09-02-2020
Il Ruché di Castagnole Monferrato: una perla per intenditori e appassionati
Un sacerdote, 28 bottiglioni dimenticati e un vitigno ritrovato. La storia del Ruché può essere spiegata così, con queste poche parole: si tratta di un vino ancora poco conosciuto, forse anche un po’ sottovalutato, ma che invece ha delle caratteristiche peculiari molto importanti.
Il Ruché nasce per mano del parroco don Giacomo Cauda, arrivato a Castagnole Monferrato nel 1964: grazie ai parrocchiani aveva delle vigne, per la precisione tre ettari tra Barbera e Grignolino, ma dopo la prima vendemmia aveva subito detto che il vino non veniva bene, perché aveva delle deviazioni olfattive importanti.
Don Giacomo Cauda, che ebbe il merito di riscoprire il Ruché
I vigneti nel Monferrato
Luca Ferraris nella sua cantina di affinamento
La storia dell’Agricola Ferraris è una sorta di “sogno americano” al contrario. Perché il sogno, in realtà, era nell’amato Monferrato. «Tutto iniziò con mio bisnonno che partì per l’America, per la Golden Rush – racconta Luca Ferraris - trovò l’oro e con quei soldi sua moglie realizzò il suo sogno, che era quello di comprarsi l’azienda con la cascina in Monferrato. All’epoca erano due ettari con un cascinale nel centro del paese. Mio nonno continuò l’attività; mio padre iniziò a lavorare in azienda, ma poi decise di lasciar perdere e andare a vivere a Torino. In ogni caso aveva ancora un paio di vigne che continuava a coltivare e conferiva le uve alla cantina sociale».
Le bottiglie di Ruché
Un’avventura in salita: «Mille sacrifici, mille ostacoli: il primo incontro è quello con la flavescenza dorata, che uccideva tutti i vigneti. Ma si è scoperto che il Ruché era più resistente rispetto alla Barbera. Io preferisco vedere sempre il bicchiere mezzo pieno, e dico che la flavescenza dorata se è un flagello per la Barbera, è quella che ha ribaltato l’economia di questa zona, perché la gente ha iniziato a credere un po’ di più nel Ruché, iniziando a piantarlo».
Le bottiglie conservate nella cantina storica di Castagnole Monferrato
La storia della Agricola Ferraris va a pari passo con quella della produzione del Ruché: «Attualmente abbiamo 33 ettari e occupiamo terreni di 4 Comuni: Scurzolengo, con il Bricco della Gioia, Castagnole Monferrato, che è il nostro quartier generale, con 10 ettari nella collina di Sant’Eufemia, Grana, con 5 ettari di Viognier, e siamo la più grande azienda che coltiva quest’uva in Piemonte, e Montemagno, per la precisione Castelletto di Montemagno, con l’ultimo investimento da 6 ettari».
I vini Ferraris: assaggi davvero interessanti
L’assaggio dei vini di Luca Ferraris sono la conferma che sul Ruché si può puntare. E lo si capisce subito dal Sant’Eufemia 2018, un vino schietto, con una sensazione leggermente muschiata, da sottobosco, ma molto pulito. È una bottiglia “quotidiana”, da bere in spensieratezza: produzione annua di circa 60mila bottiglie.
Luca Ferraris ha ripreso l'azienda del nonno
Il Sant'Eufemia, vino dall'ottima bevibilità
Una nota conclusiva un po’ “fuori tema”: il Viognier è da provare, assolutamente. Non aggiungiamo altro.
Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo
a cura di
giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose
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Da sinistra: Alberto, Teresio e Alessandro Schiavi
Un doppio anniversario per questa isola meravigliosa: 25 anni di Assovini Sicilia e 20 anni di Sicilia En Primeur