Nonna Lella è l'insegna che ha aperto da pochi mesi a Firenze Sud; in cucina, lo chef Andrea Bonini rilegge il famoso filetto anglosassone con una visione del tutto personale (e richiede fino a tre giorni di lavoro)
Nel cuore della proposta gastronomica di Nonna Lella, giovane ristorante fiorentino aperto da pochi mesi, c’è un piatto che agisce come manifesto: il Filetto alla Wellington. Non una semplice interpretazione della ricetta anglosassone, ma un lavoro di sottrazione, precisione e identità che racconta molto della mano e della filosofia dello chef Andrea Bonini.
Il processo inizia dalla carne, pulita e modellata in cilindro con una cura che ricorda le preparazioni da alta cucina, ma senza ostentazioni. Una notte di riposo in frigorifero serve a fissarne la forma; un’altra seguirà dopo l’assemblaggio. Non c’è senape, elemento tradizionale del Wellington, perché Andrea rifiuta ciò che non percepisce come autenticamente suo. Ci sono invece prosciutto crudo, funghi porcini (o champignon quando necessario), e soprattutto la bietola fresca, scelta come sostituta della crêpe verde per un equilibrio più territoriale, più immediato. L’uso della sfoglia da pasticceri, neutra e non zuccherina, arriva dopo numerose prove. Il risultato è un piatto che richiede fino a tre giorni di lavoro, ma che, una volta oliato il metodo, si esprime con una naturalezza sorprendente. Il Wellington di Nonna Lella è un piatto di festa, così lo definisce lo chef: rassicurante, scenografico, identitario.
Questa tensione tra comfort e artigianalità è la chiave dell’intero progetto. Il nome Nonna Lella evoca piatti fatti “ad occhio”, cucine di casa in cui pochi ingredienti bastano a comporre sapori riconoscibili. Ma la mano di Andrea non è nostalgica, è contemporanea nella misura, nella pulizia, nella volontà di togliere, pur restando accessibile. Il menu cambierà spesso, seguendo stagionalità reali più che ideali, frutto di una quotidiana disponibilità della materia prima. Ogni piatto raramente supera i tre o quattro elementi. Lo scopo: offrire immediatezza senza banalità.
Altri capisaldi sono tagliatelle, piccione, qualche piatto di carne; convivono con proposte “speciali” che ritornano solo quando hanno ragione di esistere: un
Baccalà mantecato con mousse di castagne, un
Risotto porri e cioccolato bianco. Un altro piatto delizioso è il
Carpaccio di wagyu affumicato con colatura di alici. Il piccione, frollato quattro o cinque giorni per ottenere una consistenza vicina al prosciutto, è forse la creazione più rappresentativa dello chef, al pari del
Wellington: un lavoro di tecnica e sensibilità che rende misurabile l’esperienza maturata in anni di cucine importanti, dal
Four Seasons al
Cibreo, fino alle tre stelle catalane di
Sant Martí.
Il ristorante sorge a Firenze sud, luogo familiare allo chef grazie alle attività storiche della sua famiglia. L’apertura, rapidissima e non priva di ostacoli logistici, ha superato le aspettative. Il servizio è essenziale ma curato: coltelli artigianali per i tagli importanti, una piccola carta vini coerente e ragionata, un caffè di moka servito a un euro perché sia sempre fresco. Dettagli che raccontano un’idea di ristorazione centrata sulla verità, non sulla messa in scena.
Andrea, classe ’94, parla con lucidità di ciò che non vuole fare: la cucina “laboratoriale” incontrata al Geranium, la ripetitività di certa ristorazione cittadina, la rigidità del servizio fine dining. Nonna Lella nasce proprio come alternativa, un locale che ambisce a essere comprensibile, intimo eppure ambizioso, dove la tecnica non è mai il messaggio ma il mezzo. In fondo, il Wellington è la metafora perfetta. Richiede tempo, metodo, attenzione. Ma ciò che arriva al tavolo è conforto e calore. Come il gesto di una nonna, ma con la consapevolezza di chi ha attraversato cucine lontane per tornare a dire, con precisione: questo sono io.
Nonna Lella
Via di Ripoli 10R - Firenze
Tel +39 055 3986819
aperti a cena, sabato e domenica anche a pranzo