09-02-2016
Maico Campilongo, a destra, con lo chef pugliese Krystian D'Angelo. Insieme al fratello di Maico, Franco, sono i protagonisti di una storia di successo, quella del ristorante-pizzeria Terún di Palo Alto, California. La vicenda però pone un problema: come approvvigionarsi di prodotti italiani di qualità (specie di quelli freschi, o l'importazione dei quali è difficoltosa) sulla West Coast? La risposta è...
Come si fa se hai un ristorante tricolore a Palo Alto, in California, e certi prodotti gastronomici non si possono importare dall'Italia, per oscuri motivi, vedi i salami calabresi? Oppure, come si fa se si vuole una mozzarella a km zero negli States? Prendiamo spunto da un articolo del 2006 scritto sul Los Angeles Times: “You have probably never heard of Girardi, but you may have swooned over his cheese. He is the man who introduced America to burrata (…) Essentially, burrata is nothing more than mozzarella stuffed with mozzarella (…). But that nuts-and-bolts description doesn't begin to do the cheese justice. Burrata is to mozzarella as foie gras is to chicken liver”. Traduzione: probabilmente non avete mai sentito parlare di Vito Girardi, ma forse siete svenuti davanti al suo formaggio. Lui è l’uomo che ha presentato la burrata all’America.
Vito Girardi con la sua Gioia Cheese ha fatto conoscere la burrata agli americani
Il trittico funziona a meraviglia, sembra un congegno ben oliato: Chefs' Warehouse vuole vendere tutti i prodotti possibili a un ristorante italiano di successo; Gilberto ha ogni vantaggio a piazzare gli ottimi prodotti di Chefs' Warehouse; il ristorante-pizzeria Terun vuole il meglio e vorrebbe che tutto quello che ha fosse made in Italy. Ma qualche volta non è proprio possibile.
I fratelli Campilongo con i genitori davanti al loro locale in California
La soluzione non è accontentarsi di prodotti mediocri, forti solo di quello che è noto come “italian sounding”. La via d’uscita è un’altra: trovare qualcuno che li faccia qui, quei prodotti, ma bene. Si replica la produzione oltreoceano e i risultati sono spesso eccellenti. Citiamo per esempio Gioia Cheese Company vicino a Los Angeles, che dal 1994 produce mozzarella fiordilatte e burrata come in Italia. Appartiene appunto alla famiglia Girardi, originaria di Bari, che vanta una lunga tradizione: iniziarono all’inizio del secolo scorso, prima in terra di Puglia e poi in America. Continuano anche oggi a produrre delizie, il loro motto è: “We proudly hold our slogan to be the original taste of Italy”.
Oppure andiamo in Wisconsin, dove si produce un’ottima ricotta. Nome della compagnia: Grande Cheese. Non è un caso che nei marchi si ricorra a termini italiani: “Grande”, “Gioia”… Si vuole suggerire un’impronta di tradizione millenaria italiana a un prodotto che oggi si crea in America… dove le tribù dei nativi americani sicuramente non sapevano molto di burrata e mozzarella, o di ‘nduja!
La sede della Grande Cheese Company nel Wisconsin
E allora, chiedo io: è questa la risposta possibile? A voi l’ardua sentenza.
Recensioni, segnalazioni e tendenze dai quattro angoli del pianeta, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
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Calabrese di Scalea, classe 1973, figlio di un muratore e di una casalinga, dopo gli studi d’Ingegneria è approdato sulla West Coast con il fratello Franco, aprendovi la pizzeria Terún, a Palo Alto. Un successo: è diventato uno dei locali preferiti del fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, o del ceo di Apple, Tim Cook. Ora ha replicato con iTalico, dedicato alla pasta
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