Sentimenti opposti, l'altra sera a Lugano per la presentazione della Guida Michelin Svizzera 2020. Brindisi, sorrisi e applausi durante la cerimonia, ma Milano è a 70 km, con le notizie in chiaroscuro (più scuro che altro) che arrivavano dall'Italia; ammirazione per l'ottima organizzazione messa a punto dai promotori ticinesi, ma anche delusione di questi ultimi, per non aver rimpinguato il bottino di macaron locali, rimane fermo a quanto già noto, due stelle all'Ecco di Ascona, una a La Brezza e alla Locanda Barbarossa, sempre ad Ascona, una alla Locanda Orico di Bellizona e infine una alla Galleria Arté di Lugano.
Dominatore dell'evento l'attuale punto di riferimento della cucina elvetica, quell'Andreas Caminada già tristellato al suo Schloss Schauenstein a Furstenau, nel cantone Grigioni, che ottiene adesso due stelle anche all’Igniv by Andreas Caminada a Bad Ragaz, cantone San Gallo, e altrettante all’omonimo Igniv by Andreas Caminada dell'hotel Badrutt’s Palace di St.Moritz. Inoltre Caminada è stato anche premiato come Chef’s Mentor, visto il suo ruolo di riferimento per una nuova generazione di giovani chef.

Andreas Caminada, al centro, con il direttore mondiale delle guide Michelin, Gwendal Poullennec, a destra
Al di là di tali questioni puramente svizzere - il Paese conferma il record mondiale quanto a stelle Michelin pro capite: 150 totali su 8,4 milioni di abitanti, in 122 locali, dei quali tre tristellati e 22 bistellati, 6 dei quali appena promossi - ottime soddisfazioni arrivano all'Italia per i riconoscimenti conquistati da tre indirizzi guidati da chef tricolori: ossia, le due stelle (nel 2019 era una sola) che ora illuminano il
Da Vittorio a St.Moritz, chez
Cerea; e il singolo macaron attribuito a
La Table d'Adrien a Verbier, cantone Vallese, chef il pugliese
Sebastiano Lombardi, e alla
Chesa Stüva Colani a Madulain in Engadina, chef il veneto
Paolo Casanova. Ma andiamo con ordine.

Al centro, Chicco Cerea con Paolo Rota, chef del Da Vittorio a St.Moritz, nuovo due stelle

Paolo Rota e la brigata del Da Vittorio in Svizzera
CHICCO CEREA - L'aspetto straordinario e sorprendente dei
Cerea è vedere
Chicco - ben avvezzo alle stelle: sei nel mondo, ossia tre a Brusaporto, una a Shanghai e appunto il raddoppio in Svizzera, la prima era del 2014 - emozionato, letteralmente con la voce strozzata in gola, parlare sul palco per le celebrazioni di rito. Professionista puro, infaticabile, esponente di una dinastia che sa rimanere carica di umanità. Il
Da Vittorio è stato aperto nel 2012 all'hotel
Carlton di St.Moritz; oggi è guidato dello chef
Paolo Rota, da sempre a fianco di
Chicco e Bobo Cerea (di cui è anche cognato, avendo sposato
Rossella, splendida padrona di casa a Brusaporto) nella gestione
fine dining del gruppo. Accanto a
Rota, nell’avventura elvetica, il maître
Giulio Bernardi e il sommelier
Giorgio Spartà. Tanta italianità, insomma. Spiega
Chicco ai nostri taccuini: «Sembra che la formula del
Da Vittorio piaccia sempre e ovunque, dalla Cina, alla Svizzera, all'Italia. Siamo molto contenti. È una gratificazione per tutto l'impegno che quotidianamente ci mettiamo per fare bene. Lavoriamo per passione, perché ci piace ed è la nostra vita. Ma sarei disonesto se non ammettessi che questi riconoscimenti ci fanno piacere». C'è un segreto? Il
Da Vittorio quanto si adatta alle varie realtà e quanto rimane fedele al modello originale? «Sono vere entrambe le cose. Vi sono dei protocolli fissi; ma occorre anche sensibilità per capire, in base al Paese, come possano essere declinati al meglio, considerando i prodotti a disposizione. Rimangono intatte la personalità e l'identità, perché i nostri piatti devono sempre lasciare il segno a indurre al cliente la voglia di tornare. Un ristorante vince se accade questo, e se il mattino seguente il commensale si ricorda cosa ha mangiato».

Sebastiano Lombardi, al centro con le maniche rimboccate, e lo staff del suo La Table d'Adrien
SEBASTIANO LOMBARDI - «La stampa italiana mi ha un po' trascurato, a suo tempo», si toglie un sassolino dalla scarpa
Sebastiano Lombardi, quando ci presentiamo. Lui ha sofferto le poche attenzioni riservate durante il suo regno durato tre anni a
Il Pellicano di Porto Ercole, d'altra parte gli era toccata un'eredità pesante, quella di
Antonio Guida. S'è preso una bella rivincita, ottenendo la stella nel suo indirizzo, dove lavora dal giugno 2018, ossia
La Table d'Adrien all'interno de
Le Chalet d'Adrien a Verbier, hotel di lusso e ristorante gourmet nel circuito
Relais & Châteaux. «In Toscana ruppi con la proprietà perché non sono uno
yes man, non condividevo le loro linee di sviluppo», spiega questo classe 1976 da Andria, «la città della burrata», sottolinea con orgoglio. Aggiunge: «L'approdo in Svizzera è stato casuale, un'opportunità che mi si è parata davanti e che ho afferrato al volo. A Verbier abbiamo due ristoranti: un gastronomico da 30 coperti, aperto solo alla sera, e uno di tradizione, dove facciamo anche 200 clienti al giorno. Ho carta bianca su tutto. Propongo una cucina italiana-mediterranea, molto apprezzata. La adatto al territorio, siamo in una zona di montagna, in cui la radice gastronomica prevede creme, salse e quant'altro. Ma mantengo identità, radici. E il mio dna».

Paolo Casanova premiato a Lugano
PAOLO CASANOVA - Classe 1981, da Santo Stefano di Cadore. Quello di
Casanova è un volto già conosciuto a chi scrive, conosciuto ai tempi in cui lavorava con
Cesare Battisti, prima al
Ratanà di Milano e poi all'apertura del
Dopolavoro all'
Hangar Bicocca, sempre nel capoluogo lombardo. Ne sono seguiti anni all'estero: Medio Oriente, Monaco di Baviera. «Quando è nato mio figlio, mi sono spostato in Engadina, cantone Grigioni, dove ho aperto il mio indirizzo, il primo dicembre 2016: il
Chesa Stüva Colani», che è anche hotel 4 stelle di charme, patron la famiglia
Rossi. «In tre anni abbiamo ottenuto prima l'ingresso nella guida Michelin, ora la stella: una cosa incredibile, sono orgoglioso di quanto fatto». La sua cucina non è prettamente italiana, semmai molto legata alla storia dello chef: «C'è italianità nel rispetto della materia prima e in una nota di fondo mediterranea. Poi però, nell'interpretazione, c'è tutta la mia vita, i vari cassetti della memoria che mi appartengono. Li apro per andare a esprimere ogni giorno piatti nuovi. Credo sia proprio uno stile mio, difficile da identificare».