25-08-2025

Il ristorante sul Lago d'Orta che è una vera festa per gli occhi e il palato

La Darbia, un borgo in pietra ora diventato gioiello d'ospitalità, ospita una cucina di assoluto livello, con tavoli sempre sold out che si godono il panorama e i piatti impeccabili dello chef Matteo Monfrinotti. Non perdetevi il Filetto alla Wellington

Cena con meravigliosa vista sul Lago d'Orta a

Cena con meravigliosa vista sul Lago d'Orta a La Darbia, ristorante in un borgo vocato all'ospitalità. Domina Orta San Giulio (Novara), in Piemonte, dove ha casa - più in basso verso lo specchio d'acqua - anche il Villa Crespi di Antonino Cannavacciuolo. Foto Tobias Kaser

Ho aperto Google, sezione “notizie” e digitato il nome dello chef Matteo Monfrinotti. Esito: come primo risultato, un report di Vite, rivista dedicata al volontariato, che racconta una charity dinner dello scorso anno, presente Antonino Cannavacciuolo oltre che il nostro Matteo; poi, alla rinfusa, quattro risultati legati a un omonimo Matteo Monfrinotti, sacerdote della Diocesi di Gubbio; quindi un pezzo di tre anni fa di un sito piemontese a me ignoto; infine due pezzi che invece ben conosco, li ho scritti io su Identità Golose, il primo addirittura nel 2015, quando conobbi Monfrinotti durante un evento all’Expo di Milano; il secondo del 2 gennaio scorso, Tutto il buono del 2024: i nostri migliori assaggi ed esperienze di gusto, dove scrivevo di un fantastico Filetto alla Wellington che avevo assaggiato proprio a La Darbia, dove lo chef lavora.

Matteo Monfrinotti

Matteo Monfrinotti

Insomma: di Monfrinotti si parla e scrive poco, quasi niente. Rimango basito, perché lui in realtà è straordinariamente bravo, propone una cucina “borghese contemporanea” godibilissima, solida, elegante, intelligente, in un posto addirittura magico, di bellezza mozzafiato, che domina il Lago d’Orta, a un’ora da Milano e un’ora e mezza da Torino. Di più: La Darbia è un piccolo borgo recuperato, un gioiello di pietra immerso nel verde, con veduta spettacolare; entri e passi attraverso l’orto bio curatissimo, a pranzo c’è il gioco di prendere direttamente da lì le verdure per farsi cucinare qualcosa al volo; la sera ci si accomoda a un tavolo con vista, all’aperto se il tempo lo consente, e si parte con una cena che ha tempi perfetti, ritmi perfetti, con un sevizio perfetto, dove i piatti vantano cotture perfette. Si beve anche bene. Ovviamente La Darbia è sempre piena a tappo.

Al mattino ti portano la colazione direttamente nel patio dell'appartamento. Intanto, c'è un grand cesto con lievitati dolci, pani, yogurt, marmellate, succhi, spremute, estratti eccetera. Poi i piatti à la carte: Uova alla Benedict (buonissime) o Uova strapazzate con salsiccia arrostita e bacon o Omelette con toma piemontese, champignons trifolati, pomodori e basilico o Bagel al salmone, avocado e caprino, poi una gran selezione di ottimi salumi e formaggi dei dintorni, le Crêpes ai frutti di bosco...

Al mattino ti portano la colazione direttamente nel patio dell'appartamento. Intanto, c'è un grand cesto con lievitati dolci, pani, yogurt, marmellate, succhi, spremute, estratti eccetera. Poi i piatti à la carte: Uova alla Benedict (buonissime) o Uova strapazzate con salsiccia arrostita e bacon o Omelette con toma piemontese, champignons trifolati, pomodori e basilico o Bagel al salmone, avocado e caprino, poi una gran selezione di ottimi salumi e formaggi dei dintorni, le Crêpes ai frutti di bosco...

Si può anche dormire nelle antiche case di pietra ristrutturate, 20 appartamenti di charme e relax, con il proprio cucinotto e un patio dove, al mattino, ti portano una colazione di gran livello, prima di un tuffo in piscina.

Vista sul Lago d'Orta al tramonto

Vista sul Lago d'Orta al tramonto

Gli appartamenti nei rustici in pietra

Gli appartamenti nei rustici in pietra

L'ingresso

L'ingresso

L'orto bio con, a sinistra, il cocktail bar

L'orto bio con, a sinistra, il cocktail bar

E allora, di nuovo: perché se ne parla così poco? Si può dire certo che Monfrinotti – chef de La Darbia dall’apertura del ristorante nel 2019, insomma vi ha messo radici - sia persona che non ricerca spasmodicamente la ribalta; è però garbatissimo, cordiale, sorridente, elegante. È, soprattutto, un grande professionista. A dimostrazione che non sarà un comunicatore social, ma è anche empatico, sta il fatto che è diventato il vero front man del ristorante, sta più in sala (o in giardino, d’estate) che in cucina, perché ha costruito una brigata che funziona come un orologio svizzero, sous chef è Sebastiano Pagliaro. E allora lui può ritagliarsi uno spazio diverso, gira tra i tavoli, presenta i piatti, chiacchiera con i clienti. Che sono affezionati, felici.

I tavoli open air

I tavoli open air

A La Darbia si sta benissimo, appunto. È un ristorante borghese, certo. Borghese contemporaneo. Al tavolo accanto al nostro, sotto le stelle, una coppia giovane di aficionados ha voluto ordinare una semplice Orata al sale (orata cotta al sale di Cervia, salsa olandese, tapenade, pomodorini in bruschetta), come piatto unico per due, forse prima aveva mangiato un antipasto to share, poi due dessert, ovviamente una bella bottiglia… Conto giusto, serata piacevole. Ecco: torneranno. Tutti tornano. Pure noi siamo tornati.

L’orata al sale fa parte appunto di una piccola selezione di tre piatti da condividere, I classici dello chef, da richiedere “minimo per due persone” dice il menu, comprendono anche il Tagliolino, gamberi rossi, cozze (tagliolino Bossolasco, burro al cedro, gambero rosso di Mazara del Vallo, cozza di Portonovo, limone candito, basilico. Ho visto la gioia negli occhi di chi l’ha ordinato) e un classicissimo, inappuntabile, magistrale Filetto alla Wellington, che è quello che richiediamo noi ogni volta, perché in Italia ne abbiamo assaggiati tanti, nessuno migliore di questo.

Filetto alla Wellington: filetto di fassona piemontese alla Wellington, salsa al tartufo nero, servito con insalatina di erbe di campo, scalogno in agrodolce, purè di patate gratinato. Foto Tanio Liotta

Filetto alla Wellington: filetto di fassona piemontese alla Wellington, salsa al tartufo nero, servito con insalatina di erbe di campo, scalogno in agrodolce, purè di patate gratinato. Foto Tanio Liotta

Son già tutti motivi che motivano la clientela, all’uscita, a prenotare già un nuovo tavolo per una data successiva. Ce ne sono altri. Il risotto, ad esempio.

Piccola e necessaria digressione: la nostra descrizione per ora farebbe pensare a una cucina di ottima fattura ma piuttosto classica, che occhieggia alla tradizione. Non è così. Monfrinotti non ha nessuna voglia di stupire con effetti speciali e una creatività ostentata; si diverte anzi a recuperare – perché ha acume da vendere e sa come proporre ristorazione di livello – certe preparazioni d’antan che fanno piacere a tutti ma non si trovano quasi da nessuna parte, chissà perché, come la Crêpe Suzette preparata al tavolo dal bravo Dimitri Romanyuk. Scatena una specie d’epidemia: il primo tavolo la ordina, poi tutti gli altri lo vogliono imitare.

Dimitri Romanyuk prepara la Crêpe Suzette. A destra, il sous Sebastiano Pagliaro, torinese classe 2000, a La Darbia dal marzo 2021. Ha lavorato anche da Big Mamma a Parigi e al Magorabin nel capoluogo piemontese, al suo attivo anche uno stage al Mudec da Bartolini

Dimitri Romanyuk prepara la Crêpe Suzette. A destra, il sous Sebastiano Pagliaro, torinese classe 2000, a La Darbia dal marzo 2021. Ha lavorato anche da Big Mamma a Parigi e al Magorabin nel capoluogo piemontese, al suo attivo anche uno stage al Mudec da Bartolini

Crêpe Suzette: crêpe Suzette tradizionale, flambé al Grand Marnier, servita con gelato alla vaniglia. Foto Tanio Liotta

Crêpe Suzette: crêpe Suzette tradizionale, flambé al Grand Marnier, servita con gelato alla vaniglia. Foto Tanio Liotta

Ma lo chef tecnicamente è d’assoluta contemporaneità, ha intuizioni e brillantezza. I risotti, dicevamo: ne abbiamo assaggiati due, un Carnaroli in bruschetta (suo classico: risotto, pomodoro, origano, pane croccante) e più recentemente un Carnaroli, porcino estivo, pepe verde. In entrambi i casi Monfrinotti procede così: prepara un inappuntabile risotto bianco di base classica, buono di suo, col chicco encomiabile, ben mantecato con burro e parmigiano reggiano, nella seconda variante anche con la salvia; poi lo porta al tavolo nel pentolino di rame da lasciare al centro. Si serve tuffando le cucchiaiate di risotto nel piatto che già ospita il condimento, una “bruschetta liquida” nel primo caso, una spuma di porcini con carpaccio di porcini, insalatina e pepe verde nel secondo. Delizioso in entrambi i casi, il secondo persino ancor più elegante, con vari livelli aromatici a seconda di come si vuol pescare dal piatto.

Carnaroli, porcino estivo, pepe verde: risotto alla salvia, spuma di porcini, carpaccio di porcini, insalatina e pepe verde. Foto Tanio Liotta

Carnaroli, porcino estivo, pepe verde: risotto alla salvia, spuma di porcini, carpaccio di porcini, insalatina e pepe verde. Foto Tanio Liotta

Ma è l’intera cena a essere di questo livello. Peperone, salsa verde è un altro suo signature: peperone rosso di Carmagnola cotto al bbq e poi lasciato marinare 15-20 giorni in una salsa acidula, quindi polvere di cipolla bruciata, spuma di bagnetto verde piemontese e velo di acqua di peperone («È uno dei piatti ai quali tengo di più, è in carta da sette anni. È un peperone delicato, leggero. Anche la spuma è bella soffice»): dalla carnosità eccezionale, è godereccio, con note di fumo, piccanti, dolci, sapide, un’idea diversa di fare alta cucina con un approccio più immediato. Spaghetti alla chitarra, pannocchie, canocchie (pasta all’uovo fatta in casa, salsa di crostacei, mais, canocchie servite crude): tendenza dolce però mai eccessiva, anche in questo caso un assaggio senza la minima pecca.

Peperone, salsa verde: peperone rosso di Carmagnola cotto al bbq e poi lasciato marinare 15 giorni in una salsa acidula, polvere di cipolla bruciata, spuma di bagnetto verde piemontese, velo di acqua di peperone. Tutte le foto dei piatti sono di Tanio Liotta

Peperone, salsa verde: peperone rosso di Carmagnola cotto al bbq e poi lasciato marinare 15 giorni in una salsa acidula, polvere di cipolla bruciata, spuma di bagnetto verde piemontese, velo di acqua di peperone. Tutte le foto dei piatti sono di Tanio Liotta

Spaghetti alla chitarra, pannocchie, canocchie: pasta all’uovo fatta in casa, salsa di crostacei, mais, canocchie servite crude

Spaghetti alla chitarra, pannocchie, canocchie: pasta all’uovo fatta in casa, salsa di crostacei, mais, canocchie servite crude

Concettualmente siamo dalle parti dei Cerea, alta cucina adatta a tutti; i fratelli del Da Vittorio accomiatano i loro ospiti con un furi programma ormai celebre, i cannoncini riempiti al momento; Monfrinotti fa lo stesso portando al tavolo un vassoio con sopra un fragrante cannolo in versione extralarge, come fosse una torta, generosamente riempito di crema pasticcera con scorza d’agrumi. Ne taglia una fetta e la offre ai propri ospiti.

Cannolo alla crema pasticcera con scorza d’agrumi

Cannolo alla crema pasticcera con scorza d’agrumi

Ci vediamo alla prossima cena.

Carpaccio di fassona: fassona piemontese al Nebbiolo Darbia, scampo, senape in carpione, salsa al foie gras. Carne davvero buonissima, lo scampo ne risulta sovrastato, la senape va un po' via

Carpaccio di fassona: fassona piemontese al Nebbiolo Darbia, scampo, senape in carpione, salsa al foie gras. Carne davvero buonissima, lo scampo ne risulta sovrastato, la senape va un po' via

Seppia, riccio di mare: seppia mediterranea servita cruda, salicornia, limone salato, salsa di capperi, salsa ai ricci di mare

Seppia, riccio di mare: seppia mediterranea servita cruda, salicornia, limone salato, salsa di capperi, salsa ai ricci di mare

Seppia, riccio di mare, secondo passaggio: riccio ripieno di spuma al nero di seppia. A parte, insalatina di finocchi e arance

Seppia, riccio di mare, secondo passaggio: riccio ripieno di spuma al nero di seppia. A parte, insalatina di finocchi e arance

Ratatouille, salsa acidula: millefoglie di verdure in agrodolce al tartufo nero, servita con salsa aromatica di sedano rapa affumicato. Altro gran piatto

Ratatouille, salsa acidula: millefoglie di verdure in agrodolce al tartufo nero, servita con salsa aromatica di sedano rapa affumicato. Altro gran piatto


Carlo Mangio

Gita fuoriporta o viaggio dall'altra parte del mondo?
La meta è comunque golosa, per Carlo Passera

Carlo Passera

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Carlo Passera

classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera

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