08-11-2023
L’insegna nasce pochi mesi fa dalle menti di Alessandro Bernabei, Yari Stati, food blogger conosciuto come The Bro food, e l’art director Luca Laurenti
Al civico 11 di Via Apulia, nel quartiere più in fermento della Capitale, Ruvido è la nuova enoteca con cucina che mancava a Roma. Incastrata lì, nel quartiere Appio Latino, in un cubo di cemento che sa un po’ di Berlino e un po’ di Giappone, l’insegna brilla di eleganza informale, spigliata e consapevole. Ti accoglie come una casa e ti mette in tavola, o meglio dire al bancone, una sequenza di calici e di assaggi fatti di colori, consistenze e sfumature di gusto inedite.
Perché le strade della capitale sono sempre più ricche di calici di vino e assaggi da condividere a centro tavola, ma solo poche di queste risultano centrate nella filosofia e nell’esperienza finale del cliente. Ruvido è una di loro, e adesso vi spiego il perché.
La cucina di Ruvido
L’insegna nasce pochi mesi fa dalle menti di Alessandro Bernabei, Yari Stati, food blogger conosciuto come The Bro food, e l’art director Luca Laurenti. Alessandro, non è un volto nuovo nel settore: già proprietario dei ristoranti Acquasanta a Roma e Terramadre a Nettuno, ha da sempre mostrato passione e competenza nel settore.
Chi ha avuto la fortuna di conoscerlo, durante il servizio da Acquasanta, avrà toccato con mano la naturalezza e semplicità con cui approccia al mondo del vino. Così fa anche da Ruvido assieme ai due soci e amici.
Musica elettronica, new wave anni 80, alternative rock: queste le vibrazioni che risuonano su una imponente parete di cemento invasa da centinaia di bottiglie che cambiano di settimana in settimana. E poi libri sulle locandine punk degli anni 80 e sulla street art, alternati a pupazzi in vinile raccontano il percorso iconografico e culturale di questo progetto che omaggia l’architettura Brutalista.
La Selezione di formaggi del Lazio Ammano e la Bruschetta ai 3 pomodori, bufala di Paestum e basilico rosso
Nel frattempo arrivi tu, cliente in cerca di un aperitivo rilassato o una cena tra chiacchiere e brindisi genuini. Ti siedi sullo sgabello color ruggine, richiamo che omaggia le sfumature di colore dei vigneti, e leggi stupito il menu e la carta dei vini.
In quest’ultima, si concentra una selezionatissima e sempre più ampia lista di vini prodotti a basso intervento umano, votati all’estrema qualità, dove i produttori lavorano più in vigna che in cantina. Tanta Italia, ma anche Francia e Slovenia con punte di Spagna, Germania, Croazia e ancora Georgia, Grecia e Libano. Nulla è fermo, tutto è in fermento: un’etichetta arriva e un’altra se ne va.
A' la Volée di Fra I Monti
Si inizia la cena con un calice di A' la Volée di Fra I Monti, un rifermentato in bottiglia da uve di una piccola vigna di solo un ettaro con una resa molto bassa, che cresce su terreni di origine argillosi e limosi. Un assaggio dritto, paradigmatico della filosofia del locale. Accanto a lui arrivano una batteria di bocconi, dalle Gildas basche qui in versione italiana, dunque Spiedini di olive siciliane, alici di Menaica e peperoni dei Colli Euganei sott’aceto, all’ottimo Pan brioche con burro, miso di nocciole e alici di Menaica passando per l’inaspettata e spiazzante Bruschetta ai 3 pomodori, bufala di Paestum e basilico rosso.
Gildas
Poi arriva il calice che sa di gelsomino e erbe di campo di Stalisma White (Kamara Wines), un bianco dalla Grecia del Nord che Dimitrios Kioutsoukis assieme alla moglie Ellie e i 5 figli cura come pochi. In abbinamento? Porchetta artigianale, spessa, profumata, delicatamente speziata. Arriva su un tagliere, semplice e immediata, sospesa da un foglio sottile di carta alimentare invaso dal volto di un dobermann, mascotte dell’insegna attorno al quale si è giocata tutta la comunicazione social. «È un dobermann molto docile all'inizio, che poi ha cominciato ad avvicinarsi ai vini naturali diventando più ruvido» spiega Luca Laurenti, art director, ideatore del logo.
Il menu prevede piatti senza l’utilizzo del fuoco. Tra loro, spicca per complessità, nel gusto e nella lavorazione, l’Ombrina cruda con finocchi, salicornia, olive di Pantelleria, arance fermentate e patate soffiate. I cubi di pesce sono carnosi, sapidi e dolci, vivacizzati dalle note più iodate della salicornia e più agrumate dell’arancia lattofermentata di Nesler.
Les Graviers di Bénédicte et Stéphane Tissot
Canonica, solo nel nome, è la selezione di formaggi del Lazio, qui di Ammano, azienda agricola biologica che si estende nei terreni intorno al Lago di Bracciano. Bocconi di latte, tondi, dolci e a volte piccanti, da smorzare con un calice di Les Graviers di Bénédicte et Stéphane Tissot.
Sembra tanto ma non è ancora tutto. Ruvido cambia espressione di continuo, diventando contenitore di incontri con produttori, chef, artigiani che raccontano le loro storie nel tempo di un aperitivo o una cena. Marco Claroni dell’Osteria dell’Orologio, Jacopo Mercuro di 180 grammi Pizzeria Romana, Roberto Liberati di Bottega Liberati sono solo alcuni degli ospiti che si sono susseguiti nelle prime settimane del calendario firmato Ruvido.
Ruvido Roma
Via Apulia, 11, 00183 Roma RM (Zona Appio Latino)
Aperto tutti i giorni dalle 18:00 fino a mezzanotte
Telefono: 06 9761 9059
Prezzo medio: 35 euro a persona
Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
di
Romana di Trastevere, classe ’99, sin da piccola mangia fuori, ricercando tavole sempre più fuori dagli schemi. Studia Medicina al Policlinico Umberto I con l’obiettivo futuro di riuscire a coniugare le sue più grandi passioni: la cucina e la medicina.
Andrea Pasqualucci e Gastone Pierini, ristorante Moma, Roma
Il Sandwich di fiori di zucca di Gusta, piazza Carlo Magno 13, Roma