Maratea è un luogo le cui potenzialità sono ancora molto da sviluppare? C’è un prezioso documento che risale addirittura al 1847, è un regolamento di polizia del Comune dove si stabilisce, “tanto per i forestieri, che per i cittadini”, che per “prendere i bagni in tempo estivo sì al Porto, che a Fiumicello” occorra “munirsi di un calzonetto di tela” da indossare anche in acqua, pena “la detenzione fino a due giorni”. Testimonianza di come, già all’epoca, in estate il mare marateota fosse frequentato da bagnanti. Quasi 180 anni dopo l’abitudine non è certo venuta meno, però la Perla del Tirreno palesa un limite: delle circa 240mila presenze totali (dati 2024, quelli di quest’anno sono ancora provvisori, ma appaiono allineati), il 62% - quasi due terzi - si concentra nei due mesi centrali dell’estate, aggiungendo anche giugno e settembre rimane fuori solo un’inezia, quasi nulla, poco più di 20mila presenze da ottobre a maggio.
Per destagionalizzare - ormai è diventato un mantra - e per stimolare un turismo dunque più strutturato (la costa di Maratea, col suo Golfo di Policastro, ha poco da invidiare come splendore naturalistico alla Penisola Sorrentina), non sono sufficienti le piccole strutture famigliari, o gli antichi affittacamere (ve n’erano già una cinquantina, nel 1927, tra le case del Porto e quelle di Fiumicello). Occorre restituire a Maretea un’allure un po’ appannata, farla tornare “di tendenza”, come quando Pier Paolo Pasolini la descriveva così: “Maratea, nome magico, che mette sospetto, in ansia come tutte le cose di moda, a cui non si vuole arrivare secondi”. Occorre ripartire innanzitutto dal gioiello locale, punto di forza per tanto tempo, poi a sua volta perso un po’ nell’oblio e che ora viene restituito alla propria funzione di traino. Si chiama Santavenere.
Il 
Santavenere è stato per lungo tempo l’unico hotel a cinque stelle a Sud di Napoli; venne costruito a partire dal 1953 per volere di imprenditori biellesi della famiglia 
Rivetti, giunti qui per intercettare i finanziamenti della Cassa per il Mezzogiorno. Il conte 
Stefano Rivetti intuì le potenzialità della zona, decise quindi di investirvi. Oggi quella che fu concepita come fosse un'aristocratica residenza privata può diventare il fulcro di un nuovo rilancio, qualche settimana fa ne parlavamo nella hall con una nostra vecchia conoscenza, 
Nicola Loiodice, già giovanissimo (è un classe 1993) uomo di sala premiato da 
Identità Golose come “Miglior maître” nel 2020 quando lavorava al 
Borgo Egnazia in Puglia, qui approdato come hotel manager. Il 
Santavenere dal 2020 è infatti gestito dal gruppo 
Egnazia Ospitalità Italiana, una garanzia.
È un’opportunità enorme che Maratea non si deve lasciar scappare. La struttura, immersa nel verde e affacciata sul mare, è elegante e dal fascino discreto, dispone di 26 camere (diventano 34 con il completamento delle nuove junior suites), di ampi giardini e di una spiaggia privata che si affaccia sulle acque cristalline del Tirreno. Come per gli altri hotel del gruppo, il coordinamento della cucina è stato affidato ad 
Andrea Ribaldone, che per l’occasione ha individuato in 
Antonio Bufi lo chef che poteva meglio di altri esprimere - lui che pure è pugliese di Bisceglie - un’identità gastronomica territoriale lucana da incrociare necessariamente alle aspettative di una clientela che ricerca anche in cucina gli standard e i riti gastronomici tipici di una struttura di questo livello.
Bufi è pieno di spunti che andrà a mettere poco a poco in ordine. Gioca col giusto mix tra una sua spontanea creatività che gli deriva delle esperienze del passato (si porta dietro alcune sue preparazioni iconiche, col rischio che appaiano a volte fuori contesto) e l’immersione in un territorio che ha tantissimo di offrire, tra eccellenze agroalimentari e il mare pescoso lì davanti, «qui passa di tutto: tonni alletterati, ricciole…».

Il mare davanti al Santavenere

Dentice alla mediterranea
Non ha bisogno di strafare: a 
Gli Ulivi, il ristorante panoramico all-day-dining circondato da ulivi, alberi di limone e dagli inconfondibili profumi della macchia mediterranea, ci serve a pranzo un semplicissimo e delizioso 
Dentice alla mediterranea, cotto in umido con pomodorini, patate e ulivi: è il lusso della semplicità, la forza del gusto quando il pescato è eccellente e si sa come esaltarlo in cucina.

Vista pomeridiana da Le Lanterne
La sera, accomodati all’altra insegna, più formale, 
Le Lanterne, avvia un bel percorso di interpretazione dei territori (quelli marini e montani tra Campania, Basilicata, Puglia e Calabria), con qualche dejà vu di passate avanguardie (
Risotto con barbabietola al cartoccio, cozze, blu di bufala e caffè, la versione attuale è con zucchine, tenerumi, ostriche, blu di bufala e caffè), la solita nitidezza sul pescato (
Ombrina alla mugnaia con verdure di stagione spadellate, polvere di foglie di lattuga e capperi fritti), ancor di più un lavoro di ricerca e sintesi sulle opportunità gastronomiche della tradizione locale che potrà regalare ottimi frutti, man mano che si consoliderà (la tipica cialda, ossia la casalinga insalata di patate, cetrioli e cipolle «che si fa in tutti i paesi costieri del Meridione, qualcuno aggiunge pomodorini, qualcuno ricotta salata, qualcuno tonno o polpo…», diventa 
Cialda di polpo arrostito, crema di patate dolci, cetriolo alla griglia, gelatina di pane raffermo, pomodoro e spuma di polpo, «insomma proviamo a renderla moderna»).

Cialda di polpo arrostito, crema di patate dolci, cetriolo alla griglia, gelatina di pane raffermo, pomodoro e spuma di polpo

Tortelli ripieni di maccalà mantecato, spuma di patate affumicate all'olio di oliva, ristretto di crostacei

Gelato allo yogurt di bufala, carote candite, crumble di mandorle, frangipane e composta di arancia
Si chiude con un buon 
Gelato allo yogurt di bufala, carote candite, crumble di mandorle, frangipane e composta di arancia.