26-02-2021
Quelli del 12 Apostoli di Verona, indirizzo storico che ha saputo rinnovarsi alla grande, pur rimanendo sempre di proprietà della stessa, appassionata famiglia, i Gioco. In prima fila da sinistra lo chef Mauro Buffo, la sous Martina Zuanazzi, Matteo Cappellari, Vincenzo Petrucci e lo stagista Alejandro Berlingerio. Dietro di loro, Filippo e Antonio Gioco, patron e uomini di sala
“È triste constatare che nell'edizione 2020 della guida Michelin Italia solo quattro degli 81 sopraelencati sono menzionati: 12 Apostoli (una stella), Clinica Gastronomica Arnaldo (una stella), Locanda Cipriani e Alli Due Buoi Rossi" scrive Maurice von Greenfields a pagina 155 del suo Tre Stelle Michelin (ne abbiamo parlato qui e qui), riferendosi ai primi ristoranti italiani ad aver conquistato una stella, era il 1959. Come dire: mortalità altissima, non abbiamo saputo preservare le nostre eccellenze del passato. Giriamo pagina del volumone, si parla dei primi bistellati, anno 1969. Erano nove (Gourmet a Milano, Villa Sassi a Torino, Della Santa a Genova, Pesce d'Oro a Sanremo, Fini a Modena, Santamaria a Rapallo, Antico Martini a Venezia, Sabatini a Firenze, 12 Apostoli a Verona). Solo gli ultimi tre sono ancora in attività. Solo gli ultimi due mantengono un appeal gourmet (di Sabatini abbiamo scritto non molto tempo fa, qui). Solo uno ha saputo rinnovarsi, ed è appieno un indirizzo contemporaneo, peraltro bellissimo, e infatti mantiene una stella: il 12 Apostoli.
Tutto questo per dire che non si può non voler bene a questo indirizzo veronese e alla famiglia - i Gioco - che lo gestisce ininterrottamente dal 1921, quando Antonio Gioco, portiere di un albergo della città, rilevò anche grazie all’amico Arnoldo Mondadori una taverna storica del 1750, trasformandola in ristorante vero e proprio con l’aiuto della moglie Rosella ai fornelli.
L'ingresso, che sa di storia
Il 12 Apostoli è un locale splendido di suo, e ancor più dopo che Davide Groppi ne ha illuminato perfettamente tavoli e pareti, leggi Il genio di Davide Groppi: la luce nel piatto
Il primo è l'accoglienza. Non il servizio, che qui è competente e cortese, ma è un altro discorso. Proprio l'accoglienza: c'è il cuore, perché è una famiglia; c'è Antonio Gioco, nipote omonimo del fondatore: incarna l'empatia, la passione palpitante, l'attaccamento quasi viscerale all'impresa cui è indissolubilmente legato, perché ha scandito e scandisce la cronistoria della sua vita. Poi c'è anche suo figlio, che si chiama Filippo: classe 1986, una laurea in Storia e un'altra magistrale in Antropologia culturale (imparando però il lavoro di ristoratore dalla gavetta, quando a 15 anni ha iniziato a servire in tavola ai 12 Apostoli, e a pulire i bicchieri, per guadagnare i soldi e mantenersi agli studi), immette l'impulso della nuova generazione, con il suo portato di competenze, attenzioni, consapevolezza e professionalità. E c'è Simonetta, mamma di Filippo e moglie di Antonio, con il suo sorriso elegante e cordiale. Mentre la cantina è appannaggio del giovane Elia Trevisan, che sovrintende al pairing con personalità, forte di 300 referenze non banali.
Mauro Buffo e Filippo Gioco
La spettacolare tempesta di appetizer all'inizio del pranzo
E ora il nostro pranzo di qualche settimana fa, le foto sono di Tanio Liotta.
S'inizia con un cocktail al ruhm e spuma di bergamotto
E poi gli appetizer. Anguilla in tre stili: il primo vede sulla retina un brick con anguilla affumicata, maionese all'erba cipollina e cipolline in agrodolce. Subito un grandissimo assaggio
E poi lo spiedino di anguilla arrosto sopra a uno splendido brodo di anguilla
Meringa di carota, meringa di rapa, formaggio
Polenta e soppressa, con maionese al bacon
Speck d'anatra bruciato, salsa sambal (una salsa indonesiana con peperoncino allo zenzero e aglio)
Dixi al Parmigiano
Madeleine alla zucca, burrata e uova di coregone
Giardino pensile, ossia frutta e verdura in osmosi: rapa con uva fragola e miso (eccellente), caruta e yuzu, cavolfiore con curry e cumino, mela con kimchi
Il pane maison (lievito madre, farina di grano duro). Viene servito insieme a olio evo da varietà Leccio dell'azienda agricola Sisure e burro di capra aromatizzato con cumino
Di nuovo un gioco di declinazioni, come per l'anguilla. In questo caso è Seppia in due stili: nel primo, il cefalopode è crudo, a tagliatella, con 'nduja ed emulsione di 'nduja
Nel secondo, i tentacoli della seppia sono arrostiti e conditi semplicemente con olio, sale e limone. Parla il prodotto
Deliziosa la Trota in escapece, le sue uova, la sua pelle chips e spuma di scapece piccante
Merluzzo e baccalà, con beurre blanc, farinelli, trippa di merluzzo e salsa di baccalà. Dritto, pulito, un assaggio di amara delicatezza
Convincente anche questo Stracotto d'asino con spuma di topinambur
Acqua, farina e lepre. Buffo sempre su note minimaliste ed equilibrate, essenziali, eleganti
Risotto alla sbirraglia, con Parmigiano, una base al tartufo, le animelle croccanti, i rognoncini, le creste di gallo. Buono, ma con un certo eccesso di formaggio che lo rende godibilissimo ma un po' piacione
Piccione e ostriche, con levistico, scalogno, salsa al Porto. Petto, cuore, filetto e alette di piccione racchiudono le sue interiora e il mollusco
Churros al tanaceto, polvere di yogurt, crema di mela
Cremoso alle arachidi, gelato al cedro, ciuffi di gel allo zenzero, meringhe al cioccolato
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a cura di
classe 1974, milanese orgoglioso di esserlo, giornalista professionista dal 1999, ossia un millennio fa, si è a lungo occupato di politica e nel tempo libero di cibo. Ora fa l'opposto ed è assai contento così. Appena può, si butta su viaggi e buona tavola. Coordinatore della redazione di identitagolose.it e curatore della Guida di Identità Golose alle Pizzerie e Cocktail Bar d'autore. Instagram: carlopassera
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