03-05-2020
Qualche giorno fa, che bel dialogo su Instagram tra Paolo Marchi e colui che è stato presentato come «cuoco solido, concreto, poco avvezzo a cercare le cose fini a sé stesse» (commento live dell'interessato: «Sono contento che tu mi definisca un cuoco. È ciò che cerco di essere nella quotidianità, qui al Four Seasons, dove lavoro da 12 anni, fin dall'apertura. Tuttora vivo questa situazione come fossimo appena inaugurati: abbiamo tanta fame e voglia di fare, si è creato un gruppo bellissimo. Ora siamo qui a capire come potremo muoverci»).
In attesa di saperne di più su quest'ultimo punto, una cosa è certa: Vito Mollica - perché è di lui che parliamo - è un maestro assoluto della ristorazione d'hotel. Lo sapevamo già, ma la chiacchierata lo ha reso ancor più chiaro ai nostri occhi.
Eccovi un estratto delle pillole di sapienza professionale che Mollica ci ha distillato per l'occasione.
LA STORIA - Premessa. Lui dice: «L'albergo è un impegno incredibile e il tuo pubblico è molto differenziato. Abbiamo diversi ristoranti, ognuno con il suo concetto: a partire da Il Palagio, lo stellato fine dining che ospita anche le colazioni del mattino. Noi come Four Seasons Firenze siamo ancora giovani, 12 anni per una struttura alberghiera sono pochi, specie se ci confrontiamo con alcune "istituzioni" di Nizza, di Cannes, di St. Moritz... Eppure i clienti tornano. Questo ci fa sentire importanti nel mondo dell' hôtellerie internazionale. E ci spinge a fare ancora meglio».
Cestino di frutta di benvenuto in una stanza del Four Seasons di Firenze
IL SECONDO MESSAGGIO: LA COLAZIONE - «La colazione è il secondo messaggio che diamo ai nostri ospiti. Se manca la fragranza, se il buffet è triste, se non c'è bellezza, l'ospite si troverà male e la sera non si fermerà a cena. Bisogna essere pronti a qualsiasi richiesta: ricordo un bambino di 6 anni, russo, che alle 10 del mattino voleva sempre un piatto di pasta come breakfast. Ogni giorno gliene preparavamo allora uno diverso: arrabbiata, carbonara... Tutti i condimenti! Noi cerchiamo di offrire tantissimi prodotti nel buffet della colazione, abbiamo persino un "angolo asiatico", oltre a una carta di proposte su ordinazione, con piatti sia freddi che caldi. Eppure almeno un 20% di clientela chiede cose che non sono previste. Bisogna sempre accontentarli, perché ognuno di noi a casa ha le sue abitudini, e chi sceglie un hotel cinque stelle lusso lo fa perché non vuole cambiarle nemmeno quando è in viaggio, che sia per dieta, per religione o per qualsiasi altro motivo. Magari certe richieste ti spiazzano per un attimo, ma poi facciamo di tutto per soddisfarle. Nel buffet inseriamo i più raffinati formaggi francesi come anche il Philadelphia. E la Jocca! I russi la vogliono. D'altra parte è un formaggio d'origine balcanica, quando lavoravo a Praga ho imparato che nell'Est Europa ne vanno pazzi, non solo per colazione. Ci fanno anche i dolci».
Il Four Seasons di Firenze
LA CRESCITA, IL PERCORSO - «Sono diventato cuoco dopo un percorso iniziato da ragazzino un po' per caso, per "evasione": strada facendo ho capito però quanto questo mestiere fosse meraviglioso. Oggi tutto è più immediato, un giovane vuol subito diventare chef o smette; a quei tempi c'era invece una fase di apprendistato, s'incontravano professionisti esperti, persone meravigliose che ti facevano crescere, perché ti trasmettevano la loro conoscenza. Oppure, se non eri portato, te lo dicevano in faccia. Ti trovavi di fronte vari bivi: uno provava a scegliere la sua strada migliore, sia che lo portasse a preparare panini in un chiosco o gli antipasti in tre stelle, a lavorare in una mensa o a diventare executive chef. Io dico che proprio questo percorso è il vero senso delle cose, non solo nel lavoro ma anche nella vita o nell'amore... Ricordo che quando ero ragazzo lavoravo in un albergo a Melzo, dove veniva a fare consulenza uno cuoco storico dell'Hilton di Milano, ristorante che aveva una brigata incredibile. Si chiamava Giuseppe Rosa, una vita intera come chef de partie. Per me era un grande, una persona accogliente. Andavo a trovarlo all'Hilton, vedevo quella brigata favolosa e mi dicevo: "Voglio essere come lui" persino chef de partie tutta la vita».
Mollica in sala
LO STILE IN CUCINA - «Sono un goloso, amo qualsiasi ingrediente, difficile dire qualcosa che non mi piaccia. Forse giusto il polmone. Adoro seguire scrupolosamente la stagionalità. Impazzisco per la pasta, per i dolci, per la pizza. Per me lo spaghetto è condito con aglio, olio e peperoncino, oppure al pomodoro; la pizza è la Marinara o la Margherita, al massimo con un ingrediente in più. In cucina mi piace la complessità del gusto, ma senza aggiungere troppi elementi».
Firenze
RENDERE UNICA L'ESPERIENZA - «Essere in un hotel a cinque stelle lusso significa offrire dei servizi. Noi abbiamo il ristorante di fine dining, Il Palagio; la trattoria-pizzeria, Al Fresco; il ristorante asiatico, Magnolia. E poi il catering, dove accettiamo da due a migliaia di coperti, in residenze private o grandi luoghi dell'arte, per cene prestigiose. Lo chef può essere a volte l'ospite d'onore oppure non deve neanche farsi vedere, basta che cucini bene. Si può anche prenotare un'esperienza unica al Ponte Vecchio: noleggiamo una terrazza meravigliosa, non si può sbagliare nulla, perché chi si regala questa scelta lo fa per un'occasione speciale, ci sono clienti che sono pronti a pagare qualunque somma, ovvio che non pagano solo per mangiare e bere ma per vivere un momento indimenticabile della loro vita. Così il menu devi progettarlo su misura: ci deve essere relazione col cliente, cercare di capire i suoi gusti, organizzarsi al meglio. L'errore è vietato».
Ponte Vecchio
NON ESISTE UNA MISSION IMPOSSIBLE - «Il servizio difficilissimo è quello che dà maggiori soddisfazioni, se lo si approccia seriamente e con professionalità, studiandolo a fondo. Ne abbiamo fatti tanti, di eventi splendidi: la "cena dei 1000" in via della Spiga a Milano, nel 2015. Un evento per la Bocelli Foundation che si teneva su un treno da Venezia a Firenze, dunque con un tempo limite: devi studiare tutto nei dettagli, è una specie di missione. L'occasione forse più difficile in assoluto credo sia stata un matrimonio di un cliente newyorkese: 250 invitati, gli sposti hanno chiesto pesce al sale per tutti, in una villa privata con una cucina improvvisata sotto una tenda. Non potevo dire di no. Uno degli ospiti era Daniel Humm, ero nervosissimo. Alla fine Humm è venuto a cercarmi: "Vito, sei stato fantastico, come hai fatto?". Avevo preparato bene ogni aspetto. ma il pesce al sale, in quell'occasione, non era stata nemmeno la cosa più difficile: la sposa le patate, croccanti, tagliate sottili, come fatte in casa, hai presente quando una è più marroncina - e tutti la cercano per prima - e l'altra è rimasta più gialla? ecco, volevano quello. Ci siamo risusciti».
Cavatelli cacio e pepe con gamberi rossi marinati e calamaretti spillo
IL CLUB SANDWICH PERFETTO - «Pensiamo al club sandwich. Abbiamo tutti viaggiato molto, ne abbiamo mangiati tanti, spesso mediocri. Io ad esempio detesto la maionese mischiata con la lattuga. Un errore frequente è quello di concentrarsi sul centro del panino: invece la maionese va spalmata anche sui lati e sugli angoli, poi c'è la copertura di bacon croccante, di pollo caldo, di lattuga. E l'uovo. Una cosa che non funzionava bene erano le uova, proprio perché non si prestano a "coprire" gli angoli. Così noi ne prepariamo una versione diversa: nel padellino, giriamo l'uovo, apriamo il tuorlo e diamo forma al tutto, in modo da coprire tutto il sandwich. Altro errore banale è non usare sale e pepe. Sono piccoli accorgimenti, ma fondamentali per un club sandwich perfetto: gustoso, deve avere complessità e non deve mancare nessun elemento in ogni punto del panino».
La trattoria Al Fresco
IL PERSONALE - «Come selezionare il personale? Devi scoprire le attitudini. Dobbiamo sapere precisamente di chi abbiamo bisogno, se di un player, di assistente, o può andare bene anche uno che deve imparare. No assoluto alle primedonne: quando commettiamo un errore - capita - e le assumiamo, facciamo capire loro che sono nel posto sbagliato. Poi: regole comuni, cucina "democratica". La nostra brigata è composta normalmente in inverno da 28 persone, che diventano 40 in estate, più 8-9 stagisti e un team di collaboratori a chiamata, di nostra fiducia, cui rincorriamo in base alle necessità della banchettistica, abbiamo database apposito. D'estate, tra sala, cucina, arriviamo a 120 persone assunte in totale».
La sala de Il Palagio
CREARE NUOVI RITI - «La prima cosa da fare alla riapertura sarà quella di lavorare sulla nostra formazione. Ci troveremo di fronte a situazioni nuove. Dobbiamo far sì che l'ospite si senta in piena sicurezza, serve che acquisti piena fiducia. Non bisognerà essere troppo formali. Dovremo offrigli il gel disinfettante, la mascherina, magari prendergli la temperatura: ma non dovrà essere un momento di tensione, saremo bravi se diventerà quasi un nuovo rito, un'occasione ulteriore di accudimento. Dovremo essere capaci di capire il modo meno invadente per fare tutto ciò. Se chiederà il menu, glielo porgerò mostrandogli che lo abbiamo appena sanificato, e lo faremo di nuovo portandolo via. Ecco, creare fiducia sarà la cosa più importante».
LA SOLIDARIETÀ - «Noi abbiamo clienti che sono anche amici, certo fiorentini, italiani, ma poi anche tantissimi da ogni parte del mondo. Dato che l'Italia è stato il primo Paese colpiti in Europa, abbiamo ricevuto una valanga di mail e di telefonate di solidarietà. Continuano anche ora a scriverci, sperano di poter tornare da noi, perché per loro significa vivere momenti unici. Questo rapporto continuo, quasi quotidiano, è qualcosa di meraviglioso. Vuol dire che abbiamo lavorato bene».
Patrizio Cipollini
Recensioni, segnalazioni e tendenze dal Buonpaese, firmate da tutti gli autori legati a Identità Golose
di
classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera
Nicolas Lambert, senior executive pastry chef dei Four Seasons Hotels di Dubai a Jumeirah Beach e al DIFC
Tutto sul caviale: lo chef Fabrizio Borraccino dello Zelo al Four Seasons di Milano ci conduce in un percorso attraverso l'uso delle preziose uova, cui ha dedicato un menu specifico
Il Master of Wine Gabriele Gorelli con i fratelli Lapo e Gerardo Gondi e il marchese Bernardo Gondi