A volte non c’è poi molto da dire: se non prendere atto di una totale sicurezza raggiunta, di una completa maturità tecnica, di una precisione stilistica strutturata e senza sbavature, di una evidente sicurezza di sé, di un’elaborazione precisa e convincente del legame col territorio, di un risolto rapporto col perenne conflitto tra radici e creatività. In sostanza, di una piena e ammirevole acquisizione di quella solidità che non si è trasformata di routine, la quale involve ben presto in noia; invece, si sviluppa piuttosto come percezione di forza e consistenza.

Emerge di rado, in genere in un momento magico che corrisponde spesso a un dato anagrafico preciso: uno chef è giunto in quel frangente del proprio percorso professionale in cui non è più un giovane imberbe alle prese con entusiasmi e incertezze; non è ancora – se mai lo sarà, speriamo di no – quel professionista disincantato che ripete sé stesso perché altro non chiedono a lui, e altro lui non chiede a sé. È, invece, in quella congiunzione magica tra estro e mestiere che gli consente di fare tutto buono, facendo apparire tutto facile. Questo è il
Davide Palluda che abbiamo trovato, in un nostro recente pranzo alla sua
All’Enoteca di Canale, nel Roero.
Una dimostrazione di potenza, abbiamo detto prima. Perché tale è la semplicità con cui plasma la cultura gastronomica piemontese, restandovi fedele, ma con gioiosa capacità di darle non solo vesti – chi se ne frega – ma soprattutto sostanza nuova. Legarsi al canone senza diventarne schiavi: è quel percorso di ricerca e lavoro che conduce alla formulazione di una nuova tradizione (che non è mai un risultato personale, certo. Ma il metodo è questo).
Palluda non stupisce, non è avanguardia, non indica strade nuove. Non ne ha bisogno. È consapevole della propria dimensione, che risulta alta tanto quella della scuola che lo ha formato,
made in Piedmont insomma – è uno scherzo del destino ma forse anche un dato significativo che il suo locale si trovi nelle stesse stanze che lo hanno visto correre in braghette corte, quando
All’Enoteca era un asilo.
C’è dunque una mostruosa continuità ad avvincere lo chef; lui l’accetta sereno, e di questa serenità si giova anche la sua cucina, che non è solo convincente, risulta proprio radiosa, solare, risolta. Piena senza dover strafare: semmai pugnace nell’essere fedele a certi sapori, e decisa nel declinarli con modernità.
Non si tratta solo di un piatto classico come la
Finanziera, perfetta. Anche altri più estrosi parlano del dintorno ma sussurrano anche dello chef, che non ha smanie di protagonismo ma perbacco se è presente, a volerne/saperne cogliere le tracce:
Insalata di estratto di lumache, prezzemolo, mela verde e misticanza, ossia un magnifico scorcio
green sul bosco, tra trattoria e contemporaneità vegetale;
Porcini nostrani cotti nel sugo di stinco, porcini lamellati crudi, polvere di anice stellato, una lezione senza tempo; e i meravigliosi
Gnocchi di patate di montagna che si abbinano, assaggio dopo assaggio, a ragù crudo di spalla di vitello, succo di pomodoro arrosto, tartufo moscato, salsa di parmigiano, cipolla essiccata, jus di verdure tostate, foglie di sedano… È andare avanti o guardarsi indietro? È ristorazione borghese o gourmet? Non so. È il
Davide Palluda annata 2019, teniamocelo stretto.
Il nostro pranzo, nelle foto di Tanio Liotta.

Pesca di Canale e acciughe. Abbinamento con un metodo charmat, Rive Gauche di Malvirà, e succo di pesca, per un Bellini diverso

Meringa acciughe e mandorle

Polpetta di carne del bollito

Cialda di nocciole, paté di fegatini

Pane all'uvetta e robiola di Roccaverano

Ravioli con erbe e ricotta

Dentice, gola di maiale, salvia fritta e limone

Insalata di estratto di lumache, prezzemolo, mela verde e misticanza

Porcini nostrani cotti nel sugo di stinco, porcini lamellati crudi, polvere di anice stellato

La Finanziera, «sabauda, ossia senza sottaceti»: animelle, filone, creste di gallo, porcini sottolio, fegato, polpette di vitello, cervella

Raviolo croccante di grano saraceno ripieno di fiori di zucca, scampi e zafferano, salsa all'italiana

Gnocchi di patate di montagna al ragù crudo di spalla di vitello, succo di pomodoro arrosto, tartufo moscato, salsa di parmigiano, cipolla essiccata, jus di verdure tostate, foglie di sedano

Toro, midollo e nocciole. È un falso filetto di spalla da un esemplare di quattro anni, 45 giorni di frollatura

La portata precedente è servita con zucchine, zafferano e una salsa al limone

Gelato al latte di pecora, frutti di bosco

Arriva il Soufflé alla vaniglia, arancia, limone

È servito con una salsa al cioccolato, Grand Marnier e sorbetto di fiori di sambuco