05-11-2022
Carlo Petrini, 73 anni, ieri a San Paolo sul palco di Mesa SP, il più importante congresso di cucina in Brasile
«Parlerò italiano perché vorrei che quel che dico risultasse ben chiaro. Sono felice di tornare in Brasile, un paese che amo. Arrivai qui per la prima volta nel 1981: aveva la metà degli abitanti di oggi. Dopo la pandemia, eccomi di nuovo». È l’inizio soft di un discorso da 40 minuti con cui Carlo Petrini ha fatto strappato applausi a scena aperta alla platea dell’Espaço Unimed di San Paolo, scenografica sede di Mesa, il congresso più importante del paese più popoloso del Sudamerica. Riportiamo i passaggi essenziali. «Il tema scelto quest’anno dal mio amico Georges Schnyder (curatore di Mesa, ndr) è la cucina dell’abbraccio. Dobbiamo recuperare il dialogo, la disponibilità all’ascolto, la fraternità, valori essenziali per realizzare gli ideali della libertà e della giustizia. E contrastare le logiche del liberismo economico, che privilegiano solo i ricchi. Nella recente contesa elettorale di questo Paese abbiamo preso posizione fin da subito: noi siamo Lulisti». Applausi in sala. «E siamo coscienti che questa nuova fase storica chiede comportamenti nuovi. Culturali, politici, sociali». L’affondo: «Diciamolo chiaro e tondo: il sistema alimentare globale non funziona. È un sistema criminale e noi dobbiamo fare di tutto per cambiarlo. Con decisione e capacità di incidere. Con dinamiche che devono coinvolgere milioni di persone». Perché il sistema non funziona? si domanda il fondatore di Slow Food: «Perché 800 milioni di persone, anzi 900 milioni dopo la pandemia, soffrono di malnutrizione. E c’è ancora gente che muore di fame, una vergogna per l’umanità intera. Una vergogna nel XXI secolo. Allo stesso tempo 1,7 miliardi di persone soffrono di iper-alimentazione. Che genera obesità infantile e malattie cardiovascolari, causate da cibo iper-processato». Ma c’è anche lo spreco alimentare: «Produciamo l’equivalente di cibo per 12 miliardi di esseri viventi. Ma sulla Terra siamo 7,8 miliardi: significa che il 30% del cibo viene buttato via. Parliamo di 1,5 miliardi di tonnellate di cibo (sottolinea la cifra più volte, ndr). Le quali impegnano 1 miliardo di ettari di terra fertile. Un miliardo di ettari e 250mila miliardi di litri d’acqua per produrre cibo che poi buttiamo. Un grande problema, la vergogna più grande, un dramma enorme». Non è finita: «Dall’inizio del Novecento abbiamo perso il 60% della biodiversità: specie vegetali e razze animali. Un patrimonio enorme che i nostri anziani ci hanno affidato e che noi invece non lasceremo alle nuove generazioni. Ancora una volta, il responsabile di questo dramma è il sistema alimentare, che privilegia le razze animali forti e abbandona quelle poco produttive. Pensate che di tutta la diversità planetaria del regno degli uccelli, il 70% è pollame da allevamento. Una follia, una follia, una follia. Se poi penso a come sono allevati, meglio stendere un velo pietoso. Un sistema criminale, che dobbiamo cambiare con tutte le nostre forze».
La platea dell'Espaço Unimed di San Paolo, sede di Mesa
Recensioni, segnalazioni e tendenze dai quattro angoli del pianeta, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
a cura di
classe 1973, laurea in Filosofia, coordina la Guida ai Ristoranti di Identità Golose e tiene lezioni di storia della gastronomia presso istituti e università. instagram @gabrielezanatt