L'hub di via Romagnosi ha ospitato lunedì 2 dicembre una serata nel segno dell'italianità più autentica, quella che si esprime attraverso due icone come la Margherita e il Negroni. Protagonisti della cena, realizzata in collaborazione con Molino Casillo e il suo innovativo sfarinato Altograno®, sono stati Lorenzo Sirabella e Edris Al Malat di Dry Milano, affiancati dall'executive chef di Identità Golose Milano Edoardo Traverso e, in apertura, da Marco Cacace di Pizzeria Noël a Lecce.
Un percorso verticale che ha proposto tre interpretazioni della Margherita, ciascuna abbinata a una variazione sul tema del Negroni: una selezione tratta dai due menu paralleli che Dry dedica a questi due pilastri del gusto italiano, sei Margherite e sei Negroni che rappresentano una delle proposte più apprezzate del locale milanese.
Ad aprire la serata, il
Padellino con battuta di manzo, crema di Parmigiano 24 mesi e zeste di limone firmato da
Marco Cacace, che ha introdotto la filosofia
Altograno attraverso un boccone dalla saporita croccantezza. A seguire, lo
Gnocco mantecato alle erbe, seppia e salsa al nero di
Edoardo Traverso, realizzato con lo sfarinato
Altograno, che si è fatto apprezzare per la sua piacevole consistenza, morbida e soda al tempo stesso, perfetta per accogliere la ricca scioglievolezza del condimento.
Altograno rappresenta una sorta di "terzo luogo" tra farina bianca e integrale. Un prodotto nato da un processo brevettato chiamato
Lavorazione Circolare, che permette di recuperare le frazioni più nobili del chicco di grano, il germe e l'aleurone, stabilizzandole e reintegrandole nello sfarinato. Il risultato è un prodotto con il 50% di proteine in più rispetto a un'integrale di alta qualità e un profilo di fibre solubili che lo rende più digeribile e privo di quegli off-taste spesso associati ai prodotti integrali.
Il cuore della serata è stato il dialogo tra Lorenzo Sirabella e Edris Al Malat, un lavoro a quattro mani costruito negli anni passati insieme a Dry. «Abbiamo condotto molte sperimentazioni nel corso degli anni», racconta Al Malat. «Ci siamo spinti sulla stagionalità e lo facciamo tuttora, ma parallelamente volevamo valorizzare l'italianità. Così abbiamo deciso di strutturare una carta di Margherite e una di Negroni, che sono i capisaldi del gusto italiano. Siamo partiti dai classici per poi sviluppare varianti, modificando la parte del vermouth, del bitter o del distillato. Ci siamo confrontati con Lorenzo, un lavoro a quattro mani e due teste: ci siamo divertiti a creare questo percorso».
La prima proposta della serata è stata la
Margherita Provola & Pepe Fritta: «Abbiamo deciso di portare un grande classico del nostro menu», spiega
Sirabella, «ma per non proporre la solita pizza napoletana l'abbiamo declinata nella frittura: una pizza fritta con provola di bufala, datterini arrostiti al forno fino a renderli belli asciutti, pepe nero di Sarawak, Pecorino romano e basilico».
Per l'abbinamento, Al Malat ha scelto il Mezcal Negroni: «Abbiamo sostituito il gin con il mezcal, un distillato di agave affumicato che richiama la nota della provola. In questo caso siamo andati in parallelo e non per opposizione. Abbiamo aggiunto anche un liquore al peperoncino verde per dare un'ulteriore sfumatura, che si sposa molto bene con il pepe della pizza. La base rimane quella classica: Campari e vermouth rosso».
A seguire, la
Margherita Croccante. «Abbiamo seguito il trend degli ultimi anni, che è quello di ricercare sempre più il morso croccante», racconta
Sirabella. «Da qualche mese abbiamo inserito in carta questa interpretazione e abbiamo voluto portarla qui: una treccia di mozzarella di bufala spezzata a mano, pomodoro San Marzano, Parmigiano Reggiano e basilico».
L'Almond Negroni che l'accompagna è, nelle parole di Al Malat, «un Negroni più morbido. Abbiamo sostituito il vermouth rosso con un bianco, quindi con una componente più floreale e agrumata, e abbiamo lavorato il Campari infondendolo con un tè alla mandorla e al miele. Volevamo richiamare, metaforicamente, la parte crunch della Margherita».
A chiudere il trittico, la
Margherita del Vesuvio. «Qui abbiamo giocato sulle diverse consistenze del pomodoro», spiega
Sirabella. «I pomodorini del Piennolo, sia rossi che gialli, sono disposti a crudo, mentre altri pomodorini sono cotti al forno. Il tutto completato da fiordilatte, Parmigiano Reggiano e basilico fresco».
Per l'abbinamento, Al Malat ha ideato il White Negroni: «Essendo una pizza senza passata di pomodoro come base, ricca di formaggio, abbiamo voluto conferire una nota agrumata costruendo un Negroni bianco. Abbiamo utilizzato un gin al limone, vermouth bianco e bitter Strega, che dona una sfumatura erbacea. Il tutto infuso a bassa temperatura con della melissa, per esaltare ulteriormente la freschezza».

Lorenzo Sirabella alle prese con la frittura
Il percorso tra pizza e cocktail è frutto di una filosofia che
Sirabella ha maturato nel tempo. «Quando sono arrivato a Milano, una decina d'anni fa, ho scoperto una cultura della miscelazione che non conoscevo», racconta. «A Napoli, quindici anni fa, non avrei mai bevuto un Negroni: non c'era quella sensibilità. Qui ho capito cosa c'era dietro quel mondo, quanto studio e quanta storia. Il primo anno a
Dry ho mantenuto le caratteristiche del precedente format: la gente veniva a fare l'aperitivo, ma non esisteva un vero abbinamento tra pizza e cocktail. Poi, studiando insieme ai ragazzi del bar e approfondendo, abbiamo creato un percorso condiviso».

Edris Al Malat durante la miscelazione del primo dei suoi Negroni
Un lavoro che negli ultimi quattro anni si è spinto fino alla condivisione degli ingredienti: «Ormai l'80% dei prodotti che abbiamo in cucina si ritrovano anche nei drink», prosegue
Sirabella. «Abbiamo fatto un grande lavoro sugli sprechi: tutte le parti che non utilizziamo in cucina vengono inserite all'interno dei cocktail. C'è una vera fusione tra le due anime del locale. Nella nostra carta, accanto a ogni pizza suggeriamo l'abbinamento che riteniamo perfetto, ma anche scegliendo diversamente si troverà sempre un drink in grado di accompagnare bene il piatto, perché tutti i nostri signature sono bilanciati per non coprire mai la pizza: nessun eccesso di amaro, di zucchero o di acidità».
Quando si tratta di mettere mano a un classico come il Negroni, Al Malat non ha dubbi su cosa debba rimanere intoccabile: «Si può intervenire sul distillato e sul vermouth, ma la componente bitter che contraddistingue il Negroni deve esserci sempre. Partiamo da questo caposaldo per poi lavorare su tutto il resto».

Edoardo Traverso completa il suo dolce
A chiudere la serata, la
Bavarese al cioccolato, cremoso al caffè e tuile alla nocciola firmata da
Edoardo Traverso, realizzata anch'essa con farina
Altograno: una composizione armoniosa, perfetta conclusione per un percorso nel segno della piacevolezza giocata su ingredienti classici. Un fil rouge che ha attraversato tutta la serata, dalla pizza al cocktail, dal padellino di apertura al dolce finale: l'italianità come equilibrio, rispetto della tradizione e ricerca costante.