«Dai, scrivi di Fattoria Borrello! Dai, scrivi di Fattoria Borrello!». La voce della mia coscienza bussava insistentemente alla porta da ormai troppe settimane. Ok, Fattoria Borrello è in sostanza un’azienda agricola e agrituristica, non rientrerebbe insomma tra quegli indirizzi di cucina d’autore che sono il tema principale qui a Identità Golose. E poi ci son talmente tante storie da raccontare sul mangiarbene italiano, ho così numerosi pezzi arretrati da programmare… Ci sono grandi chef che sperimentano nuove tecniche, c’è tutto un dibattito sul fine dining del futuro… Però, è anche vero che il lusso della semplicità è un valore di Identità da anni e il nostro focus è sempre stato sulla qualità a 360°. Ecco: alla Fattoria Borrello la qualità è semplicemente straordinaria. Ci ho pranzato talmente bene, è un posto così unico, memorabile, nel quale vorrò peraltro tornare, che non darvene conto sarebbe stato un peccato mortale. È un luogo dell’anima. «Dai, scrivi di Fattoria Borrello». E allora, ecco fatto. Ne scrivo, perché è giusto così.
Siamo a Raccuja, borgo d’origine medievale che nessuno o quasi sa io dov’è, o almeno io ne ignoravo l’esistenza prima di mettermi a raggiungerlo, ossia prima di lasciare Messina – cui dista meno di un’ora e mezza d’automobile –, inforcare l’autostrada verso Palermo e, passata Milazzo e prima di Capo d’Orlando, uscire a Brolo per percorrere la provinciale 146 che s’addentra tra i primi Nebrodi; quando noccioleti e uliveti iniziano a dar spazio a sempre più boschi di querce e balze rocciose, e Ucria appare dall’alto dei suoi oltre 700 metri, sulla destra, s’è quasi giunti a destinazione (a proposito: pare che tra ucriesi e raccuiesi non corra buon sangue, com’è tipico di paesini italiani che si guardano dirimpetto). Il tratto finale per giungere a meta significa inerpicarsi lungo una stretta stradina, che spinge sempre più in alto. Attorno, è tutta macchia mediterranea mista a bosco; da un certo punto in poi, s’intravvedono delle reti: è il segnale che si è giunti a destinazione.


Maiale nero dei Nebrodi alla Fattoria Borrello
Queste reti delimitano gli ampi e selvaggi appezzamenti (un centinaio di ettari!) dove circa 1.000 maiali neri dei Nebrodi vivono in stato brado o semibrado. Se ne stanno tranquilli a bighellonare all’ombra degli alberi o accucciati nelle loro
zimme, caratteristici alloggi in pietra per dar riparo al bestiame, quasi dei trulli in miniatura sigillati da ginestra mediterranea e felci; mangiano ghiande e castagne del bosco, ma anche radici ed erbe. «In alcuni periodi dell’anno integriamo con cereali come orzo, fave, mais, prodotti dell’orto e frutti - ci spiegano i
Borrello, famiglia molto unita - Non usiamo alcun concime chimico se non quello naturale derivato dagli animali», suini in primis come abbiamo visto, ma anche spettacolari capre girgentane, pecore pinzirite, conigli, galline, qualche mucca, qualche cavallo e altrettanti sparuti asinelli. Questa è anche una fattoria didattica accreditata.

Capre girgentane alla Fattoria Borrello
Si parlava della famiglia. C’è nonna
Anna innanzitutto, fu proprio lei col marito
Giuseppe a iniziare l’attività, s’era agli inizi degli anni Sessanta; un ventennio dopo il primo salto di qualità fu merito di loro figlio
Franco, che strutturò
Fattoria Borrello come allevamento, macelleria e s’attrezzò anche per la vendita diretta. Ora la terza generazione – composta dai giovani
Anna Laura, splendida in sala, e
Giuseppe in cucina– continua il lavoro e gli fornisce nuova linfa: l’olio bio è autoprodotto da olive minuta e verdello, ci sono otto ettari di noccioleto, le galline razzolano serene e donano uova dai tuorli potenti, gli ortaggi (broccoli, fave, fagioli di Carrazzo che qui sono Presidio Slow Food come le patate di montagna, zucca, peperoni, carciofi, piselli, zucchine, pomodori, melanzane, oltre alle erbe officinali) riforniscono il ristorante interno aperto cinque anni fa, chiamato
Osteria del Maiale Nero, che è una cornucopia di delizie.

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La cucina di Fattoria Borrello
Questa accoglienza di famiglia, con nonna
Anna ancora in cucina a preparare la pasta fresca o il pane, e l’atmosfera da piccolo mondo antico e incontaminato già predispongono all’allegria. Poi c’è anche un dato in più: pare quasi che in cucina non siano pienamente consci di quali prelibatezze vadano a preparare, te le propongono come cosa quotidiana, scontata; si nota semplicità disarmante, assenza di sovrastrutture che circondino la materia prima pura, stupefacenti drittezza e purezza di ogni sapore. Cose che colpiscono il cuore.

Scamone di asino affumicato al fieno con porcini secchi
Non è alta cucina, certo. Ma vogliamo obiettare subito a noi stessi: non è forse alta cucina (ossia, non ha quella complessità di sapori e profumi, non ha quella bontà profonda che fa venire i brividi) lo
Scamone di asino affumicato al fieno con porcini secchi che abbiamo addentato con giustificabile voluttà? Arriva dopo la sviolinata di affettati accompagnati da pane fritto maison, quindi prosciutto crudo 36 mesi di maialino nero, prosciutto cotto e mortadella con pistacchio di Bronte («Bronte vero», ci tengono a sottolineare con una punta di malizia), tutto autoprodotto ovviamente.

Anna Laura Borrello e la degustazione di salumi maison: prosciutto crudo 36 mesi di maialino nero, prosciutto cotto e mortadella con pistacchio di Bronte, il tutto con pane fritto

Asparagi arrosto con ricotta di pecora, piselli, lardo di suino nero e mandorle
Gli
Asparagi arrosto (eravamo in stagione)
con ricotta di pecora, piselli, lardo di suino nero e mandorle sono un eccelso inno all’orto, la
Tartare di capra è da piangere di bontà, poi però la
Crepinette di asino, cavolfiore e puntarelle sbaraglia il campo: miglior assaggio in assoluto, con lo scamone? Forse, anche perché magari gli
Arancini con genovese di agnello (il riso allo zafferano è cotto con aceto) sono solo buoni e non di più, così come i
Cappellacci ripieni di ragù bianco di coniglio, fonduta di parmigiano reggiano 36 mesi e jus al Marsala, ma è giunto il momento della ciccia vera e propria, un bengodi di assaggi anche solo sognati, in menu troviamo involtini e salsicce di maiale nero, costolette di pecora alla brace, pecora alla callara, trippa in umido... Tutti bocconi mancati.

Crepinette di asino, cavolfiore e puntarelle

Arancini con genovese di agnello

Cappellacci ripieni di ragù bianco di coniglio, fonduta di parmigiano reggiano 36 mesi e jus al Marsala

Da sinistra, Costolette di maiale nero cotte in forno a legna e Puntine fondenti di suino nero dei Nebrodi laccate al miele e senape

Spalla di agnello con cicorie
Ci ridestiamo dal sogno coi bocconi veri, abbiamo davanti taglieri profumati di carne ed erbe aromatiche: meravigliose
Puntine fondenti di suino nero dei Nebrodi laccate al miele e senape, poi
Costolette di maiale nero cotte in forno a legna e per finire una
Spalla di agnello con cicorie indimenticabile.
Non ricordo se abbiamo preso anche un dessert. Non ha alcuna importanza.
Ps: alla Fattoria Borrello stanno ultimando sei comode camere per il pernottamento, con vista sulla natura.