18-01-2020

Bros a Madrid Fusión: costruzione dello chef millennial e aroma retrò di rancido

Pellegrino e Potì plasmano la figura di un cuoco che usa il linguaggio della modernità e recupera il background gustativo

Floriano Pellegrino e Isabella Potì a Madrid Fus

Floriano Pellegrino e Isabella PotìMadrid Fusión

Do, do, do, do, do, do, do, do, do
Do, do, do, do, do, do, do
Do, do, do, do, do, do, do, do, do
Do, do, do, do, do, do, do

Tonight I want to give it all to you
In the darkness
There's so much I want to do
And tonight I want to lay it at your feet
'Cause girl, I was made for you
And girl, you were made for me

La musica di I Was Made For Lovin' You dei Kiss invade il palco di Madrid Fusión - continuerà come sottofondo per tutta la lezione - perché i Bros questo sono, oltre che grandi chef: comunicazione, provocazione, inventiva. Parte un video: piatti golosi e immagini sensuali, fornelli e red carpet, ingredienti antichi e visioni contemporanee da star di YouTube perché «noi vogliamo raccontare la cucina ai millennials, quali anche noi siamo. Quando abbiamo deciso di aprire a Lecce, quattro anni fa, Isabella aveva 21 anni, io 26 - spiega Floriano Pellegrino - Avevamo e abbiamo un'ambizione: inserire il Salento nella mappa della gastronomia mondiale. Qui non c'era cultura gourmet, domina la tradizione, volevamo e vogliamo creare un circuito di turismo (che al 40% è straniero): oggi chi viene da noi sta mediamente 8 ore a Lecce e dintorni, devono diventare 36 o 48».

Per far questo, il primo strumento è certo la cucina: «Puntiamo sulla nostra identità gastronomica e di pensiero». Ma poi viene anche altro, in una specie di ridefinizione complessiva di quello che è lo chef millennial: «Ci siamo chiesti cosa si potesse proporre di nuovo, dopo Ferran Adrià. Quale potesse essere l'apporto della nostra generazione». La prima risposta non è la tecnica, né la creatività, né la tecnologia, né gli ingredienti; è un pensiero più vasto, multidisciplinare, in questo senso sovversivo: «È il nuovo umanesimo dello chef contemporaneo: comunicazione, managerialità, identità, visionarietà». Uno chef che mostra sé stesso, gioca con le immagini e persino l'erotismo, provoca discussione e quindi reclama attenzione. Diventa icona, un po' anche brand per magliette, cappellini e palloncini; avvia su questo un fiorente e-commerce; crea persino un team sportivo - Bros Rugby Club - oltre ai "soliti" laboratori di sperimentazione: «Siamo passati dall'essere una gang a una holding in cui le scelte di stile sono in tutto, anche nel modo di vestirci. Siamo dovuti diventare ambasciatori di noi stessi: ci siamo posti l'obiettivo di comunicare. In questi 4 anni sono passati dalle nostre cucina 400 ragazzi, praticamente tutti stranieri. E siamo molto attenti a quel che accade su Instagram».

Questi sono i Bros discutibili e discussi, da molti persino detestati, perché si muovono in modo del tutto eccentrico rispetto ai loro colleghi. Ma diverse - eppure indiscutibili nella loro straordinarietà - sono anche le strade intraprese in cucina. Floriano è il frontman, Isabella Potì rimane un passo dietro, ad armonizzare, a sostanziare di concetti culinari la verve del compagno. Spiega lui: «Il processo creativo oggi per noi significa background gustativo: andare alle radici, fare del sapore un grimaldello per reagire all'omologazione» utilizzando l'intero spettro aromatico, il menu a Lecce è diviso in sezioni, si parte con l'acidità - a sua volta suddivisa in acetica più invernale, citrica più estiva, e rancida - per passare poi all'umami e al dolce.

Nella patria del jamón, con le sue note caratteristiche meravigliosamente rancide, è proprio questo gusto al centro dei tre piatti proposti dalla Potì. Spiega Pellegrino: «Il rancido diventa a sua volta elemento contro l'omologazione culturale e palatale. Io ricordo mia nonna, mi preparava la pasta aglio, olio e peperoncino, la condiva con un olio rancido. Era buonissimo. Perché non ci dovrebbe andare bene? In generale, perché non dovrebbe andare bene?».

Ecco allora la versione dei Bros: Pasta, aglio, grasso rancido, pipirussu: la pasta, cotta, viene immersa in acqua, ghiaccio e sale, così da tenere il perfetto punto di texture; sarà ovviamente servita fredda, condita con grasso rancido di prosciutto emulsionato nel latte, poi con una salsa di aglio confit in olio di girasole, infine con le polveri di tre tipi di peperoni rossi, dolci e piccanti. La sintesi: «Non mi vergogno di mia nonna!», punto di congiunzione tra Bros e tradizione, futuro e passato.

Pasta, aglio, grasso rancido, pipirussu

Pasta, aglio, grasso rancido, pipirussu

Ricotta scante, riccio

Ricotta scante, riccio

Prima della pasta, la Potì aveva preparato un piatto che chi scrive aveva assaporato un annetto fa, esplosione gustativa totale, uno dei migliori assaggi del 2019, ora rivisto nelle forme, più eleganti: Ricotta scante, riccio. È una ricotta di pecora che fermenta per tre mesi, acquisendo rancidità («Non posso proporre una fermentazione stile Nord Europa. Recupero semmai le nostre lavorazioni antiche»). Si sposa con i ricci di mare di Santa Maria di Leuca, molto saporiti. Scrivemmo a suo tempo: "Uno spettacolo. Aromi ossidati, rancidi, salmastri, fermentati, insieme dovrebbero essere quasi immangiabili, invece è una bomba per il palato".

Sanguinaccio, cioccolato rancido

Sanguinaccio, cioccolato rancido

Terzo e ultimo piatto: Sanguinaccio, cioccolato rancido. Isabella prende una trippa suina, la riempie con tocchetti di cervello di mucca e sangue di maiale condito con pepe, sale e latte. Prima cuoce in acqua calda a 90°, poi viene passato sulla brace, tagliato e impiattato con una salsa di carne e cioccolato sciolto incorporando burro rancido e poco caffè espresso. «Una lavorazione ancestrale, questa del sanguinaccio. Non la conosce più nessuno, a noi l'ha spiegata un gitano che vive a Lecce». Pura concentrazione del sapore, il piatto è terminato con un cubo nero, di banana ossidata. Tanta roba. «Crediamo che sia il momento di riportare i valori della cultura mediterranea in prima linea. Intendiamo dire che vogliamo spostare gli equilibri del mondo a Sud»: Floriano Pellegrino non ha detto tali parole a Madrid. Ma il senso è quello.


Carlo Mangio

Gita fuoriporta o viaggio dall'altra parte del mondo?
La meta è comunque golosa, per Carlo Passera

a cura di

Carlo Passera

classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera

Consulta tutti gli articoli dell'autore