05-09-2021
Una splendida immagine della Cantina Cantele
Un forte legame con la famiglia unita alla voglia di fare dei vini freschi e fini, dalla grande bevibilità. Sono questi i pilastri della Cantina Cantele, nata per l’amore della Puglia da una coppia di sposi che fecero una sorta di emigrazione al contrario, trasferendosi da Imola a Lecce nel 1951.
La Cantele è un’azienda che viene fondata da Giovanni Battista Cantele e dai figli Augusto e Domenico nel 1979. «Ma la nostra storia parte da molto prima – sottolinea Paolo Cantele – Cantele è un cognome veneto, infatti mio nonno è di Pramaggiore, in provincia di Venezia. Era un commerciante ed era partito a visitare l’Italia per visitare i luoghi da dove provenivano i vini che vendeva. I suoi viaggi finirono abbastanza presto, perché scoppio la Guerra, ma soprattutto perché a Imola incontrò Teresa Manara».
La famiglia Cantele: Gianni, Paolo, Luisa, Domenico e Umberto Cantele
Una storia davvero particolare, visto che in quel periodo erano molte le persone che partivano per il Nord in cerca di lavoro. «La sua fu un’emigrazione al contrario, nel 1951. Mio papà Augusto era ancora piccolo, ma è cresciuto nel mondo del vino. Ma voleva lavorarci con un’altra ottica: così andò a studiare enologia a Conegliano e lì poi si fermo per un ulteriore periodo di tirocinio, che gli permise soprattutto di formarsi per quanto riguarda la realizzazione dei vini bianchi, che in quel periodo non erano particolarmente in voga in Puglia».
La storia arriva poi ai giorni nostri: «Negli ultimi 20 anni io, che mi occupo di commercializzazione e marketing, e mio fratello Gianni, come enologo, e i miei due cugini, Umberto e Luisa, abbiamo preso il testimone. Mio papà è purtroppo mancato alcuni anni fa. Siamo un’azienda familiare». Nel senso che al centro c’è la famiglia, da sempre.
Uno scorcio dei vigneti
Ed è la filosofia che è applicata anche all’Amativo: «Si tratta del primo vino in Puglia che nasce come blend tra Primitivo e Negroamaro. È un vino sentimentale, nato nel 1999, perché mio padre ci teneva molto. E nelle doc presenti in Puglia non era presente, anche se oggi il Salice Salentino Doc ha un po’ “allargato” alla possibilità di utilizzare il 25% di altri vitigni».
«È un vino iconico, per noi, non facilissimo da produrre. Sono due vitigni molto diversi e che hanno tempi di raccolta diversi. Tra Primitivo e Negroamaro c’è una differenza di circa un mese: il Primitivo viene raccolto tra la fine di agosto e l’inizio di settembre, utilizzando le migliori uve provenienti da vigneti ad alberello vecchi, di circa 60 anni. Sempre da alberelli vecchi proviene il Negroamaro, che però viene raccolto tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre. Mio fratello Gianni, che è l’enologo, lo ripete sempre: è il Primitivo che decide quale vigneto di Negroamaro utilizzare, a secondo delle caratteristiche dell’annata. Anche se poi, alla fine, vengono scelte quasi sempre le stesse vigne. La percentuale del blend rimane sempre la stessa: 60% Primitivo e 40% Negroamaro. Il Primitivo è più morbido, e all’assaggio un’entrata più dolce è sempre piacevole; il Negroamaro gli dà quel finale amaricante che conferisce al vino una bevibilità maggiore.
Il vino simbolo della cantina: Amativo
La prevalenza della produzione è dedicata ai vini rossi, concentrandosi sugli autoctoni. «L’unico vitigno internazionale è lo Chardonnay. Anche in questo caso mio papà fu un pioniere, in quanto su il primo a realizzare uno Chardonnay di struttura che affinava in botti piccole, in barriques. Per il resto, per i bianchi, abbiamo Verdeca e Malvasia Bianca, mentre per i rossi Primitivo, Negroamaro e Susumaniello».
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Le vendite invece sono per il 60% all’Estero e per il 40% in Italia. Come export, i mercati principali sono il centro Europa e gli Stati Uniti, mentre c’è stato un primo approccio positivo ai mercati asiatici.
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a cura di
giornalista de La Provincia di Como, sommelier e appassionato di birra artigianale. Crede che ogni bicchiere di vino possa contenere una storia da raccontare. Fa parte della redazione vino di Identità Golose
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