Torino sa essere una città guardinga. Una che osserva le novità con una certa diffidenza, prima di crederci davvero. Di certo, in passato, Torino ha avuto questo atteggiamento con i ristoranti di pesce, che infatti non hanno mai brillato in città, salvo qualche eccezione. Chi ce l'ha fatta è riuscito a convincere con una proposta di personalità (vedi alla voce Pescheria Gallina) o con una cucina rimasta squisitamente uguale a se stessa negli anni (Mare Nostrum, per dirne una).
Insomma, nonostante il mare sia a un passo, tanto da aver reso le acciughe materia prima principe della tradizione, la ristorazione di pesce non ha mai realmente saputo conquistare la città.
Con queste premesse, non sembra dunque l'impresa più semplice del mondo quella imbastita dallo chef
Christian Mandura, già a capo di
Unforgettable, lo stellato più anticonformista e meno torinese della città: era ottobre scorso quando
Mandura ha preso il
Capriccioli, storico ristorante di pesce, molto sabaudo nell'impostazione e nella proposta, e lo ha trasformato nella sua
Maison, un luogo dove la materia prima ittica incontra le tecniche francesi. Di quel luogo d'altri tempi che era il
Capriccioli,
Mandura e il suo staff hanno tenuto la classicità buttando via il fané, nell'ambiente - fatto di pochi tavoli vestiti di candido - come nella cucina, al cui comando c'è il giovanissimo
Andrea Turchi.
Lo chef resident di Maison Capriccioli, classe 1994 e precedenti esperienze da Matteo Baronetto, Moreno Cedroni e Alessandro Mecca, realizza sotto la supervisione di Christian Mandura un menu che viaggia sul filo del tempo, guardando alla storia di questi tavoli, che pure riuscirono a ottenere il consenso della critica, e strizzando l'occhio alla più spinta contemporaneità, soprattutto di derivazione d'Oltralpe. Il risultato è piacevolmente straniante (e qui, probabilmente, è dove si vede di più la mano di Mandura), con un saliscendi che rimanda sempre alla classicità dei piatti di mare, senza però limitarsi a interpretarla.
Succede ad esempio con la
Sarde a beccafico, ottima entrée, o con il
Cocktail di gamberi, rivisitazione del classico dei classici della cucina anni Novanta d'occasione, in cui i gamberi vengono accompagnati dal radicchio variegato di Castelfranco cotto a bassa temperatura e dalla lattuga, scottata con una riduzione delle teste di gambero.
Il saliscendi è spesso anche corretto nei sapori, con l'inizio spinto dell'Ostrica con spinaci e beurre blanc, che stimola le papille gustative a prepararsi a quello che verrà, passando per un delicatissimo Assoluto di seppia e continuando nelle vie dei sapori salmastri e iodati dello Spaghettone mantecato al burro affumicato con ricci e uva di mare (piacevolmente pieno e rotondo), o del Rombo alla Rossini, preparato come fosse un filetto, con lamelle di tartufo nero, una riduzione di fegatini servita a parte e accompagnato da un'insalatina di senape, amaranto e vinaigrette.

Spaghettone mantecato al burro affumicato, ricci e uva di mare
Talvolta, la ridondanza di alcune bisque può sembrare dare poco movimento al menu degustazione, ma - spiegano dalla cucina - è una concessione alla dichiarata ispirazione francese, e forse anche al classicismo di una certa gastronomia di mare da cui si trae spunto.
Finale con il botto, con una piccola e perfetta Mousse di cioccolato fondente ricoperta da uno strato di caviale, in quello che sembra un chiaro omaggio alla tarteletta del due stelle Michelin Bruno Verjus, e che ripropone un abbinamento incredibilmente riuscito, sontuoso e opulento già nella concezione, prima ancora che in bocca.
Spesa adeguata al contesto, e anzi tutto sommato contenuta, considerate le materie prime e le ambizioni dichiarate del ristorante: i menu degustazione stanno a 75 e 90 euro, e un costo più o meno equivalente per tre piatti alla carta.