21-12-2021

Mastrojanni, il Brunello e la forza degli investimenti

L’azienda nata nel 1975 è diventata uno dei punti di riferimento della zona, preservando il territorio

Mastrojanni si trova a Castelnuovo dell'Abate,

Mastrojanni si trova a Castelnuovo dell'Abate, nella zona sud-est di Montalcino

Quando investire non significa stravolgere un territorio, un vino, ma preservarlo nel tempo e valorizzarlo.

La storia della cantina Mastrojanni a Montalcino segue proprio questa direzione, fin dalla sua nascita: il Brunello deve mantenere le sue caratteristiche, deve seguire la propria strada, e gli investimenti vanno proprio a dare un supporto strategico affinché si possano raggiungere questi obiettivi.

La cantina di affinamento

La cantina di affinamento

La storia parte quasi 50 anni fa in quel di Castelnuovo dell’Abate, nella parte sud-est del territorio di Montalcino. «Nel 1975 l’avvocato romano Gabriele Mastrojanni – spiega Laura Paolucci, direttore commerciale di Mastrojanni - comprò i poderi San Pio e Loreto e decise di piantare le prime vigne che in parte ancora oggi producono i nostri vini. Successivamente Maurizio Castelli, ancora oggi nostro enologo, divenne il consulente di riferimento dell’azienda».

L’avvocato Gabriele Mastrojanni puntava in alto, e per questo voleva avere collaboratori che gli potevano permettere di raggiungere i suoi obiettivi. «La famiglia Mastrojanni, che viveva a Roma e veniva saltuariamente veniva a Montalcino, decise di dare fiducia ad Andrea Machetti che si offrì di seguire a tempo pieno l’evoluzione dell’azienda. Divenne così, nel 1992, l’amministratore delegato».

Andrea Machetti e Riccardo Illy in vigna

Andrea Machetti e Riccardo Illy in vigna

Nel 2005, però, l’avvocato Gabriele Mastrojanni venne a mancare e i figli decisero di vendere. Così c’è stato l’interesse da parte di Riccardo Illy, che ha seguito quello del fratello Francesco che aveva avviato, sempre a Montalcino, il Podere Le Ripi, che si trova proprio vicino all’azienda Mastrojanni: l’acquisto arriva alle fine del 2008.

«Il 2008 è una data importante – spiega Laura Paolucci – Perché da allora ci furono sempre più investimenti, sia in vigna, sia per la realizzazione della nuova cantina. Oggi l’azienda può vantare di 39 ettari di vigneto, dei quali 17 certificati a Brunello di Montalcino. I vigenti sono tutti circondati da boschi che d’estate permettono di “abbattere” la temperatura di 2 o 3 gradi. I terreni sono con argille, pietre e ferro, ma non c’è galestro».

La mappa dei vigneti

La mappa dei vigneti

Si punta molto sui due “cru” aziendali: «La vigna Schiena d’Asino è l’unico cru che non prende il nome da un toponimo, ma semplicemente dalla forma del vigneto, a schiena d’asino, appunto». E poi c’è l’ettaro e mezzo della vigna Loreto, dove sono stati piantati 7 cloni a bacca piccola, con un chicco più resistente al caldo. «C’è una ventilazione costante – sottolinea Laura Paolucci - con aria che arriva dal mare. Le rese sono di circa 50 quintali ettaro, per i cru si scende anche a 45». Una zona molto protetta, ma che nel 2021 ha comunque avuto una diminuzione del 40% della produzione.

La nuova cantina è un piccolo gioiello di semplicità e praticità. «In vendemmia facciamo una selezione dei grappoli sia manuale sia ottica. Per la vinificazione, invece, si utilizza solo cemento, del quale il 60% vetrificato e il 40% spazzolato. In affinamento, solo botti grandi, in maggior parte austriache (ma ci sono anche le italiane di Gamba), per fare un esempio, di misure tre i 16 e i 54 ettolitri».

Le vasche di fermentazione in cemento

Le vasche di fermentazione in cemento

Una curiosità è certamente il Ciliegiolo, un vino fortemente voluto per valorizzare questo vitigno e le sue caratteristiche. Un progetto che ha portato, nell’annata 2019, alla produzione di 6mila bottiglie, dove questo Igt trova una grande profondità e sapidità.

Con una produzione di circa 50mila bottiglie, il Rosso di Montalcino è sicuramente il vino d’ingresso nel mondo del Sangiovese: intenso e pulito, con grande freschezza si rende piacevole al sorso, senza troppi pensieri.

Una magnum di Brunello di Montalcino

Una magnum di Brunello di Montalcino

Per il Brunello di Montalcino, invece, abbiamo assaggiato le due anteprime. Il Brunello di Montalcino 2017 è uno dei più piacevoli di quelli provati, in un’annata resa molto complicata dalla forte siccità. A Mastrojanni, invece, sono riusciti a mantenere una buona piacevolezza e un discreto equilibrio, partendo da una base di grande struttura.

Il Brunello di Montalcino Vigna Loreto 2017 rientra nei migliori assaggi del Benvenuto Brunello dello scorso novembre.

Il relais in mezzo alle vigne

Il relais in mezzo alle vigne

Come detto, con un’annata particolarmente calda e, di conseguenza, alcolica, il lavoro non facile è stato quello di mantenere la finezza: il Vigna Loreto, sicuramente anche per le caratteristiche particolari dell’appezzamento, risulta un vino molto elegante, dove all’alcolicità fanno da contraltare la freschezza e la sapidità, dove esce un frutto maturo ma non “stracotto” o da confettura, e si sentono note balsamiche nette.

Mastrojanni, in questo periodo, ha poi sviluppato un’importante offerta dal punto di vista dell’accoglienza. Oltre a uno splendido Relais, con anche una piccola ma attrezzata spa, si può godere anche di un’esperienza di degustazione in abbinamento alla cucina, un pranzo con vista sulle vigne e piatti ben studiati per essere abbinati ai vini di Mastrojanni.


In cantina

Storie di uomini, donne e bottiglie che fanno grande la galassia del vino, in Italia e nel mondo

a cura di

Raffaele Foglia

giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose

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