Alain Ducasse

Brambilla-Serrani

Brambilla-Serrani

Fra le personalità dominanti della scena contemporanea, Alain Ducasse è ben più di uno chef. Nei suoi innumerevoli ristoranti disseminati per il mondo, come in un sogno egli sa essere regista, sceneggiatore, scenografo, protagonista, comprimario, persino critico e spettatore. Tanta è la cura con cui appone il suo suggello su ogni briciola della dining experience, selezionando il personale e le materie prime come un segugio implacabile, sottoponendo le maison a visite periodiche, spingendo la sua linfa nelle più infime nervature del menu.

Un amore per la cucina a 360 gradi, perché il sogno cambia ogni volta di soggetto e ambientazione. Dalla corroborante cucina di terroir ai paludamenti dell’haute cuisine, ai dinamici concept restaurant metropolitani, Alain Ducasse è ovunque e nowhere: il centro di un tourbillon affollato di stimoli, clienti, sensazioni. Il Mediterraneo, e nella fattispecie l’Italia, conta da sempre fra le sue passioni, e proprio qui da noi ha saputo farsi mentore di grandi talenti: a transitare sotto i suoi occhiali sono stati Massimo Bottura, Carlo Cracco, Davide Oldani, Andrea Berton. Capaci di assimilare innanzitutto l’efficienza e l’organizzazione, l’amore per il prodotto oltre che la capacità imprenditoriale. Perché stiamo parlando di un Escoffier del terzo millennio, fondatore di un nuovo concetto di cucina e di ristorazione, capace di un’inedita summa per le generazioni a venire.

«Per pranzo bastava andare nell’orto a raccogliere carciofi, fagioli, pomodori e peperoni. Erano gli ortaggi più belli del mondo. E io andavo a pescare anguille, lucci, ghiozzi. L’unica cosa che compravamo era il burro», dice ricordando i natali agresti nelle Lande, battesimo di una filosofia dell’artigianato applicato cui è restato sempre fedele. Dopo l’apprendistato alla scuola alberghiera di Bordeaux e presso il Pavillon Landais di Soustons, il grembiule si allaccia al fianco di Michel Guérard e Gaston Lenôtre, mostri sacri della nouvelle cuisine; Roger Vergé, che gli inocula il virus provenzale dell’olio di oliva; nonché l’indimenticabile Alain Chapel. In seguito Ducasse è chef alla Terrasse di Juan-les-Pins, coup de feu dopo il quale non si contano più le inaugurazioni. Dal monegasco Louis XV al parigino Plaza Athénée, fino a New York, Beirut e Hong Kong, sui suoi ristoranti non tramonta mai il sole.

Ha partecipato a

Identità Milano


a cura di

Alessandra Meldolesi

Umbra di Perugia con residenza a Bologna, è giornalista e scrittrice di cucina. Tra i numeri volumi tradotti e curati, spicca "6, autoritratto della Cucina Italiana d’Avanguardia" per Cucina & Vini