«Voglio farvi fare un giro in Toscana, con i nostri vini». Lamberto Frescobaldi, con la sua grande verve, coglie l’occasione della presentazione delle nuove annate delle varie aziende che fanno capo a Frescobaldi per dare una propria visione del mondo vitivinicolo, non senza qualche punzecchiatura e con tanti spunti di riflessione.
«Frescobaldi è un “animale strano”, ma sono varie aziende che hanno la propria identità legata al territorio. Io di figli preferiti, in questo senso, non ne ho. Posso solo dire che sono un eterno insoddisfatto, penso che possiamo sempre migliorarci».
Il tour della Toscana parte da
Castello Pomino e con una bollicina:
Leonia 2016. «Prende il nome dalla mia antenata – spiega
Lamberto Frescobaldi – e vuole essere elegante come lei. Ci stiamo lavorando da 10 anni, la vendemmia 2006 fu la prima: il primo anno si sbagliò qualcosa, perché i vigneti erano gestiti per la realizzazione di un vino bianco. Poi abbiamo trovato la strada giusta».
Un vino che all’inizio non poteva nemmeno avere in etichetta il nome di Pomino. «L’azienda si chiama Castello Pomino, nel paese di Pomino e non potevo mettere la parola Pomino in etichetta, perché il disciplinare non prevedeva la tipologia spumante. All’inizio lo avevo chiamato Per Me, poi nel 2010 c’è stato l’aggiornamento del disciplinare».

Leonia è lo spumante "rivoluzionario" di Castello di Pomino
La volontà di
Lamberto Frescobaldi era quella di fare uno spumante di alto livello in Toscana: «Il mondo dello Champagne ci ha indicato la direzione da seguire. Volevo soprattutto ottenere una finezza di bollicina, perché altrimenti i vini non si bevono. La spuma iniziale deve sparire subito: non è una birra bionda, è spumante! Lo
Chardonnay è un ruolo importante, ma ancora di più ce l’ha il
Pinot Nero».
L’obiettivo è stato raggiunto: si tratta di un vino di grande eleganza, ma anche di estrema bevibilità, un sorso pieno, di estrema piacevolezza, per una bollicina che ben si presta agli abbinamenti gastronomici.

La tenuta Ammiraglia, in una spelndida immagine dall'alto
Il viaggio in Toscana ci porta alla
Tenuta Ammiraglia, nella zona del Morellino, in altitudine. Qui si apre una bottiglia di
Aurea Gran Rosé 2019: «Questo è un bel progetto, anche per capire cosa si può fare in Maremma – spiega
Lamberto Frescobaldi – Abbiamo cercato di fare un rosé per tutto l’anno, che non sia solo fruttato, ma che abbia anche struttura e possibilità di invecchiamento».
Il vino è un connubio di Syrah e Vermentino, con l’utilizzo di una parte di vini di riserva, per la precisione di Syrah invecchiato un anno in tonneaux, per circa il 10%. Il risultato è sicuramente particolare: non il classico rosé immediato, ma un vino a tutto tondo, con un bouquet estremamente complesso, con note anche speziate che ricordano ovviamente il Syrah. «Abbiamo cercato di alzare l’asticella per i vini rosé».

La barricaia di Tenuta Perano
Altra tappa del tour: Gaiole, nel
Chianti Classico. «Prima di acquisire la
Tenuta Perano, c’è stato un lungo corteggiamento – racconta
Lamberto Frescobaldi - L’avevo già vista nel 1992. Noi volevamo un’azienda che facesse un vino straordinario. Siamo arrivati nel 2015, ma abbiamo voluto partire da un “foglio bianco”: abbiamo aspettato così tanto per avere una tenuta nel
Chianti Classico, dovevamo presentarci subito con il nostro progetto. Abbiamo estirpato il
Cabernet, perché qui non aveva senso si esistere. Oggi presentiamo il
Chianti Classico riserva 2016, dove oltre al
Sangiovese c’è una piccola parte di
Merlot, che lo rende più “accondiscendente” nei confronti del consumatore».
Un vino dove la parola chiave diventa equilibrio, sia al naso che in bocca. Il Merlot sicuramente va ad “addolcire” le note più dirette di un Sangiovese ancora scalpitante, per un vino vivo e pieno.

CastelGiocondo, una vera perla a Montalcino
Si rimane nell’ambito del Sangiovese, ma questa volta si passa a Montalcino, per la precisione alla tenuta di
CastelGiocondo, che abbiamo avuto modo di visitare di persona, e non solo virtualmente, durante il
Benvenuto Brunello Off (
leggi qui l’articolo).
In assaggio, il Brunello di Montalcino 2016: «L’annata aveva le Cinque stelle, così come il 2015. E sono effettivamente molto buone. Ma mi domando: è ancora attuale darci le Stelle? Personalmente, a meno che non ci siano grandinate o eventi che non permettano del tutto di raccogliere un uva sana, mi sono sempre imposto di uscire con un grande vino di vigneto tutti gli anni. Questo vale per il Brunello, ma anche per gli altri vini: significa rispettare il territorio».

Una bella veduta del Castello di Nipozzano
Il passaggio successivo è al
Castello di Nipozzano, sorseggiando un buon bicchiere di
Mormoreto 2017: «Insieme al
Cabernet Sauvignon e al
Cabernet Franc – evidenzia
Lamberto Frescobaldi - abbiamo aggiunto il
Sangiovese per dare ancora più freschezza al vino. Magari ha perso il rimmel sugli occhi, ma ora è più netto e lineare».
Un vino comunque molto ricco, pieno e intenso, ma anche di ottima eleganza. La sensazione, comunque, è che sia una bottiglia da invecchiamento: il futuro può solo donargli ancora più finezza.

Tenuta Castiglioni si trova in val di Pesa
Il tour della Toscana passa anche dalla Val di Pesa, alla
Tenuta Castiglioni: «Il
Giramonte è un vino innovativo per la zona. Lì ci sono vigneti con tanta argilla che sono quindi ideali per il
Merlot. Ci sono ambienti dove il
Sangiovese è tirato per i capelli». E su questo
Lamberto Frescobaldi lancia anche una riflessione: «Lo scorso 8 aprile c’è stata una brinata che ci ha mandato un chiaro messaggio. Dal 1955 a oggi la temperatura è scesa 33 volte sotto lo zero in primavere, ma noi ce lo dimentichiamo. Queste gelate hanno disegnato dove dobbiamo piantare e dove no. Il
Sangiovese ha preso una “sberla”. Non dobbiamo fossilizzarci a piantare il
Sangiovese ovunque. Si tratta di scienza e di umiltà, non di ideologia».
Il Giramonte 2017 è sicuramente il vino che “traduce” questo concetto nel bicchiere: il Merlot si esprime al meglio, sulle note fruttate e speziate, senza il “verde” di una vendemmia troppo anticipata, ma con la capacità di saper raccogliere al momento giusto della maturazione dell’uva.

I vini assaggiati durante la degustazione
Per il brindisi finale si torna al
Castello di Pomino, con il
Benefizio 2018, un vino bianco assaggiato volutamente dopo tutti i rossi strutturati, proprio per uscire da alcuni pregiudizi: «Mi ricordo – racconta
Lamberto Frescobaldi – che un tempo il vino bianco doveva essere “color bianco carta”. È un’espressione che mi è rimasta in testa. Abbiamo voluto fare un vino come il
Benefizio, invece, proprio per rompere il fronte, guardando anche a quello che avviene in Borgogna, per fare un esempio. Serve maturità nel vino, rispetto della tradizione, ma anche innovazione».
Lo Chardonnay in questo caso, forse grazie anche a vigneti a un’altitudine di 700 metri, si esprime in tutta la sua innata classe: dimentichiamoci i vini d’impatto, le note classiche dello Chardonnay di frutta trovano il loro ideale completamente con sentori leggermente affumicati, spezie, erbe aromatiche. In bocca, segue la filosofia Frescobaldi di vini equilibrati che però hanno un futuro davanti.

Lamberto Frescobaldi: «Sono un eterno insoddisfatto»
La conclusione di
Lamberto Frescobaldi è particolarmente significativa: «Non bisogna pensare alla
Frescobaldi come a una piramide, dove in testa c’è un vino e sotto tutti gli altri. No, da noi non è così. Piuttosto siamo come un tempio greco: tante colonne che sostengono un tetto. Se una colonna è più bassa, il tetto non regge».