe». Semplicità e bontà.

In abbinamento il Pinot Rosè DOC di Stroblhof

Vitello dry aged 90 giorni, barbabietole, cipolla caramellata

Vitello dry aged 90 giorni, barbabietole, cipolla caramellata

Vitello dry aged 90 giorni, barbabietole, cipolla caramellata

«Un piatto che ho pensato per valorizzare la Fassona piemontese – spiega lo chef Andrea Monesi -. Prendiamo il carrè de La Granda, invecchiato 90 giorni. Le carni sono scottate in olio e burro velocemente per sigillarle, profumate con salvia, timo e rosmarino, poi fatte riposare. Pochi trattamenti per preservarne la delicatezza e la morbidezza. Questo prodotto è già praticamente perfetto così, non serve altro».

Il vitello viene accompagnato dal tono deciso di una crema di barbabietola affumicata e dischetti aciduli e croccanti, passati nell’aceto di mele. A bilanciare, il tocco agrodolce della cipolla caramellata fondente, anche qui cotta “alla francese”, nel burro e con brodo di pollo. Naturalmente non può mancare il suo fondo di accompagnamento, “spina dorsale del piatto”.

In abbinamento il Langhe Nebbiolo DOC di Tenuta Cucco

White Rose a base di rosa, vaniglia, litchi

White Rose a base di rosa, vaniglia, litchi

White Rose a base di rosa, vaniglia, litchi

«Il più bel dono che possiamo ricevere nella nostra vita è quello della chiarezza di una rosa -  dice Monesi -. Amo i dolci leggeri, che giocano sulla delicatezza. Sono la coccola e il bacio finale, che ti fanno venire voglia di tornare in quel ristorante».

Si tratta di una monoporzione totalmente bianca su piatto bianco composta da una bavarese di vaniglia barboun con vuore al litchi, su base di un frollino montato al burro inzuppato in acqua di rosa. L’equilibrio sta sempre nei contrasti, e, quindi, a coprire un gel acidulo che sembra una rugiada a base di acqua di rose a aceto di mele a bilanciare la dolcezza della vaniglia. Si finisce con una nuvola di leggerezza.

In assonanza, il cocktail White Sensation a base di Belvedere Vodka, succo di limone, sciroppo di litchi, liquore ai fiori di sambuco

Le cene firmate da Andrea Monesi di Locanda di Orta sono disponibili anche il 4 e il 5marzo all’hub di Identità Golose Milano. Per prenotare il tuo tavolo, clicca qui. Il costo del menu è di 78 euro abbinamento vini incluso (90 euro con l’abbinamento di un calice di Champagne Brut R de Ruinart Aoc).

 


Identità Golose Milano

Racconti, storie e immagini dal primo Hub Internazionale della Gastronomia, in via Romagnosi 3 a Milano

a cura di

Annalisa Leopolda Cavaleri

giornalista professionista e critico enogastronomico, è docente di Antropologia del Cibo e food marketing all'Università di Milano e all'Università Cattolica. Studia da anni il valore simbolico del cibo nelle religioni e collabora con alcune delle più importanti testate del settore

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