Se il tonno è il maiale del mare, e del maiale non si butta via nulla, lo stesso si può fare anche col pesce? Il punto interrogativo è sovrabbondante: sì, si può fare! Il merito di chef come Luigi Pomata - el rey del atún rojo come lo hanno presentato in apertura della sua lezione sul palco di Gastronomika, a San Sebastian - è quello di aver sviluppato tecniche e sapienze per traslare tale postulato in realtà.
A Gastronomika, Pomata è partito da due vocaboli che esprimono altrettanti concetti: transumanza e sostenibilità. “Transumanza” come migrazione stagionale (anche del tonno) ma anche come contaminazione, «noi italiani siamo un popolo di viaggiatori. Noi sardi, e in particolare noi carlofortini-tabarchini, lo siamo ancora di più. La contaminazione culturale, e dunque anche gastronomica, fa parte integrante, direi quasi che è l’asse portante della nostra stessa identità. In questo, ci riconosciamo molto nella migrazione del tonno, animale per noi sacro perché senza di lui – ossia senza la sua carne, senza le proteine che garantiva - i nostri progenitori non sarebbero sopravvissuti negli inverni a Carloforte».

Luigi Pomata sul palco di Gastronomika a San Sebastian
Poi, “sostenibilità”, e qui è facile, se ne parla così tanto…. Anzi, «è un termine abusato – dice
Pomata - È diventato una moda, mentre è semplicemente il recupero di pratiche che sono sempre state in uso fino a un passato nemmeno troppo lontano». Per dargli valore effettivo lo chef sardo fa quello che ci si aspetta da lui: utilizza ogni parte del tonno rosso. Questa volta, per il congresso basco, si è concentrato su quattro parti dell’animale che solitamente ancor oggi finiscono nella pattumiera: la pleura, la pelle, il midollo e le ossa (rimane ancora off limits solo il fegato, ricco di mercurio). Come?
Pomata recupera intanto la pleura e la parte di pelle che risulta più morbida, ossia quella che ricopre la codella. «Abbiamo preso quest'ultima e siamo andati a reidratarla con acqua calda, quindi a squamarla: ha assunto una bella texture e un sapore interessante. Idem per la pleura, che a differenza della trippa non viene mai utilizzata (infatti viene buttata o al limite aggiunta alla zuppa, ndr), ma presenta una bella elasticità che è divertente in bocca». Dunque lo chef lavora queste due parti di scarto; a tocchettini e con l’aggiunta di un po’ di trippa di tonno vanno a costruire un condimento denso, dal sapore intenso che viene bilanciato da pomodoro, verdure, aromatiche (menta, erba Maria Luisa, citronella, «solo un'idea di coriandolo, perché non fa parte della nostra tradizione») più spezie e aromi in un mix che rimanda al tabil tunisino e maghrebino (aglio secco macinato, peperoncino rosso, carvi, alloro, zenzero…).

Pomata con il suo sous chef al ristorante Luigi Pomata di Cagliari, Marco Urdis
Poi
Pomata utilizza anche le ossa e il midollo del tonno: con le prime realizza un fondo vero e proprio, come fossero ossa di manzo o di gallina. Caramellizzando molto le verdure e sfumando con aceto di ciliegie «ci siamo accorti che l’insieme prendeva un colore e una densità che si avvicinavano molto a quelle dell’aceto balsamico o della sapa. Così abbiamo tagliato questo fondo con una sapa di Carignano (uno di vitigni autoctoni sardi,
ndr) e lo abbiamo messo a fermentare quattro mesi con la madre dell'aceto di Carignano. Abbiamo ottenuto un “aceto balsamico” di fondo di tonno», o più correttamente una sapa di tonno, «scura, densa, profonda, speziata, marina, dolce, piacevolmente poco acida, perfetta per condire un piatto di crudi marini, o anche una carne, come fosse una salsa di soia. Puro umami all’italiana».
Abbiamo dunque una salsa con pelle e pleura di tonno. Abbiamo una sapa ottenuta con le ossa del tonno. Cosa vanno ad abbracciare? «La fregola. La risottiamo con un brodo di tonno, la condiamo con la salsa, poi con la sapa e infine aggiungiamo delle alghe, come fossero un’insalatina di contorno».

La fregula a-tutto-tonno raccontata da Luigi Pomata a Gastronomika
Abbiamo però anche detto: midollo del tonno, che ha un sapore che non t’aspetti, delicato, leggermente salino, aromatico. «Lo tuffiamo in un’acqua di pomodori e poi addensiamo con la radice di kuzu così da ricavarne una sorta di gelatina, o una crema gelificata che dir si voglia, per dare freschezza al piatto». Questa crema-gel va aggiunta sulle alghe «per conferire una sapidità diversa». La “fregula con tonno pelle e ossa” è pronta.

A Gastronomika, Pomata ha mostrato anche un video. Che racconta di come il musicista sardo Nicola Agus abbia ricavato, da vertebre e costole di un grande tonno da 350 chili, fornite ad Agus dallo stesso chef, uno strumento musicale, anzi un doppio strumento musicale. Spiega Agus: «È uno strumento che parla di mare e di cultura carlofortina e ne unisce due insieme. È intanto una sorta di benas sarda o mezwed nordafricano (senza sacca), l'ho realizzato con la vertebra del tonno, che viene anche amplificata», dunque uno strumento a fiato. «La costola del tonno diventa invece un archetto che tira due fili ottenuti dalle reti per pescare il tonno stesso, così da avere anche uno strumento ad arco». Le sonorità sono quelle tipiche del Nord Africa