A Novembre Francesco Mazzei, uno dei più importanti rappresentanti della nostra gastronomia all’estero, riapre a Londra, con Mezzogiorno by Francesco Mazzei all’interno del Corinthia London, elegante hotel situato in un palazzo storico tra Trafalgar Square e il Tamigi.
Durante una pausa dai lavori pre-apertura, prendiamo un tè con lo chef calabrese, per riattraversare il suo percorso professionale e anche per un’anteprima sulla nuova sede londinese.
Intanto, gli chiediamo se ci fosse mai stato un momento in cui aveva compreso che sarebbe diventato chef.
«Non avevo mai pensato di fare lo chef; davo una mano nella gelateria di mio zio per mettere da parte qualche soldo quando ero piccolo. Un giorno colui che sarebbe diventato il mio maestro, l’albergatore Angelo Sabetta, dopo aver assaggiato un “mangia e bevi” che gli avevo preparato, mi disse che quello del cuoco, sarebbe stato il mio futuro. Insomma, la persona giusta, al momento giusto. Avevo al massimo dieci anni!»
Ripensando alla tua notevole carriera, c'è qualcosa che cambieresti o, se potessi, faresti in modo diverso?
«Il primo lavoro qui è stato al Dorchester, una delle esperienze più importanti della mia carriera; venivo dalla CIGA (Catena Italiana Grandi Alberghi), ed ero arrivato qui a Londra per un anno di aspettativa per imparare la lingua. Il Dorchester è stata una grandissima scuola, con chef del calibro di Mosiman. Qui ho imparato soprattutto la parte business del mio lavoro, i sistemi di F&B, della gestione, che mi hanno formato come manager. In Italia avevo acquisito le basi della cucina classica, con sfumature francesi; qui, invece, ho imparato come diventare un business man a tutti gli effetti. Venendo da una famiglia semplice, e apprezzando la carriera che ho avuto, non cambierei nulla. Ho preso la vita con tranquillità, senza mai montarmi la testa».
Qual è la cosa più strana che ti sia capitata durante un servizio?
«Sono successe tante cose strane tantissime... Siamo sempre al Dorchester, nel 2000, mi trovavo a cucinare per una cena di gala che celebrava il Millennio; eravamo 50 cuochi per 50 clienti. Tra questi, c’erano anche Liza Minnelli e Michael Jackson che si presentarono scendendo le scale del mezzanino mano nella mano, lui già con la mascherina nera in viso. Avevamo preparato un menu straordinario, ma Michael Jackson non mangiò niente! Forse non gli piaceva nulla, ma è stato davvero un episodio memorabile in quanto a stranezza».
Qual è per te l’attrezzo che conta di più in cucina e perché?
«I coltelli, senza dubbio. Devono essere trattati con rispetto, mantenuti bene, affilati. Un coltello è per la vita, non si presta a nessuno. I coltelli sono la cosa più importante per noi chef, fanno parte della nostra identità. Ne ho alcuni che costano più di un Rolex: anche solo affilarli richiede tecnica e precisione, e la dovuta attenzione».
Una tendenza gastronomica che detesti, difficile da evitare?
«Ultimamente, in tutti questi ristoranti pseudo-italiani qui in Inghilterra c'è un uso spropositato della grattata di formaggio sui piatti, e la cosa mi fa arrabbiare come una iena. A casa mia non ricopro mica i maccheroni di formaggio? Metto la giusta quantità! Il formaggio copre i sapori, ma qui è diventato un trend. Due foglie di rucola, una nevicata di formaggio e via: ecco un Italian restaurant. Non facciamo così in Italia! E poi, grattugiamolo con la grattugia vera e propria, non con il microplane».
Un ingrediente che vorresti non dover mai più usare?
«La burrata! Si trova dappertutto, ormai. Io la uso nei ravioli, con la ricotta, ma non la metto in carta. Non è una critica per nessuno, però qui dovunque vai la trovi, con la pizza e persino col pesce».
Se dovessi creare un piatto per descrivere il tuo percorso professionale, quali ingredienti includerebbe e perché?
«Allora, innanzitutto dell’olio extravergine d’oliva, poi ‘nduja, liquirizia, cipolla rossa di Tropea, rimacinato di semola e la rosamarina, una versione del garum fatta con pesce azzurro fermentato e paprika, molto simile alla sardella (ormai non più così diffusa). Insomma, la Calabria, la mia terra. Del resto, anche la rosamarina è in menu, con una ricetta che facciamo nella zona di Crucoli, in Calabria».
Quale snack o piatto non sarà mai in carta ma, hai sempre a portata di mano?
«Quando a casa facciamo un bel pollo arrosto per il pranzo della domenica, la sera, non avendo voglia di cucinare, preparo un kebab: faccio un pane pita veloce usando una mia ricetta, in padella, e lo farcisco con carne di pollo avanzata, mozzarella, pomodori e origano, sale e pepe, e via al forno, per poi mangiare davanti alla TV tutti assieme. È anche un modo per trarre il massimo da un pollo di qualità; con le ossa, invece, ci faccio il brodo. Ma confesso un guilty pleasure: sono fanatico del gelato in barattolo. Prendo quello Sammontana vicino casa mia, e sono capace di finire mezza vaschetta in un botto».
Cosa lega Malta, dove hai aperto al Corinthia Palace già da un paio d’anni, e Londra, dove stai per aprire Mezzogiorno?
«Malta è il quartier generale dove tutto è nato. Ho iniziato lì lavorando sin da subito con la famiglia Pisani, i proprietari del gruppo Corinthia nel mondo. Quando faccio i test sui nuovi piatti, li porto avanti con un signore che si chiama Alfred Pisani, ultraottantenne, ed è una gioia incredibile, perché conosce a fondo l’hôtellerie e il mondo della ristorazione. Sono un privilegiato a fare questo mestiere per loro e visto il buon lavoro fatto a Malta, si è presentata l’opzione Londra. Cucina italiana con prodotti territoriali, a Malta maltesi, qui britannici. Al gruppo è piaciuta l’idea, e stanno facendo quest’investimento. Il link è la famiglia, perché la mia cucina è quella di mia mamma, e loro sono un nucleo altrettanto unito. C'è questa correlazione abbastanza forte».
Una particolarità del nuovo ristorante Mezzogiorno?
«Il concetto origina dal nome del mio libro: è l’esperienza del nostro mezzogiorno che vogliamo proporre, un menu rilassato. Prima di accomodarsi si attraversa la cucina, come pure quando si esce (speriamo soddisfatti!). Portare questo tipo di luce a Londra dove fa buio già nel primo pomeriggio in autunno, va oltre il concetto di cibo. Attraverso i nostri gesti, attraverso il nostro “caos organizzato”, sveliamo cosa vuol dire essere italiani».
Francesco Mazzei chef patron sarà affiancato da Francesco Chiarelli, head chef. Le prenotazioni sono già disponibili, l’apertura prevista a fine Novembre. Per più informazioni corinthia.com/en-gb/london/restaurants-bars.