Tradizione non significa rimanere fermi e rigidi su convinzioni passate. Quello è più immobilismo. La tradizione vera è quella di saper leggere la storia, interpretarla e viverla nel presente, tramutandola in un racconto sempre nuovo ma con delle precise fondamenta.
Quasi certamente lo sapevano anche i 24 vignaioli che, nel lontano 1893, hanno dato vita alla Cantina di Terlano, con lo scopo di valorizzare il loro lavoro e, di conseguenza, preservare anche la tradizione.

Klaus Gasser e Rudi Kofler
Valori ben presenti anche ora, con circa 150 soci e 190 ettari di vigneti: non c’è nulla da inventarsi, ma c’è da proseguire “il racconto”.
Lo sa bene Klaus Gasser, direttore commerciale di Cantina di Terlano, arrivato nel 1994 come vice kellermeister: doveva fermarsi solo un anno, ne sono passati 30. «La nostra tradizione è legata al Terlaner – spiega – È nel nostro Dna dal 1893, con quelli che erano gli allora impianti misti di Pinot Bianco, Chardonnay e Sauvignon».

I vigneti del Pinot Bianco
Un vino, come detto, estremamente tradizionale, legato alla storia, ma che ha anche un grande presente e un brillante futuro, grazie anche al progetto del
Terlaner Primo. «Noi abbiamo un terroir di grande potenzialità – spiega
Gasser – Volevamo tornare nella storia, non andando su una concezione di fare un grande vino solo dallo
Chardonnay, per fare un esempio, ma puntando su quello che è per noi il vino più importante, cioè il
Terlaner. Un vino che ha il
Pinot Bianco come spina dorsale e che poi viene supportato da
Chardonnay e
Sauvignon, come si faceva un tempo. Noi abbiamo fatto un viaggio storico, cercando di portarlo a un livello più estremo possibile. Non volevamo un vino troppo concentrato, bensì un prodotto che fosse l’essenza del territorio, con sapidità e potenziale di invecchiamento».
Il Terlaner Primo Grande Cuvée nasce nel 2011, con l’idea di portare il Terlaner alla sua migliore espressione possibile. «Siamo partiti all’inizio con percentuali di Pinot Bianco molto alte, anche sopra l’80% - racconta l’enologo Rudi Kofler, dal 1999 in azienda – poi dal 2016 lo abbiamo diminuito, aumentando Chardonnay, perché stilisticamente mi convinceva di più. Negli anni l’affinamento non è cambiato: resta sui lieviti in botte di rovere da 12 ettolitri per un anno».

Klaus Gasser e Rudi Kofler durante la presentazione
«Le vigne hanno tra 50 e 60 anni, su pendenze estreme, sono ancora su pergola semplice, molto spargola, che reagisce bene alla siccità. Le rese naturalmente sono molto limitate. I terreni hanno origine vulcanica, con molto scheletro. Parcelle sempre le stesse, che esaltano ancora di più l’essenza del nostro terroir. Il
Pinot Bianco viene coltivato tra i 450 e i 650 metri di altitudine, mentre
Chardonnay e
Sauvignon Blanc sono tra i 300 e i 450 metri. Di Sauvignon ne usiamo percentuali molto basse: è un po’ come il sale, basta un pizzico per aiutare a migliorare il vino».
L’idea era quella di fare un grande vino bianco, anche da invecchiamento, come aveva già dimostrato Sebastian Stocker, lo storico e visionario kellermeister di Cantina di Terlano, che con il suo metodo di affinamento sui lieviti per lunghi periodi in vasche d’acciaio, evidenziò il grande potenziale dei vini bianchi dell’Alto Adige. Tanto che c’è ancora un vino del 1979 che tuttora riposa in vasca, in attesa che arrivi il suo momento.

La cantina di affinamento a Terlano
L’evoluzione del
Terlaner Primo, si diceva: in occasione della presentazione della nuova annata 2022, è stato possibile fare un viaggio nel tempo assaggiando 6 diverse annate di questo vino, accompagnati da
Gasser e
Kofler. Proprio l’enologo altoatesino ha definito ogni annata con una parola: alla 2016, la prima assaggiata, è stato affiancato il termine
armonia: «Un’annata dove abbiamo trovato il giusto equilibrio, con il 75% di
Pinot Bianco, il 22 di
Chardonnay e il 3 di
Sauvignon».
Il generoso 2018 è un vino che comunque non ha deluso: 65% di Pinot Bianco, 32% di Chardonnay e 3% di Sauvignon, sorprende per complessità ed eleganza. La raffinatezza del 2019 è indubbia, data soprattutto dalla spiccata sapidità. In questo caso 70% di Pinot Bianco, 28% di Chardonnay e 2% di Sauvignon.

I vini degustati con le loro schede tecniche
Si gioca con l’
eleganza per l’annata 2020: «È stata un’annata anche piuttosto piovosa, per noi è stata per certi versi una sfida – spiega
Kofler – In questo caso lo
Chardonnay si è espresso in maniera maggiormente aromatica». Per la precisione, 72% di
Pinot Bianco, 26% di
Chardonnay e 2% di
Sauvignon compongono questo vino.
Per la 2021, l’enologo si sbilancia: «Per me è la perfezione. Abbiamo avuto un’annata spettacolare per i bianchi, con acidità molto alte. Abbiamo lunghezza, ricchezza e profondità». La percentuale di Pinot Bianco scende al 65%, lo Chardonnay sale al 33% e il “pizzico” di Sauvignon è ancora del 2%.

Klaus Gasser e Rudi Kofler con le sei annate di Terlaner Primo
L’ultima annata, presentata proprio a marzo, è la 2022, definita con la parola
energia. «Per questo vino bisogna avere ancora tanta pazienza» spiega
Kofler, ma di certo la potenzialità è altissima, anche se ha una maggiore caloricità in bocca. Un vino che comunque pare avere una notevole potenzialità che solo il tempo ci potrà svelare.
Di Terlaner Primo vengono realizzate circa 3.000 bottiglie all’anno. Il Terlaner viene poi realizzato nella linea Selection, con la Riserva Nova Domus, e nella linea Tradition, dove è già uscita l’annata 2024. La tradizione, appunto: che diventa un punto di partenza, e non un obiettivo.