Un menu che è un viaggio nel tempo: è quello che ha portato a Identità Golose Milano per celebrare i suoi settant'anni Igles Corelli, maestro indiscusso della cucina d'autore italiana, un vero pioniere che ha segnato in modo sostanziale la storia della ristorazione del nostro paese. La serata del 21 ottobre ha rappresentato un momento di festeggiamento ma anche di riflessione, con piatti che raccontano quattro decenni di evoluzione culinaria e che dimostrano come la vera innovazione possa rimanere significativa anche a distanza di parecchi anni.
Nelle settimane precedenti avevamo raccontato su queste pagine la straordinaria carriera di questo chef, dall'esperienza rivoluzionaria del Trigabolo di Argenta con quella brigata leggendaria da cui sono usciti nomi come Bruno Barbieri e Mauro Gualandi, fino alle riflessioni più intime sui momenti difficili che lo hanno portato a evolvere la sua cucina. Questa sera speciale è stata l'occasione per vedere concretamente, e assaggiare, cosa significhi avere attraversato e anticipato tutte le rivoluzioni della cucina contemporanea.
Il menu proposto è stato una selezione precisa di piatti che hanno segnato tappe fondamentali della carriera di Corelli. Cinque creazioni, datate dal 1986 al 2018, che raccontano l'evoluzione di un pensiero gastronomico sempre in movimento.
«Ho voluto far capire la cadenza del tempo», spiega
Corelli. «Come un piatto degli anni Ottanta possa essere ancora attuale dopo quarant'anni. E via via anche gli altri hanno una loro filosofia legata alle tecniche, perché ci sono - si vedono poco ma ci sono - tantissime tecniche. Sono piatti che personalmente sono collegati a momenti belli della mia vita».
La Cipolla d'oro del 1989, il piatto che ha segnato un'epoca
Particolarmente significativa la storia del budino di cipolla dorata con foie gras, ribattezzato
Cipolla d'oro dopo aver vinto l'omonimo premio a Sermide. «La cosa interessante è che in quel periodo c'è stato proprio il cambio di passo tra la vecchia cucina e la cucina moderna», racconta lo chef. «Mi sono presentato dove c'erano cuochi che facevano piatti come la Torre degli Asinelli, la Bocca del Leone - delle costruzioni scenografiche imponenti - e io arrivo con un vecchio piattino
Ginori, con questo budino e i porri con il foie gras. Lì c'è stato proprio il cambio di passo».
Un episodio che fotografa perfettamente un momento storico: la transizione dalla cucina appariscente e barocca a quella più essenziale e concentrata sui sapori che sarebbe diventata il paradigma della modernità.
Il Mojito di Parma e la collaborazione creativa
Il risotto alla parmigiana con lime e menta, creato nel 2016 insieme a
Marco Cahssai, suo storico sous chef, rappresenta un altro aspetto fondamentale della filosofia di
Corelli: la capacità di lavorare in squadra e di riconoscere il valore della collaborazione. «L'abbiamo creato insieme e quindi ho voluto portarlo», dice semplicemente, ma in questa frase c'è tutto il rispetto per il lavoro di brigata che ha sempre caratterizzato il suo approccio.
Le ultime creazioni
Ad aprire la cena, una entrée giocosa oltre che golosa: la
Pappa al pomodoro che si crede un hosomaki è stata creata per
Mercerie, il format romano di finger food gourmet, rappresenta un capitolo diverso della creatività di
Corelli, che qui gioca a unire un piatto profondamente legato alla tradizione italiana con l'idea di un sushi.
C'è una citazione giapponese (il tataki) anche nel piatto del 2018
Il capriolo si fa tonno, l'ultimo creato a
Villa Rospigliosi, legato alla caccia - «che per me è una delle materie prime più importanti» - e nobilitato da un equilibrio mirabile tra dolcezza e piccantezza nel chutney di mele speziate.
I bignè del Trigabolo, un'eredità che continua
E poi ci sono i bignè del 1986, forse il piatto più simbolico della serata. «I bignè fanno parte del
Trigabolo: tutti i cuochi che sono passati da quel ristorante - che tra l'altro poi hanno preso
cinquantuno stelle Michelin in totale - fanno ancora i bignè. È un marchio di fabbrica». Per prepararli perfettamente hanno dovuto portare una salamandra anche in via Romagnosi: «Serve per avere quell'effetto caramellato sopra, mentre dentro rimangono ancora un po' freddi».
La tecnologia come DNA creativo
Sorprende sentire Corelli, a settant'anni, parlare con entusiasmo di tecnologia e sperimentazione. «Quando mi trovo con ragazzi giovani, io sono il dinosauro in mezzo a loro. Però quando inizio a parlare e dico: "Guardate, a settant'anni ho un laboratorio tecnologico con l'abbattitore a ultravioletti, il Pacojet, il Roner, la bassa temperatura, il forno a vapore compresso, l'abbattitore criogenico..." Ho un sacco di cose che molti non sanno neanche cosa siano!».
L'entusiasmo è ancora quello di un ragazzo quando racconta le sue scoperte: «Con la liofilizzazione ho scoperto che il pistillo del fiore della zucchina femmina è più dolce del miele. Chi lo sa? Lo scopri perché fai sperimentazione e hai la possibilità di avere delle tecnologie per farla. Quindi sono moderno».
Il futuro: insegnare e tramandare
Alla domanda se a questo punto della sua vita aprirà altri ristoranti, la risposta è netta: «No. In questo momento amo fare altre cose. Mi piace insegnare ai giovani, mi piace comunicare quel poco che so, andare in giro, fare eventi. Non riuscirei più a stare sedici ore in cucina».
Ma il suo sguardo sulla ristorazione contemporanea è lucido e per certi versi preoccupato. Alla richiesta di una valutazione sullo stato di salute della cucina d'autore oggi, la risposta è spiazzante nella sua semplicità: «Non c'è più la materia prima. Quando mangi cose tutte uguali... Dalle capesante che vengono dall'America e sanno di plastica alle triglie... La settimana scorsa sono andato sull'Appennino e ho mangiato in un ristorante di fascia medio-alta un coniglio che mi lasciava il grassetto sulle dita quando lo mangiavo. Di fronte a quella materia prima lì dici: chapeau! Ma non c'è quasi più. Vai a mangiare in giro ed è tutto uguale. Sì, è bello, "instagrammabile", fai la foto... poi morta lì».