Era il primo settembre del 2015 quando apriva le sue porte per la prima volta Contraste, il ristorante in via Meda 2 nato dalla complicità umana e professionale tra Matias Perdomo, Simon Press e Thomas Piras, consolidata negli anni precedenti all'altrettanto milanese Pont de Ferr. Un progetto ambizioso, che abbiamo iniziato a raccontare con questo articolo ancora prima dell'apertura del ristorante, e che in questi dieci anni è diventato uno dei punti di riferimento della cucina d'autore in città e non solo, conquistando la stella Michelin nel 2018 e mantenendo una costante tensione verso la ricerca, il pensiero gastronomico, la sperimentazione.
Per celebrare questo importante anniversario, giovedì 11 settembre Identità Golose Milano aprirà la sua nuova stagione ospitando una serata speciale con protagonista Matias Perdomo, che presenterà per l'occasione un menu che rappresenta il lavoro che Contraste sta facendo su Riflessioni, il percorso degustazione più contemporaneo del ristorante, nato due anni fa come evoluzione del celebre menu Riflesso. (e di cui Gabriele Zanatta, su queste pagine, ha scritto in due occasioni: qui nel 2023 e qui a inizio 2025).
Questa prima cena di settembre sarà un'occasione unica per approfondire l'evoluzione della visione gastronomica di uno chef che, come ha scritto la Guida 2025 di Identità Golose, continua a "colpire per l'audacia degli abbinamenti, quasi sempre accoppiamenti inediti tra ingredienti noti". In attesa di questa serata, abbiamo incontrato Perdomo per ripercorrere insieme questi dieci anni di storia e capire come si è evoluta la sua visione della ristorazione e della creatività.

In questa foto, scattata ad agosto 2015, i tre soci fondatori di Contraste. Da sinistra Thomas Piras, Matias Perdomo e Simon Press. Piras oggi ha lasciato il lavoro quotidiano come responsabile di sala e di cantina del ristorante, ma resta socio e continua a coordinare questa parte della vita di Contraste, confrontandosi con Micol Tonti, sommelier, e Cristina Ercoles (ex Identità Golose Milano!), responsabile di sala
Ripensando a dieci anni fa, a quando presentavamo insieme il "menu a specchio" di Contraste ancora prima dell'apertura, quali sono le intuizioni di allora che si sono rivelate più azzeccate?
I primi passi sono stati molto meditati e credo che abbiamo azzeccato la cosa più importante: il concetto di non avere un paragone con gli altri. Il paragone è il ladro della felicità. Quando trovi aragosta, caviale e besciamella pensi subito: "Ah, assaggiamo questa aragosta, vediamo com'è perché l'ho mangiata da Pinco Pallino a Portofino". Abbiamo voluto togliere la descrizione dei piatti per permettere agli ospiti di lasciarsi andare e farsi guidare.
Nella nostra idea iniziale, che oggi continua a essere molto presente, c'era la volontà di eliminare i preconcetti. All'inizio creava stupore - un menu senza menu! - ma si è rivelata vincente perché la gente è diventata complice della serata, e continua a esserlo tuttora. Arrivano con un'apertura mentale, con la voglia di assaggiare i piatti senza sapere cosa succederà. C'è una sorta di mistero, ma ovviamente per gestirlo serve una grandissima capacità di ascolto.
I camerieri devono saper ascoltare. È fondamentale che in quella prima chiacchierata cerchiamo di capire qual è il mood della serata, cosa desiderano gli ospiti. Facendo qualche domanda - prenotazione, allergie, intolleranze, cose che non piacciono - iniziamo già a delineare quello che sarà il loro percorso. Se qualcuno mi dice che non gli piacciono le interiora, è inutile che lo provochi mettendogli un rognone. Lo ascolto e in base a questo costruisco il percorso. A volte noi chef siamo dittatori del gusto. Ti dicono che non gli piacciono le mele e noi rispondiamo: "Sì, ma le mie ti piaceranno!" Ma perché? Me l'hai appena detto che non ti piacciono! Questo menu Riflesso continua a essere vincente perché mantiene questa complicità con l'ospite che arriva, non sa cosa c'è, ma sa che vivrà un momento di scoperta progressiva del menu.

Perdomo con l'altro chef di Contraste, l'argentino Simon Press
Il menu Riflesso si è evoluto in questi anni, ma ha anche generato Riflessioni. Come è nato questo secondo percorso?
In dieci anni Milano si è stravolta: ha una vita notturna e una proposta gastronomica con una trasversalità infinita. Probabilmente dieci o quindici anni fa non aveva così tante proposte. Oggi ne hai per tutte le tasche, per tutti i gusti. Noi abbiamo accompagnato questo cambiamento modificando anche il nostro pensiero. Il menu Riflesso ha continuato a evolversi, ma ha dei piatti iconici che facciamo fatica a togliere. Il piatto iconico è purtroppo il killer della creatività in gastronomia.
Fai fatica a toglierlo e quando lo togli, la gente lo vuole, te lo chiede. Mi dicono: "Va benissimo il tuo menu Riflesso, fai quello che vuoi, però mettimi la vongola, mettimi le cozze". E io li guardo: ma se hai già scelto tu il menu, quanti piatti ti devo dare, quaranta? C'è sempre un'evoluzione. Facciamo sempre una ricerca su chi è già venuto, cosa ha mangiato l'ultima volta, per proporre o la stessa cosa se la desidera, o qualcosa di nuovo. I piatti vanno cambiando, ma c'è un problema di percezione: se in venti passaggi ne cambio quattro, la percezione del cambiamento non c'è. "Non avete cambiato niente!" dicono. Invece cambiano: quattro a marzo, tre a giugno, altri due dopo. Però gli iconici te li continuano a chiedere.
È come quando vai a un concerto del tuo cantante preferito - mettiamo Bruce Springsteen. Prendi un aereo, vai al concerto e lui canta tutto l'album nuovo. Non canta due o tre delle canzoni che vorresti cantare ad alta voce e sentire vibrare dentro di te. Vai via un po' deluso, passami il termine. E lui magari dice: "Ma ho fatto tutti i pezzi nuovi!" Sì, però io volevo ascoltare quello che ho ascoltato tutta la vita.
Questo è un po' quello che accade. Allora abbiamo iniziato a cercare di muovere le acque dentro il menu Riflesso e ci siamo resi conto che era un nostro bisogno interno. Non bastava cambiare qualche piatto o aggiungere qualche nuova riflessione. Abbiamo detto: dobbiamo aprire un altro binario, un menu che chiameremo Riflessioni. Uno è il Riflesso - lo specchio - nato con un pensiero che poteva sembrare filosofico ma alla fine era molto semplice. L'altro è un pensiero diverso, una riflessione. Invece di cambiare qualche piatto, dovevamo fare un menu completamente diverso. La domanda era: cosa facciamo? E Simon Press, che è lo chef di Contraste insieme a me e che ha una visione più nitida, più pulita, ha sfornato più idee per costruire qualcosa che non parlasse della memoria del gusto.

Uno scorcio della sala di Contraste, dopo la recente ristrutturazione
Come definiresti la filosofia di Riflessioni rispetto a Riflesso?
Nel menu Riflesso c'è memoria del gusto, trasformabilità della materia prima, c'è l'inganno ludico: sembra una cipolla ma è di zucchero soffiato, sembra una fragola ma è peperone tonnato, sembra un donut ma è una lasagna. Ci sono gusti riconoscibili e confortevoli, perché questa è la cucina che ci accompagna da vent'anni, che ha creato piatti unici come il Raviolo di vongole, le Cozze cacio e pepe - che sono nate qui anche se sembra che le facciamo da una vita, sono solo dieci anni - o il Donut alla bolognese, nato prima ancora dell'apertura di Contraste.
Ci siamo detti: dobbiamo fare quello che non sappiamo fare. La prima cosa è stata proporre un menu completamente diverso. Abbiamo iniziato a costruire un menu che non parlasse della memoria del gusto, che lavorasse su abbinamenti dove ogni ingrediente è riconoscibile singolarmente, ma non nell'insieme. Sembrano cose che non parlano la stessa lingua, ma per qualche magia funzionano bene insieme.
È una cucina più contemporanea, più nuova, che non richiama un passato, non ha il sapore della domenica dalla nonna, della regionalità. Sono abbinamenti nuovi e non c'è neanche la trasformabilità. La parte estetica non è ricercata a tutti i costi come nel menu Riflesso, dove ti do una fragola che è un peperone per strapparti un sorriso. Qui hai uno sgombro con kiwi, rafano e fave. Esteticamente vedi il pesce, il brodo verde, le fave, ma quando lo mangi dici: "Che sapori!" C'è il kiwi con il pesce, l'astice con il caffè e il mango... Sono sapori che si costruiscono, funzionano fra loro, ma non richiamano un passato, non richiamano la tradizione.
A che punto è l'evoluzione di Riflessioni oggi?
Il menu Riflessioni è nato anche da un bisogno legato alla ristrutturazione che abbiamo fatto l'anno scorso. Stavamo per soffiare le candeline del decimo anno e avevamo bisogno di rimetterci in gioco, di non rimanere nell'idea che "Contraste già sappiamo cosa fa, andiamo a trovarlo per il donut, la cozza". Avevamo un bisogno interno: la ristrutturazione non doveva essere solo pitturare le pareti o cambiare il parquet. Andava fatto un vero cambiamento e insieme a questo un menu nuovo, una nuova proposta. Qualcosa per cui la gente potesse dire: "Non fanno solo il donut, la cipolla, la cozza, il raviolo, il risotto e la carne alla brace. Fanno anche altro".
Abbiamo aggiunto questo menu in concomitanza con i dieci anni e ci siamo resi conto che il cambiamento era da dentro verso fuori. Eravamo noi che avevamo bisogno di metterci in gioco di nuovo. E significava ristrutturare il locale e fare questo menu, che oggi ci accompagna da due anni, ma è ancora un menu che deve essere conosciuto e scoperto.
Non ha ancora piatti iconici, nonostante ci siano già piatti stagionali ricorrenti. Gli asparagi bianchi sono in quel periodo dell'anno, il piatto dura quelle due settimane, quel mese. I piselli freschi, crudi, buonissimi, durano tre settimane, poi devi aspettare i piselli di montagna. Li togli e li rimetti quando tornano i piselli di Cuneo, ancora crudi, dolci, buonissimi. Altri tre settimane, poi togli il piatto. Ma oggi non abbiamo come nel menu Riflesso qualcuno che viene e dice: "Voglio il menu Riflessioni ma questi cinque piatti devi darmeli". Nell'altro sì, perché è meno stagionale. Sono piatti che puoi tenere tutto l'anno. Una lasagna te la puoi mangiare tranquillamente con quaranta gradi come con meno due.
Questo menu è nato negli ultimi due anni, ma la sua presenza fissa, con la gente che inizia a prenotare e noi che spieghiamo la differenza fra la due proposte, c'è solo da un anno pieno. E oggi rappresenta il 30% delle scelte dei clienti, che è un'enormità considerato il tasso zero di storytelling e ruffianeria.
Come è cambiato il tuo approccio alla ristorazione in questi dieci anni? Il contesto in cui lavorate, soprattutto per un ristorante che spinge sulla creatività come il vostro, è decisamente cambiato...
Stai sfondando una porta aperta, mi piacerebbe tanto parlarne sempre di più. Il ristorante, se guardiamo la storia, quaranta o cinquant'anni fa lo aprivi ed era la pensione per la famiglia. Era un ristorante a conduzione familiare, le generazioni si tramandavano l'attività, sapevi che tuo figlio, tua sorella, la zia, la nonna, la mamma avrebbero continuato a vivere di quella attività commerciale.
Oggi è molto diverso. Continuiamo a elogiare il genio dello chef e riempiamo prima l'ego che il ristorante. Il ristorante è un'azienda e io inviterei tantissimo a parlare molto di più del fatto che il ristorante è questo, oggi. Prima iniziamo a rendercene conto, meglio è. Il folklore va benissimo, ma se i numeri non quadrano ci facciamo male. Se il piatto creativo è pazzesco ma non riempi il ristorante o non viene nessuno, crei debiti e generi un futuro incerto per la gente che lavora con te, per i fornitori, per te stesso. Generi poca continuità per l'ospite e fidelizzare il cliente diventa più difficile, perché apriamo un ristorante pensando che se faccio il creativo, poi lo riempirò.
Dobbiamo renderci conto invece che è un'azienda a tutti gli effetti. Non sono certo il primo a dirlo, però abbiamo il tabù di parlare dell'azienda. Se noi a Contraste siamo in 32 dipendenti, non possiamo pensare che il genio dello chef - che posso essere io o Simon - possa bastare per far tornare i conti. Dobbiamo aprire la strada ai giovani, ai ragazzi, a rendersi conto che l'ultimo gesto che compie lo chef è fare il piatto. Prima ci sono una marea di cose. Prima di aprire un ristorante, dobbiamo fare attenzione a queste cose. E se non lo sai fare tu, devi farti aiutare da qualcuno competente: commercialisti, architetti, avvocati. Cercare modelli sostenibili - non solo sostenibili perché spengo le lampadine o compro cose biodegradabili - sostenibili umanamente, che facciano lavorare la gente una quantità di ore ragionevole. Il format deve funzionare e il lavoro deve essere fatto con l'uso della ragione, non con i sogni.
Ultimamente si parla tantissimo di creatività. Stiamo vivendo un momento epocale nella gastronomia perché ci sono tantissime proposte, c'è tanta apertura. Ma manca consapevolezza di quello che è un'azienda gastronomica che ha un utile - se tutto va bene e non ti succede niente - dell'8-10%, che è bassissimo. Con un turnover del personale che non riesci a tenere un anno, due anni, tre anni, non stiamo generando sicurezza per i giovani in questo mestiere, che per me è il più bello al mondo.
Continuiamo a parlare della mancanza dei giovani ed è inevitabile che sia così, se un ragazzo poi si trova a pensare: "Devo venire a lavorare, a spaccarmi la schiena, e che futuro sto garantendo per me? Niente". Allora credo sia opportuno che ci sia creatività anche nel modello aziendale, per poter garantire uno stipendio per quattordici mensilità per cinque o sei anni, ma vedere anche la crescita del ristorante. Quando dipendono dalle tue scelte 32 famiglie, puoi aver fatto il piatto più bello, più buono e più creativo dell'anno, ma se i numeri non li sai fare o non ti fai dare una consulenza da qualcuno competente, che ti fa capire se stai facendo utili o perdite, ci facciamo tutti seriamente del male.
La creatività ne soffre, ovviamente, perché ci stiamo rendendo conto che oggi un ristorante come il nostro, che non ha le spalle coperte, non ha fondi di investimento, non può permettersi di sbagliare. Oggi hai competitor che hanno spalle molto più grandi per potersi permettere un flusso di lavoro più altalenante.
E per questa serata speciale a Identità Golose Milano che pensieri hai fatto per comporre il menu?
Visto che era da un po' che mancavo a Identità Golose Milano, avevamo voglia di far assaggiare agli ospiti il nuovo percorso, quello che un po' ci dà una nuova veste. Siamo sempre gli stessi, siamo gli stessi attori, ma stiamo recitando un altro film. Abbiamo estratto dalle diciotto portate del menu Riflessioni sette o otto delle più significative, con porzioni un po' più abbondanti. Ci faceva piacere perché in effetti è un po' una rinascita. I dieci anni di Contraste: uno festeggia i dieci anni che si sono consumati, però inizia anche un nuovo decennio pieno di cose nuove.
Il menu che Matias Perdomo presenterà giovedì 11 settembre all'Hub di Identità Golose Milano includerà quindi alcuni dei piatti più rappresentativi di Riflessioni, ma si chiuderà con la Torta di Rose, l'iconico dolce di Contraste che tutti continuano a chiedere. Ecco il menu completo:
Pasta luppolo e pompelmo
Castagna bottarga e prosciutto
Trippa spugnole e melograno
Anatra fagioli e bergamotto
Pecora senape e fior d’arancio
Cappesante e Sambuco
Torta di Rose e gelato alla vaniglia
Il menu sarà proposto al prezzo di 85 euro a persona, abbinamento vini incluso. Per prenotare il vostro posto per questa serata unica nel segno dei dieci anni di uno dei ristoranti più innovativi di Milano, visitate subito il sito ufficiale dell'Hub.